Incontri con le popolazioni evolutive e i loro protagonisti-e.
di Bettina Bussi – Rete Semi Rurali
In agricoltura biologica, gli agricoltori sono innovatori competenti che sperimentano varietà e pratiche agronomiche e i cittadini sono consumatori consapevoli pronti a essere coinvolti.
Negli ultimi anni ci sono molte possibilità per includere attivamente queste comunità nei processi di ricerca e divulgazione, potenziandone la capacità di innovare, per esempio grazie a particolari strumenti informatici in grado di favorire la partecipazione e la raccolta dei dati senza perdere il valore scientifico e statistico del dato stesso.
Questi nuovi ambienti digitali si basano sui principi della Citizen Science. Sono caratterizzati da un alto livello di accessibilità e permettono l’uso diretto dei dati da parte di tutti gli attori coinvolti. I dati così raccolti ed elaborati sono molto utili anche per altri scopi correlati come la tracciabilità di una filiera dal seme al cibo oppure per il Culinary Breeding che si propone di ridurre la distanza tra chi fa miglioramento genetico delle piante e il gusto e la qualità salutistica del cibo, dando vita a una rete di innovatori che coinvolge agricoltori, tecnici, ricercatori, cittadini e chefs.
In questo scenario, l’innovazione sviluppata da CEREALI RESILIENTI 2.0 – le popolazioni evolutive adattate in varie località della Toscana a partire dalla popolazione tenero Floriddia – diventa un caso studio importante per testare uno di questi sistemi digitali e coinvolgere molti attori diversi perché le aziende agricole hanno raggiunto i cittadini con i propri prodotti. Il progetto Cereali Resilienti 3.0 “Miglioramento della qualità e sostenibilità dei prodotti agricoli anche in funzione dei nuovi orientamenti di mercato” vuole quindi collegare il lavoro di campo sulle popolazioni alla trasformazione coinvolgendo tutti nel processo di ricerca grazie anche all’utilizzo del portale SeedLinked e relativa APP (www.seedlinked.com).
Nel corso del 2023, si sono tenuti 7 “Assaggi evolutivi” per le degustazioni di pane, pasta e birra ottenuti da frumenti teneri, duri e monococchi provenienti da popolazioni evolutive per coinvolgere i cittadini attraverso dedicate prove gustative e qualitative. Tutti gli incontri si sono svolti nelle aziende agricole, ad eccezione del primo, in occasione della 72 ore di Biodiversità, che è stato la prova generale per capire quale linguaggio potesse rispondere meglio ad una divulgazione che non può essere troppo tecnica.
Abbiamo realizzato 19 prove di degustazione, con oltre 200 partecipanti e 42 prodotti a confronto, in media 2 o 3 per singola degustazione. Per esempio, abbiamo valutato la popolazione di tenero come pane, pasta secca, pasta fresca, schiacciata e biscotti.
Le degustazioni si sono basate sul giudizio edonistico ovvero sulla gradevolezza di un aspetto per ciascun valutatore, prestando molta attenzione a chiarire che non si trattava di un panel test professionale. Ogni prodotto è stato messo a confronto “al buio” con uno simile, per esempio con il Verna o altra popolazione locale. Non abbiamo mai usato un prodotto industriale proprio per allenare i partecipanti al riconoscimento di sensazioni complesse e ricche di sfumature.
Nel corso del 2024 si svolgeranno 8 “Assaggi evolutivi” a cui siete invitati a partecipare!
Trasparenti filiere come innovazione delle relazioni nei territori
di Claudio Pozzi e Rachele Stentella – Rete Semi Rurali
“Filigrane – Trasparenti filiere” è un format fortunato che ha permesso negli anni di animare e stimolare il confronto fra gli attori di una filiera in divenire. Nei primi anni duemila, la corsa che ha coinvolto RSR, anche come testimone nelle occasioni di incontro, era finalizzata all’acquisizione dell’indipendenza nella produzione della semente.
“Filigrane – Trasparenti filiere” è un format fortunato che ha permesso negli anni di animare e stimolare il confronto fra gli attori di una filiera in divenire. Nei primi anni duemila, la corsa che ha coinvolto RSR, anche come testimone nelle occasioni di incontro, era finalizzata all’acquisizione dell’indipendenza nella produzione della semente. Il fascino evocato dalle varietà locali, ben presto accomunate dall’infausta denominazione di “grani antichi” era grande. Molte energie sono state dedicate all’esercizio della moltiplicazione delle poche quantità di semi che venivano reintrodotti in modo da favorire:
individuazione di varietà adatte al contesto in cui venivano coltivate;
acquisizione di nuove tecniche di preparazione del suolo, semina e raccolta;
corretto stoccaggio del raccolto nelle singole aziende;
collaborazione nei processi di pulizia e molitura, grazie a mugnai già organizzati o investendo in competenze e nuove strutture;
collaborazione nella successiva trasformazione in pane o pasta.
Così, alcuni anni più tardi, i tempi sono sembrati maturi perché i protagonisti dei vari passaggi della filiera si confrontassero per condividere problemi e soluzioni su tre diversi tavoli.
Il primo tavolo è dedicato alla fase che va dalla semina, alla raccolta e allo stoccaggio.
Il secondo tavolo si concentra dalla molitura alla trasformazione nel prodotto finito.
Il terzo, infine, vede il confronto fra i protagonisti sui temi che riguardano la valorizzazione del prodotto, dall’etichetta alla vendita, la quale garantisce equità nella costruzione del prezzo e nella redistribuzione del valore.
Per questo sono invitate tutte le figure coinvolte nelle filiere locali: agricoltori, ricercatori, agronomi, mugnai, pastai e fornai. Senza trascurare il ruolo fondamentale delle persone che, attraverso l’acquisto e il consumo, sostengono economicamente la filiera e confermano la validità delle scelte fatte dalla e per la comunità locale.
Nel febbraio 2023, grazie alle sinergie costruite nel progetto Mixwheat, sono maturati i tempi perché la comunità Siciliana convocasse un tavolo di Filigrane che RSR ha contribuito ad animare: sono momenti di grande crescita umana e culturale!
Per questo articolo si è scelto di focalizzarsi su ciò che è emerso fra i partecipanti al tavolo della valorizzazione. Il primo passo identificato come necessario per “la costruzione dei valori lungo la filiera” è la ricostruzione dell’identità e della consapevolezza per accrescere i saperi e i valori connessi al patrimonio di biodiversità. Questo anche sul piano materiale, organizzando la filiera in modo comunitario, dalla produzione, alla costruzione del prezzo, alla commercializzazione e fino alla logistica, consapevoli che sia i costi di molitura che di trasformazione delle popolazioni evolutive e delle varietà locali, così come i costi di distribuzione, sono superiori a quelli delle varietà commerciali.
Per favorire questo processo di transizione e ricostruzione identitaria, la filiera andrebbe ri-umanizzata costruendo legami di fiducia che vadano oltre l’etichetta. Quest’ultima potrebbe essere ideata in modo da descrivere tutta la filiera per far comprendere al meglio ciò che sta dietro la costruzione del prezzo di un prodotto e facilitare un prezzo sorgente, che tenga conto delle fluttuazioni di mercato o delle variazioni produttive legate al clima.
Affinché i meccanismi concorrenziali non soffochino i piccoli produttori è necessario costituire dei patti di filiera che consentano al meccanismo del prezzo di trasformarsi in valore e soprattutto di mantenere la qualità elevata. La concorrenza costringe ad aumentare le produzioni, causando una perdita di qualità e un maggiore impatto sull’ambiente. I patti di filiera o le organizzazioni in rete invertono questo paradigma e permettono la sopravvivenza delle realtà più piccole grazie a interazioni e sinergie degli attori coinvolti.
È fondamentale che il processo sia accompagnato da una comunicazione genuina e una formazione costante, che consentano di ri-innovare tutte le fasi. La comunicazione dovrebbe restituire valori e non ridursi a mera pubblicità, oltre ad accrescere il senso di appartenenza e di responsabilità in modo che il cittadino si senta parte dell’intero processo.
Andrebbe favorita una formazione dedicata, partendo dalle scuole per arrivare sino agli adulti, che spieghi e valorizzi le peculiarità delle popolazioni evolutive in tutti i suoi aspetti. Il prodotto non standardizzato, per esempio rispetto al contenuto proteico, può essere un valore aggiunto anche se richiede una messa in discussione delle competenze dei trasformatori e dei cittadini.
Quale è allora la vera sfida? Su cosa costruire questa identità?
Ripartire dalla trasformazione agroecosistema nella sua interezza, secondo un approccio agro-ecologico, permetterebbe di superare gli ostacoli strettamente legati al sistema produttivo sopra identificati, a cui si aggiungono ostacoli culturali, normativi e politici.
La collaborazione, il confronto, la comunicazione su un territorio ben identificato sono la soluzione per garantire la transizione verso un nuovo paradigma socio-ambientale.
Trasparenti Filiere per l’innovazione dell’economia contadina e delle relazioni sui territori: esperienze e progetti di nuove filiere cerealicole a confronto.
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