Si, per una volta a far compagnia al contadino invisibile ci sono gli Organismi Viventi Modificati (OVM) invisibili, cioè la cosiddetta “nuova frontiera” degli OGM.
Ma andiamo con ordine. Si è appena concluso, il 17 febbraio, presso la sede della FAO a Roma un “Simposio Internazionale sul ruolo delle biotecnologie agricole nei sistemi durevoli e la nutrizione”.
Il titolo lascia intendere un grande evento pieno di rappresentanti di paesi, di accademici e di organizzazioni di agricoltori, grandi e piccoli, che discutono, con posizioni assolutamente diverse, di synthetic biology 1 e New Breeding Techniques (NBT, cioè nuove tecniche di creazione varietale) per capirne il valore, l’uso e l’impatto sui sistemi agrari e alimentari. Delusione.
Si, per una volta a far compagnia al contadino invisibile ci sono gli Organismi Viventi Modificati (OVM) invisibili, cioè la cosiddetta “nuova frontiera” degli OGM.
Ma andiamo con ordine. Si è appena concluso, il 17 febbraio, presso la sede della FAO a Roma un “Simposio Internazionale sul ruolo delle biotecnologie agricole nei sistemi durevoli e la nutrizione”.
Il titolo lascia intendere un grande evento pieno di rappresentanti di paesi, di accademici e di organizzazioni di agricoltori, grandi e piccoli, che discutono, con posizioni assolutamente diverse, di synthetic biology 1 e New Breeding Techniques (NBT, cioè nuove tecniche di creazione varietale) per capirne il valore, l’uso e l’impatto sui sistemi agrari e alimentari. Delusione.
E’ stata una sfilata di pochi paesi, di pochi gruppi di ricerca pubblici finanziati dai privati, in particolare le fondazioni legate alle grandi industrie monopolistiche del settore o al “capitalismo filantropico”. Non hanno presentato niente di nuovo, solo programmi di ricerca e promesse di risultati, a venire, miracolosi o mirabolanti. Neanche un nuovo prodotto portato a termine è salito sugli schemi delle presentazioni PPT.
E anche tra le presenze nessuna vera sorpresa, escluso forse un programma di ricerca cinese multimilionario finanziato dalla Fondazione Gates per creare un “super riso”. Storia già sentita anche questa: una volta il riso miracoloso doveva essere “d’oro”, ora sarà “super”. L’idea di fondere in una sola varietà le qualità di molte varietà di riso, sia indica che japonica utilizzando NBT, ovvero tecniche di precisione, per pescare il “gene che codifica un carattere” (sic!!) – al momento – è solo l’obiettivo del progetto di ricerca e niente più. Allora starete pensando che non c’è niente di cui preoccuparsi. Al contrario bisogna preoccuparsi e agire il più rapidamente possibile.
L’industria, ed una piccola pattuglia di governi – sempre gli stessi: alcuni paesi europei, gli USA, il Canada ed ora anche Brasile, Cina (che comprando Sygenta deve reclamare il suo spazio nel mercato mondiale delle sementi) – vogliono convincerci che le varietà create utilizzando NBT non sono “OVM/OGM” quindi non devono né essere etichettate come OGM, né passare, prima di essere commercializzate, attraverso le norme previste per il rilascio di OGM, né tantomeno sottostare alle misure di biosicurezza , ad esempio,
previste dal protocollo di Cartagena e, per alcuni aspetti, dalla normativa europea sulla sicurezza dei prodotti alimentari.
Certo, ci viene raccontato che queste Nuove Tecniche di selezione, NBT appunto, saranno assolutamente precise, chirurgiche, senza sbavature, sotto controllo e sicuramente senza nessun rischio. Per lo più si tratta di tecniche destinate a modificare le caratteristiche genetiche di una pianta e le proprietà delle sue proteine o a preparare del materiale genetico modificato, anche per via transgenica, per poi inserirlo in una pianta non transgenica al fine di provocarne una mutazione che ne sviluppi nuovi caratteri e – se utile –
ritirare dalla costruzione ottenuta il gene introdotto.
Le industrie, però, pretendono che su questi “nuovi” prodotti, sui processi per ottenerli e sulle loro componenti sia riconosciuto un brevetto industriale (o una qualche forma esclusiva di diritto di proprietà industriale). Detto diversamente: dopo aver trascritto la mappa genetica di una pianta o di un animale e aver identificato o scoperto un gene interessante da trasferire via NBT magari su una varietà locale trovata nel campo di un contadino, l’industria pretende che il risultato – la varietà locale che esprime nuovi
caratteri – sia un’invenzione e quindi richiede che sia tutelata attraverso un brevetto industriale. Ciò significa ottenere il monopolio esclusivo per la sua utilizzazione commerciale.
Una conseguenza immediata di tale processo sarà, visto che lo stesso gene può trovarsi in altre piante della stessa specie o in selvatici apparentati o in varietà locali coltivate fuori del regime industriale del mercato delle sementi, che l’agricoltore che si troverà in possesso di una pianta analoga sarà considerato un “ladro”.
Di sicuro si tratta di tecniche di ingegneria genetica quindi non possono non essere considerate OGM 2 e, pertanto, a tali “nuovi” prodotti si applicano le norme esistenti. In Italia, in base alla legislazione ancora vigente, i prodotti ottenuti con le tecniche sopra descritte non possono essere immessi in commercio, coltivati o sperimentati in pieno campo, ma questa non è una consolazione!
Evitiamo per il momento di riflettere sull’impatto dei prodotti delle NBT sui sistemi agrari locali, sull’agricoltura contadina e sulla sovranità alimentare dei paesi, oltre che dei popoli.
Viene, inoltre, affermato in merito alla questione, proprio dal ministro delle politiche agricole Martina, che “… abbiamo voluto investire in ricerca pubblica 21 milioni di euro per biotecnologie sostenibili e agricoltura di precisione e digitale. Sono frontiere decisive per costruire il futuro delle nostre filiere e per garantire meglio il reddito dei nostri produttori, a partire dai piccoli”. Questo ci aiuta a capire perché l’Italia, al momento, sembra allinearsi dietro la posizione dei Paesi Bassi 3 che – nella discussione in corso nella UE 4
sulla normativa da applicare ai prodotti della synthetic biology e sulle NBT – sostengono una totale deregulation “…perché questi prodotti non sono OGM…”.
Prepariamoci a scovare gli OVM/OGM invisibili se non vogliamo che qualche gene brevettato tirato via dal farro finisca nei campi coltivati e ci vengano a chiedere di pagare le royalties sul brevetto o ci impongano di bruciare il campo.
1
Synthetic biology is an interdisciplinary branch of biology and engineering. The subject combines various disciplines from within these domains, such as biotechnology, evolutionary biology, molecular biology, systems biology, biophysics, computer engineering, andgenetic engineering..
Da Wikipedia, l’enciclopedia libera.
Il termine biologia di sintesi (o biologia sintetica, dall’inglese synthetic biology) è stato per lungo tempo usato per descrivere un approccio alla biologia che tenti di integrare (o sintetizzare) aree differenti di ricerca per creare una comprensione più olistica della vita. Più recentemente si intende: progettare e fabbricare componenti e sistemi
biologici non ancora esistenti in natura e/o riprogettare e produrre sistemi biologici già presenti in natura. Quindi attualmente il termine è stato usato per indicare una nuova area di ricerca che combini la scienza e l’ingegneria per sintetizzare funzioni biologiche originali.
2
Gli OGM sono prodotti dell’ingegneria genetica, ovvero organismi diversi dagli esseri umani “il cui materiale genetico è stato modificato in modo diverso da quanto avviene in natura con l’accoppiamento e/o la ricombinazione genetica naturale”(art. 2, Dir. n. 2001/18/CE)