I trattori hanno travolto l’arcadia di cartapesta

I trattori hanno travolto l’arcadia di cartapesta

Servono un nuovo patto sociale e una narrazione diversa per realizzare una vera transizione agroecologica. Che non riguarda solo le campagne.

di Riccardo Bocci – Tratto da Altreconomia 268 – Marzo 2024

Le aziende agricole europee che hanno chiuso tra il 2010 e il 2020 sono state tre milioni. Nella maggior parte dei casi avevano una superficie inferiore ai cinque ettari.

Quando torneremo a parlare di politiche agricole?

Quando torneremo a parlare di politiche agricole?

Sui media si parla poco dei negoziati in corso in Europa su temi fondamentali come la ricerca, gli Ogm o la commercializzazione dei semi. È un problema scrive Riccardo Bocci della Rete Semi Rurali

di Riccardo Bocci – Tratto da Altreconomia 266 – Gennaio 2024

A guardare la presenza sulla stampa italiana dei temi relativi all’agricoltura, sembra che i problemi principali del comparto siano l’avvento della carne sintetica e la difesa del made in Italy. Il dibattito nostrano non riesce a estendere lo sguardo fino a Bruxelles per discutere di quei regolamenti proposti dalla Commissione europea -negoziati in questi mesi- che avrebbero dovuto essere l’impianto normativo su cui si sarebbero dovute ancorare le strategie “Farm to fork” e “Biodiversità 2030”.

Eppure si tratta di temi centrali che andranno a definire l’agricoltura europea del futuro: riduzione dell’uso dei pesticidi, maggiore integrazione tra agricoltura e ripristino della natura, nuove regole per la commercializzazione delle sementi e, in ultimo, apertura ai nuovi Organismi geneticamente modificati (Ogm) o Tecniche di evoluzione assistita (Tea). Quali posizioni sta prendendo l’Italia nel dibattito ancora in corso su questi dossier? Quali interessi difende? In che modo queste posizioni vengono negoziate? Sono tutte domande legittime in democrazia, ma a cui difficilmente oggi si riesce a rispondere.

Un ruolo importante lo giocano ancora i sindacati, ma non si vedono all’orizzonte quelle aperture necessarie per portare il dibattito nella società civile. Dovrebbe però essere ormai evidente che la produzione del cibo non riguarda solo il reddito degli agricoltori -seppur importante- ma ha un impatto sulla salute dei cittadini. Quindi le politiche agricole dovrebbero essere integrate in quelle ambientali e di salute pubblica. Non a caso a livello scientifico si parla ormai dell’approccio “One health”, in cui la prevenzione gioca un ruolo importante anche nel ridurre i costi pubblici del sistema sanitario.

Un altro tema, poi, è completamente assente dal dibattito pubblico: la ricerca agricola. In questa nuova visione dell’agricoltura che ruolo potrebbe giocare? Purtroppo, anche in questo caso, sulla stampa al massimo arriva l’eco del negoziato sui nuovi Ogm, dove non c’è spazio per il dialogo: chi non sposa queste nuove tecnologie viene visto in automatico come un retrogrado passatista, incapace di apprezzare il progresso. O si accetta il genome editing, panacea per ogni problema, o il baratro.

In realtà, la scienza è un mondo un po’ più articolato e complesso, come dimostra un articolo uscito nel 2022 sulla rivista scientifica Agronomy for sustainable development dal titolo “Pesticide-free agriculture as a new paradigm research”. Gli autori individuano le linee entro cui sviluppare un sistema di ricerca per un altro modello agricolo, il cui nodo centrale è studiare e promuovere la diversificazione a livello colturale, nel tempo (con le rotazioni) e nello spazio (con le colture associate).

Il 2033 è l’anno in cui scadrà l’autorizzazione all’uso del glifosato approvata a novembre 2023 dalla Commissione europea.

In questo quadro, bisogna indagare altri parametri rispetto alla ricerca attuale: comprendere le capacità delle piante a essere associate, studiare le relazioni tra pianta/suolo/comunità microbiche e adattare le varietà ai metodi di coltivazione senza pesticidi. Come si vede un’agenda ricca che integra le scienze agronomiche con quelle ecologiche e biologiche orientate a studiare la complessità delle comunità vegetali e microbiche.

Gli autori evidenziano anche come le politiche pubbliche potrebbero supportare questo cambiamento, ad esempio favorendo azioni collettive a livello territoriale e reti di scambio di conoscenze tra attori, rinnovando i sistemi di assistenza tecnica e formazione, oppure modificando il quadro legale sulla commercializzazione delle sementi per permettere la vendita di varietà non uniformi. Guarda caso, quest’ultimo è proprio il punto su cui si negozierà fino ad aprile 2024 al Parlamento europeo. Un’occasione da non perdere per cominciare a cambiare volto all’agricoltura europea.

CREDIT ALTRECONOMIA

I grandi passi delle NGT

I grandi passi delle NGT

Serious concerns about the EU Commission proposal on New Genomic Techniques // (newgmo.org)


La Commissione, sostenuta dalla presidenza spagnola, mira a raggiungere un accordo prima delle elezioni europee del giugno 2024. A rendere incerta questa proiezione, sono le numerose questioni ancora aperte: la coesistenza tra produzioni con NGT e produzioni libere da ogni tipo di OGM, la libertà di scelta del consumatore, il divieto delle NGT in agricoltura biologica, l’uso dei brevetti e la possibilità per gli Stati membri di limitare la coltivazione di piante derivate da NGT. Circa la metà degli Stati membri sostiene la deregolamentazione proposta dalla Commissione, mentre altri (Germania, Polonia, Austria e Ungheria) sono più cauti. Pertanto, il raggiungimento di un accordo nel Consiglio entro la prossima estate è ad oggi imprevedibile. Nel Parlamento, il relatore della Commissione ENVI su questo tema ha presentato il 16 ottobre scorso una relazione in cui propone di: ridurre i (già deboli) requisiti per trasparenza e tracciabilità; eliminare l’obbligo di etichettare come NGT le sementi
derivanti da queste tecniche, con evidenti conseguenze lungo tutta la filiera agricola e alimentare. Al contrario, il divieto all’uso di NGT1 e NGT2 è un punto fermo per il mondo del biologico.
Le Commissioni Agricoltura e Ambiente si esprimeranno con il voto rispettivamente a dicembre 2023 e gennaio 2024. Emerge una tendenza in cui Sinistra, Verdi e la maggioranza dei Social Democratici sono a favore di mantenere o rafforzare il principio di precauzione, la trasparenza e la tutela dell’agricoltura biologica. Al contrario, i Popolari, molti Liberali ed in generale i partiti di destra sono orientati verso una più spinta deregolamentazione.

Cosa propone la Commissione europea?

Cosa propone la Commissione europea?

I punti essenziali del nuovo testo

di Riccardo Bocci, Gea Galluzzi – Rete Semi Rurali

Perché esiste la normativa sementiera? Questa domanda merita una risposta per capire le modifiche che oggi possiamo apportare a un impianto che è frutto della cultura scientifica novecentesca. Le truffe agli agricoltori sulle sementi erano uno dei casi di frode più presenti nella letteratura agricola di inizio Novecento. Per rispondere alle richieste degli agricoltori nascono sostanzialmente due sistemi: in Europa è lo Stato che diventa garante della qualità delle sementi, mentre negli Stati Uniti si lascia al mercato il compito di selezionare gli operatori meritevoli. Nasce così il concetto di avere un catalogo dove iscrivere le varietà da commercializzare, che dovranno essere prima testate da una rete di aziende sperimentali pubbliche per validare i dati provenienti dalle ditte private. Questo sistema basato su distinzione, uniformità e stabilità (DUS) consente anche di applicare diritti di proprietà intellettuale sulle varietà, prodotte dai costitutori. Dopo la registrazione il secondo passo è la certificazione delle sementi per attestare la loro qualità, attività che può avvenire in campo (peri cereali) o post raccolta nei pacchetti venduti (per le ortive, sistema definito standard). In parallelo a queste prove per la registrazione (DUS) le autorità competenti hanno anche l’obbligo di verificare il Valore Agricolo e Tecnologico (VAT) delle nuove varietà, in modo da dedurre informazioni affidabili e non di parte per aiutare gli agricoltori a fare scelte consapevoli.
Un effetto collaterale della legislazione sementiera è stato quello di cancellare per legge la diversità dai campi, forzando gli agricoltori a usare sementi di varietà uniformi, le uniche che potevano trovare sul mercato. Sono stati necessari vari anni perché tutto ciò venisse considerato un problema, come si evince dal testo della normativa sulle varietà da conservazione in cui per la prima volta si ammette che la legislazione sementiera deve avere tra i suoi obiettivi la conservazione dell’agrobiodiversità. Si è trattato di un processo lungo e difficile: ci sono voluti 10 anni dalla creazione delle varietà da conservazione (1998) alla loro definizione legale per cereali (direttiva 62/2008), ortive (direttiva 145/2009) e foraggere (direttiva 60/2010). Nel 2010 è cominciato il progetto di ricerca europeo SOLIBAM (www.solibam.eu), dedicato a sviluppare popolazioni per l’agricoltura biologica che, però, non erano legalmente commercializzabili come sementi perché non uniformi. È iniziato allora il lavoro di discussione con la Commissione europea volto a trovare degli spazi legali per questi materiali che ha avuto sostanzialmente tre tappe. Un primo riconoscimento nella proposta di regolamento della Commissione bocciata dal Parlamento europeo nel2014; un secondo passaggio legato alla sperimentazione temporanea ammessa dal 2014; una finale
consacrazione nel regolamento del biologico 848/2018. La proposta del luglio scorso riprende tutti questi fili cercando di mantenere una coerenza tra il sistema commercia le attuale (basato sui due pilastri di registrazione varietale e certificazione delle sementi) e le nuove deroghe previste per rispondere al mondo del biologico e della conservazione dell’agrobiodiversità. Non è un compito facile perché alla fine si tratta di creare due sistemi quasi paralleli, cercando di evitare che possa usufruire delle deroghe chi non ha titolo per farlo e, allo stesso tempo, mantenere uno standard qualitativo elevato del seme per tutti. Inoltre, una cosa è lavorare con varietà uniformi, un’altra con quelle diversificate. Bisogna rivedere i criteri per la certificazione, cambiare i caratteri usati per la descrizione varietale, ripensare la relazione tra ditte sementiere e agricoltori, e reinventare il modello di ricerca varietale, favorendo la partecipazione di più attori e decentralizzando le attività.

Come si capisce, si tratta di sfide di non poco conto, che potremo cominciare a praticare in funzione di come uscirà il testo dopo il negoziato con Parlamento e Consiglio. È importante, quindi, migliorare il testo proposto della Commissione e, finalmente, portare diversità nelle sementi in commercio. Cosa c’è di nuovo in questa proposta? Intanto riguarda tutte le specie (dalle ortive alla vite), andando ad abrogare le troppe direttive di oggi con un solo regolamento orizzontale. In dettaglio sono cinque gli assi più importanti.

1. Viene cambiata la definizione di commercializzazione, non più legata al concetto di sfruttamento commerciale, ma legata a qualsiasi trasferimento. Quindi, potenzialmente, ogni tipo di scambio di sementi rientra nell’ambito della commercializzazione.

2. Proprio a causa di questo scopo così ampio, è importante definire costa resta fuori. All’articolo 2 sono indicate le attività non soggette alla legislazione, tra cui anche scambio e vendita tra utilizzatori finali (non agricoltori) e la ricerca.

3. Deroghe. Vengono definite una serie di eccezioni al sistema normale, che includono: varietà da conservazione, amatoriali e materiale eterogeneo. Inoltre, si prevede una vendita facilitata per le organizzazioni che si occupano di conservazione, così come lo scambio tra agricoltori di varietà non protette.

4. VAT. Si propone che i test di valore agricolo e tecnologico oggi fatti solo per le specie agrarie siano estesi a tutte le specie, con l’aggiunta di un’ulteriore caratteristica da considerare: la sostenibilità. Si tratta di una modifica non di poco conto, che avrà un impatto molto forte sul mondo della ricerca varietale delle ortive, andando ad aumentare il costo delle sementi, e sui sistemi nazionali di controllo e certificazione, che si dovranno dotare di campi per fare anche queste prove. Inoltre, non è chiaro come dovrà essere valutata la presunta sostenibilità delle varietà, punto su cui la Commissione mira a lasciare ampio margine agli stati, con la possibilità anche per gli operatori di farlo sotto la supervisione ufficiale delle autorità competenti.

5. Biologico. Per la prima volta si prevede che ci dovranno essere protocolli dedicati al biologico sia per i test DUS che VAT. Anche questa proposta comporterà un aggravio sui sistemi nazionali, non tutti in grado di fare le prove in biologico. In questi mesi, insieme ad alcune organizzazioni come Arche Noah e IFOAM EU, abbiamo discusso il testo e lavorato al fine di proporre una serie di emendamenti da discutere all’interno del Parlamento Europeo. In particolare, ci siamo concentrati su: escludere dallo scopo della legislazione anche l’accesso alle risorse genetiche vegetali conservate nelle collezioni pubbliche e private, per facilitare l’accesso alle risorse genetiche da loro conservate;  meglio definire le varietà da conservazione; mantenere quanto previsto nel regolamento biologico sul materiale eterogeneo per non rischiare di perdere quanto ottenuto, visto che il nuovo regolamento sementi andrà a sostituire quello del biologico; facilitare lo scambio, anche dietro compenso, tra agricoltori e la vendita da parte delle organizzazioni che conservano la diversità.
Nei prossimi tre mesi sapremo quante delle nostre proposte saranno recepite nel testo e, soprattutto, quante delle aperture della Commissione saranno mantenute, viste le resistenze da parte di alcuni stati membri, associazioni sindacali e settore sementiero privato. Ci auguriamo di chiudere positivamente questo percorso entro la primavera 2025!

La corsa verso i “nuovi Ogm” porta indietro le lancette della scienza

La corsa verso i “nuovi Ogm” porta indietro le lancette della scienza

In attesa della proposta legislativa della Commissione europea, in Parlamento si stanno discutendo tre proposte di legge in materia.

di Riccardo Bocci – Tratto da Altreconomia 260 – Giugno 2023

Si sta consumando un duro e serrato confronto sul futuro della ricerca agricola italiana che ha come oggetto le Tecniche di evoluzione assistita (Tea) o nuovi Ogm, a seconda dei punti di vista. A livello comunitario siamo in attesa della proposta legislativa della Commissione europea, che avrebbe dovuto vedere la luce ai primi di giugno ed è stata rimandata perché il testo non è ancora pronto; o meglio non c’è accordo politico sulla visione di fondo. In attesa del verdetto europeo il legislatore italiano si sta muovendo alacremente con ben tre proposte di legge in discussione al Parlamento e, addirittura, una norma ad hoc nel decreto sull’emergenza siccità, per facilitare la coltivazione in campo aperto di piante prodotte con tecniche di mutagenesi sito-diretta e cisgenesi (Tea) per ricerca e sperimentazione. Come se i problemi dell’agricoltura italiana si risolvessero di colpo grazie all’uso di questa tecnologia miracolosa.

L’oggetto del contendere è decidere se queste piante debbano seguire o meno lo stesso iter autorizzativo degli Ogm, arrivando in ultima analisi a deregolamentare il settore considerandole assimilabili alle varietà tradizionali. Bisogna ricordarsi che la messa in commercio e la possibilità di fare sperimentazione in campo di varietà geneticamente modificate sono disciplinate dalla direttiva 2001/18 con un approccio restrittivo basato su valutazione caso per caso, produzione di dossier specifici per ogni pianta, tracciabilità di tutto il processo, fino all’etichettatura dei prodotti. A oggi le Tea sono assimilate agli Ogm, anche in seguito a due decisioni della Corte di giustizia europea.

Qual è, quindi, la fretta che consiglia i parlamentari italiani a legiferare su una materia così scivolosa, senza attendere il procedimento di armonizzazione europeo? L’unica spiegazione è che sulle Tea si stia giocando una battaglia puramente ideologica, come se il mondo della ricerca volesse consumare una sorta di rivincita “scientifica” rispetto a quanto vissuto al tempo degli Ogm.

A quel tempo -questa è la narrazione- le posizioni anti-scientifiche dei cittadini e delle associazioni ambientaliste sono riuscite a fare breccia nella politica, che non ha ascoltato le voci esperte della scienza. Oggi, questo non deve succedere indipendentemente dalla reale necessità di usare queste tecnologie. Deve passare il principio che la scienza è neutrale e superiore ai dibattiti politici e sociali. È questo il vero oggetto del contendere. Fate attenzione al linguaggio usato per descrivere le Tea: accuratezza, precisione, velocità, con un occhio ai cambiamenti climatici (resistenza alla siccità), alla sostenibilità (la tolleranza agli insetti) e ovviamente al made in Italy, attraverso la correzione dei difetti presenti nelle varietà locali. Come opporsi a questo ben di dio? In parte è una retorica già vista al tempo degli Ogm, quando la scienza parlava di prima, seconda e terza generazione, di cui solo la prima è diventata realtà.

Un articolo pubblicato su Nature Food nel gennaio 2023 (“Reframing the local-global food systems debate through a resilience lens”) mette proprio la diversità in cima ai sette principi sui cui costruire i sistemi alimentari del futuro. Il tema, sostengono gli autori, non è tanto cercare di capire se è meglio il modello locale o globale di agricoltura (ognuno dei due può esserlo in contesti determinati e diversi), ma incoraggiare la diversità a tutti i livelli, lungo tutta la filiera alimentare.

Ovviamente, non si tratta solo di lavorare sulle pratiche, ma, soprattutto, sulle politiche, sui sistemi di governance e sulle dinamiche commerciali, dominate da veri e propri oligopoli e monopoli. Non a caso, l’articolo discute di governance policentrica e di ampia partecipazione della società civile alle politiche, elementi centrali per bilanciare la concentrazione di potere che viviamo oggi. E qui emerge un nodo dolente, legato al sistema di conoscenze e di informazioni sul funzionamento dei sistemi alimentari. È necessaria, infatti, una vera e propria alfabetizzazione alimentare in grado di rendere consapevoli cittadini e politici, troppo spesso influenzati dalla pubblicità e dalle attività di lobbying dell’industria agroalimentare. Per riallocare il potere tra gli attori della società e al loro interno, ci vuole un doppio percorso: politico dall’alto e sociale dal basso, come rivendicazione di diritti.

La direttiva europea 2001/18 disciplina la messa in commercio e la possibilità di fare sperimentazione in campo delle varietà geneticamente modificate.

La differenza oggi la fa la potenza della tecnologia, che porta alcuni scienziati a immaginare che l’unico limite sia nella nostra immaginazione e, ovviamente, nelle restrizioni legali che la politica metterà. Nessuno ricorda, però, che la maggior parte dei caratteri di interesse agronomico sono su base multifattoriale (legati all’espressione di più geni allo stesso tempo), che sono influenzati dall’ambiente e che il genoma è un sistema molto più fluido e complesso di quanto pensavamo anni fa quando si insegnava il dogma centrale della biologia basato sul principio che un gene (tratto fisico di Dna) codifica per una proteina. Insomma, la corsa alle Tea riporta indietro l’orologio delle scienze agrarie, facendoci tornare a un’epoca di positivismo scientifico riduzionista che pensavamo ormai superata.

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