Paolo Balsamo venne alla luce a Termini Imerese il 4 marzo 1764, da una famiglia di giardinieri (jardinara) che godeva di una certa agiatezza economica. Egli mostrò fin da fanciullo una notevole intelligenza e una spiccata propensione per gli studi. Fu avviato dai genitori, su sollecitazione di Vincenzo Palmeri baroni della Gasèna, alla vita ecclesiastica. Presso l’Accademia degli studi di Palermo frequentò con profitto le lezioni di calcolo sublime del teatino Giuseppe Piazzi, astronomo della Valtellina.
Essendo state istituite, nell’ottobre 1785, nella medesima Accademia, diverse cattedre, tra le quali anche quella di agricoltura, egli concorse per essa risultando vincitore. Poco dopo, la Deputazione degli Studi gli offerì un viaggio di istruzione all’estero, sia per poter apprendere i più progrediti metodi agrari, onde farne oggetto d’insegnamento presso l’Accademia di Palermo, sia per applicarli al peculiare contesto siciliano. Partito nel 1787, visitò dapprima la Toscana, dove aveva sede la prestigiosa Accademia dei Georgofili specializzata in scienze agrarie, della quale divenne ben presto socio. In Toscana rimase sino all’ottobre dell’anno seguente, prendendo contatto con i georgofili fiorentini e svolgendo anche osservazioni pratiche sul campo. Il giorno 11 giugno 1788, presso i georgofili fiorentini lesse la sua approfondita memoria intorno alle “cagioni fisiche e morali” della diminuita produzione granaria in Sicilia rispetto all’antichità, e ai mezzi per accrescerla, che ebbe notevoli apprezzamenti dall’ambiente culturale toscano. Lasciate le campagne della Toscana partì alla volta dell’Inghilterra, dopo una breve tappa parigina durante la quale conobbe il georgofilo Pierre Marie Auguste Broussonet (Montpellier, 1761 – ivi, 1807), che gli illustrò le condizioni agrarie della Francia. In Inghilterra, il Balsamo rimase due anni. Legatosi subito di fraterna amicizia con il celebre agronomo Arthur Young (Londra 1741 – ivi 1820), ne assimilò gli insegnamenti cercando di adattarli al contesto siciliano. Egli si convinse che erano proprio i vincoli feudali, con il loro peso opprimente di angherie varie, a non permettere il decollo dell’economia agraria siciliana. Il Balsamo studiò e acquistò poi, alcune macchine agricole di nuova invenzione allo scopo di portarle nella nostra Isola. Scoppiata la rivoluzione francese decise di tornare in Sicilia, ma ebbe il tempo di sostare alcuni mesi in Olanda e i risultati delle sue osservazioni furono pubblicati negli Annali di Agricoltura con il titolo Notizie sull’agricoltura di Fiandra. Tornato in Sicilia, nel 1791 iniziò ufficialmente le sue lezioni di agraria nell’Accademia di Palermo e dopo la morte del prof. Sergio, tenne ad interim anche l’insegnamento di economia e commercio che poi fu unificato nel 1804 con quello di agricoltura e denominato “economia rustica ed agricoltura”. Dal 1792, egli prese l’abitudine di leggere, nel periodo invernale, dalla sua cattedra, una memoria “sopra li più importanti punti dell’Economia rurale siciliana”, nella quale sviscerava approfonditamente le tecniche agrarie utili per il progresso dell’economia isolana, auspicando la nascita di una classe di proprietari terrieri attivi. Nel 1808 ebbe l’incarico, con Giuseppe Piazzi e Domenico Marabitti, di preparare un progetto per l’unificazione del sistema di pesi e misure nel Regno di Sicilia. Nel 1812 ebbe affidato l’incarico di redigere un progetto di costituzione siciliana, che facesse da ponte tra le tradizionali legislazioni isolane e la legislazione di stampo inglese. Dopo la restaurazione e lo scioglimento del parlamento, il Balsamo si ritirò dalla vita politica e narrò le lunghe e farraginose vicende che avevano portato all’abolizione della costituzione del 1812 nella sua opera Sulla istoria moderna del regno di Sicilia, memorie segrete. Delle pingui rendite dell’abbazia di S. Maria dell’Arco poté godere per poco tempo, perché morì il 4 novembre del 1816. Molte sue opere furono pubblicate postume da amici ed estimatori.
Caratterizzazione e conservazione di sementi di riso di qualità in situ
di Daniela Ponzini – Rete Semi Rurali
Il progetto Riso.Lo prende in considerazione 18 accessioni di riso storicamente diffuse in Lombardia. Si pone l’obiettivo di descriverle morfologicamente e geneticamente e di moltiplicarle, mantenendone le caratteristiche agronomiche, genetiche e fitosanitarie durante la conservazione in situ ed ex situ.
Riso.Lo vede la partecipazione di diversi partner: il dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali dell’Università degli Studi di Milano, l’Università Statale di Pavia, l’azienda agricola Cascine Orsine di Bereguardo (PV), la Società agricola del Parco da Marco Cuneo di Abbiategrasso (MI) e Rete Semi Rurali.
Nel 2023 sono stati allestiti due campi sperimentali presso le aziende agricole del progetto. A luglio 2023 è stata organizzata una visita alle parcelle a cui hanno partecipato agricoltori, tecnici, ricercatori e associazioni del territorio. Sono state valutate le differenze morfologiche, la suscettibilità alle malattie e la potenzialità delle rese. Durante la visita sono stati organizzati incontri di approfondimento sulla genetica del riso e sui patogeni principali.
Parallelamente alle prove in campo, è stata effettuata la genotipizzazione delle accessioni utilizzando dei marcatori molecolari. Ciò ha permesso di migliorare la classificazione genetica, stabilendo cioè quali accessioni sono più simili geneticamente e quali invece più differenti, migliorando così i programmi di conservazione.
Oltre alla descrizione e moltiplicazione del materiale, il progetto si occupa anche della validazione di protocolli ammessi dal disciplinare biologico per il risanamento fitosanitario della semente di riso, al fine di eradicare alcuni patogeni trasmessi per seme, in particolare il fungo Fusarium fujikuroi e il nematode Aphelencoides besseiy (vedi box).
Per quanto riguarda il risanamento fitosanitario del seme, sono stati valutati gli effetti dei trattamenti nei confronti del Fusarium fujikuroi. Sono stati testati diversi protocolli, fra cui l’utilizzo di isolati batterici altamente concentrati, caratterizzati dalla loro capacità di inibire la crescita miceliare dei funghi; l’utilizzo di olio essenziale di arancio amaro a diverse concentrazioni e l’immersione dei semi in acqua alla temperatura di 55°, 58° e 60° per 15 secondi. L’efficacia del trattamento è stata correlata alla conservazione della germinabilità.
Nel 2024, ultima annualità del progetto, verranno completati gli studi di risanamento del materiale, prendendo in considerazione anche il nematode Amphelencoides Besseiy. Saranno inoltre approfondite le tecniche di conservazione ex-situ: il materiale, dopo un’opportuna disidratazione, verrà congelato a -18°C. Dopo un mese, verrà riportato a temperatura ambiente per valutarne la vitalità e le condizioni di conservazione.
Il progetto Riso.lo è finanziato da Regione Lombardia nell’ambito del Programma di Sviluppo Rurale 2014-2020 – Operazione 10.2.01 – Conservazione della biodiversità animale e vegetale.
// Avversità biotiche del riso che si trasmettono per seme
Fusarium fujikuroi: Si tratta di un insieme di specie fungine appartenenti al genere Fusarium che porta la malattia Bakanae. Le piante affette da questa malattia possono mostrare sintomi quali decolorazioni fogliari, crescita anormale del fusto e della foglia bandiera e, nei casi più gravi e precoci, marciume del germinello. Anche quando la pianta sopravvive, spesso non è fertile o produce pochi semi. Questa malattia, rispetto alle condizioni ambientali e alla varietà di riso, può causare perdite molto elevate.
Aphelenchoides besseyi: Si classifica tra i dieci nematodi più dannosi per l’agricoltura mondiale. Il sintomo consiste in una diminuzione della dimensione della pianta con conseguente calo dal punto di vista qualitativo e quantitativo. Questo parassita si sviluppa nelle porzioni aeree della pianta di riso, quali foglie e fiori, ed è quindi in grado di colonizzare direttamente i semi, propagandosi in diversi campi ed areali tramite il trasferimento di materiale infestato. L’Aphelenchoides besseyi causa la malattia White Tip o Punta bianca. Gli apici fogliari risultano bianchi e arrotolati e la pannocchia non riesce ad uscire correttamente dal culmo. Si tratta di una malattia molto diffusa nelle zone risicole subtropicali. In Italia questo nematode è stato individuato per la prima volta nel 1996.
Incontri con le popolazioni evolutive e i loro protagonisti-e.
di Bettina Bussi – Rete Semi Rurali
In agricoltura biologica, gli agricoltori sono innovatori competenti che sperimentano varietà e pratiche agronomiche e i cittadini sono consumatori consapevoli pronti a essere coinvolti.
Negli ultimi anni ci sono molte possibilità per includere attivamente queste comunità nei processi di ricerca e divulgazione, potenziandone la capacità di innovare, per esempio grazie a particolari strumenti informatici in grado di favorire la partecipazione e la raccolta dei dati senza perdere il valore scientifico e statistico del dato stesso.
Questi nuovi ambienti digitali si basano sui principi della Citizen Science. Sono caratterizzati da un alto livello di accessibilità e permettono l’uso diretto dei dati da parte di tutti gli attori coinvolti. I dati così raccolti ed elaborati sono molto utili anche per altri scopi correlati come la tracciabilità di una filiera dal seme al cibo oppure per il Culinary Breeding che si propone di ridurre la distanza tra chi fa miglioramento genetico delle piante e il gusto e la qualità salutistica del cibo, dando vita a una rete di innovatori che coinvolge agricoltori, tecnici, ricercatori, cittadini e chefs.
In questo scenario, l’innovazione sviluppata da CEREALI RESILIENTI 2.0 – le popolazioni evolutive adattate in varie località della Toscana a partire dalla popolazione tenero Floriddia – diventa un caso studio importante per testare uno di questi sistemi digitali e coinvolgere molti attori diversi perché le aziende agricole hanno raggiunto i cittadini con i propri prodotti. Il progetto Cereali Resilienti 3.0 “Miglioramento della qualità e sostenibilità dei prodotti agricoli anche in funzione dei nuovi orientamenti di mercato” vuole quindi collegare il lavoro di campo sulle popolazioni alla trasformazione coinvolgendo tutti nel processo di ricerca grazie anche all’utilizzo del portale SeedLinked e relativa APP (www.seedlinked.com).
Nel corso del 2023, si sono tenuti 7 “Assaggi evolutivi” per le degustazioni di pane, pasta e birra ottenuti da frumenti teneri, duri e monococchi provenienti da popolazioni evolutive per coinvolgere i cittadini attraverso dedicate prove gustative e qualitative. Tutti gli incontri si sono svolti nelle aziende agricole, ad eccezione del primo, in occasione della 72 ore di Biodiversità, che è stato la prova generale per capire quale linguaggio potesse rispondere meglio ad una divulgazione che non può essere troppo tecnica.
Abbiamo realizzato 19 prove di degustazione, con oltre 200 partecipanti e 42 prodotti a confronto, in media 2 o 3 per singola degustazione. Per esempio, abbiamo valutato la popolazione di tenero come pane, pasta secca, pasta fresca, schiacciata e biscotti.
Le degustazioni si sono basate sul giudizio edonistico ovvero sulla gradevolezza di un aspetto per ciascun valutatore, prestando molta attenzione a chiarire che non si trattava di un panel test professionale. Ogni prodotto è stato messo a confronto “al buio” con uno simile, per esempio con il Verna o altra popolazione locale. Non abbiamo mai usato un prodotto industriale proprio per allenare i partecipanti al riconoscimento di sensazioni complesse e ricche di sfumature.
Nel corso del 2024 si svolgeranno 8 “Assaggi evolutivi” a cui siete invitati a partecipare!
Valorizzazione economica delle popolazioni evolutive in Toscana
di Claudio Pozzi – Rete Semi Rurali
L’occasione è scaturita dai Progetti Europei per l’Innovazione che, attraverso le misure 16.1 e 16.2 del PSR, ci hanno permesso di costituire il Gruppo Operativo “Cereali Resilienti” in Toscana nel 2017 e di sostenerne le attività fino ad oggi.
Il lavoro di diffusione e studio della popolazione evolutiva di frumento tenero arrivata in Italia nel 2010 dall’Istituto Icarda di Aleppo – grazie al progetto SOLIBAM – era in fase avanzata e c’erano tutti i presupposti per consolidarne la diffusione sul territorio toscano.
L’idea iniziale nell’introdurre la popolazione era di dotare gli agricoltori di autonomia selezionando al suo interno piante ben adattate ai diversi contesti pedoclimatico e ai metodi di coltivazione. Ben presto è diventato chiaro che quella “banca del seme” poteva essere preziosa di per sé come oggetto di coltivazione in pieno campo e di successiva trasformazione. L’incommensurabile diversità genetica evoluta nel tempo può infatti garantire agli agricoltori un miglioramento e, cosa ancor più interessante, una stabilizzazione delle rese rispetto a quanto osservato nella coltivazione delle varietà locali in purezza o in miscuglio.
L’idea di Cereali Resilienti era di confermare la sostanziale differenza della popolazione adattata in Sicilia rispetto a quella adattata in Toscana e verificare se vi fosse la stessa capacità di adattamento ad ambienti differenti di un territorio più limitato come quello toscano.
La Azienda agricola Floriddia di Peccioli aveva nel frattempo acquisito le competenze e la strumentazione per poter produrre e vendere semente ad altri agricoltori utilizzando la deroga concessa in via sperimentale dalla Commissione Europea. La disponibilità di semente era all’inizio ridotta ma è stato comunque possibile, una volta individuati gli areali climatici principali, scegliere quattro “aziende madri” – una per ogni areale – che facessero ognuna da riferimento per almeno altre quattro aziende “figlie”.
Oggi che il percorso di adattamento nei quattro areali regionali è a buon punto e che siamo in grado di monitorarne gli effetti da un punto di vista agronomico e nutraceutico (attraverso esami di laboratorio), la terza fase del progetto ci porta a indagare il gradimento dei prodotti e l’approccio comunicativo da adottare per una buona comprensione del processo agro-ecologico che sottende al progetto stesso. Se l’idea è quella di costruire comunità intorno al seme è infatti necessario che la comunità locale possa comprendere appieno i vantaggi che derivano dalla trasformazione delle pratiche colturali e delle relazioni fra i soggetti che sono protagonisti della filiera dal seme al cibo.
Il lavoro in atto negli incontri locali, incentrato sulla degustazione dei prodotti da popolazione evolutiva, paragonati a prodotti di buona qualità ma da farine convenzionali, porta a coinvolgere i presenti sia nella valutazione del gradimento che nella partecipazione critica e propositiva al linguaggio comunicativo. È questo l’aspetto su cui si incontrano maggiori difficoltà. Trovare soluzioni non banali, che colpiscano la curiosità e stimolino l’attenzione del pubblico senza scadere in un approccio da slogan pubblicitario non è affatto semplice.
Numerose sono state le ore trascorse a cercare soluzioni che ci appaiono brillanti e sofisticate per poi essere rapidamente demolite alla prima uscita pubblica. È un percorso stimolante, funzionale al consolidamento del rapporto di fiducia fra gli attori della filiera, oggi chiamati a esprimersi su contenuti e forme della comunicazione che riguardano non solo un prodotto ma l’intero processo.
La scelta di un logo, il progetto di un’etichetta, divengono momenti di crescita della comunità che si riconosce nel valore della partecipazione e percepisce la centralità della relazione come momento di garanzia per una consapevole transizione verso nuovi modelli di gestione del benessere comune.
Le popolazioni evolutive nei vari ambienti climatici siciliani, i risultati del progetto Mixwheat
di Prof. Salvatore Cosentino – Università di Catania
Il progetto MIXWHEAT ha l’obiettivo di adattare e diffondere la popolazione evolutiva di grano tenero denominata “Furat Li Rosi” in diversi ambienti pedoclimatici siciliani.
La popolazione “Furat Li Rosi” co- stituisce il nucleo dell’innovazione da collaudare, tramite la valutazione del suo adattamento nei campi spe- rimentali localizzati delle 5 aziende agricole partner del progetto (Li Rosi, Cavalli, Green Bio Terre di S. Agata, Dara Guccione Biofarm e Antichi Granai) situate in 4 differenti macro-aree climatiche (pianura, collina, mon- tagna e costa) e a differenti latitudini. I differenti areali sono stati identificati e mappati grazie alla metodologia dei
“Climate Analogues”. La superficie dedicata alle attività del progetto, nelle tre annate di coltivazione (2020-2021, 2021-2022 e 2022-2023) è stata di circa 5 ettari per ognuna delle aziende partner.
Il periodo di semina della popolazione Furat è ricaduto nell’intervallo di tempo compreso tra i mesi di dicembre e gennaio, in relazione alla geolocalizzazione delle aziende e all’andamento climatico della zona di riferimento, mentre il periodo di raccolta è risultato generalmente più precoce nelle aziende situate nelle zone meridionali e più tardivo in quelle settentrionali, ma sempre in un intervallo compreso tra i mesi di giugno e luglio.
I rilievi in campo nelle aziende interessate alla sperimentazione, sono stati effettuati alla raccolta, su tre aree di saggio di circa 2 metri quadrati, rappresentative delle diverse condizioni colturali dei campi sperimentali. Per ognuna di queste aree, su 100 piante, sono state rilevate il numero di spighe, il numero di spighe con o senza reste e l’altezza totale delle piante. Il nume- ro maggiore di spighe a metro quadro è stato registrato nell’annata agraria 2020-2021 presso l’azienda Li Rosi, mentre il più basso nell’azienda Cavalli nel corso della stessa annata agraria.
Le piante con statura maggiore e prov- viste di spighe sono state rilevate nel corso dell’annata agraria 2021 nell’azienda Green Bio mentre quelle senza reste nell’azienda Dara Guccione Biofarm (Fig. 4).
In laboratorio è stato rilevato il peso di mille semi che è risultato più elevato presso l’azienda Green Bio nell’annata agraria 2021, mentre il valore minore è stato rilevato nell’azienda Antichi Granai (Fig. 5).
Il livello massimo di resa è stato registrato nell’annata 2021 presso l’azienda Dara Guccione Biofarm (3 t/ha). Il valore minimo della resa (0.9 t/ha) è stato rilevato nell’azienda Antichi Granai nel corso dell’annata agraria 2023.
Le rese sono state condizionate da diversi fattori. L’intensità e la distribuzione delle precipitazioni hanno condizionato i livelli produttivi facendo registrare, nella media e in termini assoluti, le rese più elevate nelle due aziende (Dara Guccione Biofarm e Green Bio) localizzate nella parte settentrionale dell’Isola, in zone alto collinari e montane, dove le piogge sono state più consistenti e meglio distribuite.
I valori mediamente più bassi delle rese rilevati nell’annata 2023 sono parzial- mente da imputare alla insolita distribuzione delle precipitazioni, che han- no registrato un picco tra fine aprile e inizio maggio quando le piante erano in fase di maturazione cerosa, con fenomeni di allettamento.
Le rese sono state condizionate dalle diverse processioni colturali
Nei terreni dove la popolazione è stata preceduta dalla sulla (Hedysarum coro- narium L.) si sono ottenute le rese più alte (Dara Guccione Biofarm, annata 2021 e annata 2022).
Un altro fattore che ha influenzato le rese è la diversa tipologia di terreno, in terreni sabbiosi e con scheletro pre- valente (Az. Cavalli e Antichi Granai) sono state più basse.
Dopo le operazioni di trebbiatura, la granella raccolta è stata inviata al Mulino Quaglia per la molitura e le analisi qualitative e reologiche.
Per il raccolto 2021 è stato scelto di ottenere come prodotto finale una farina di “Tipo 0” e utilizzare la macinazione a cilindri di ghisa con diagramma lungo che permette di rispettare le naturali caratteristiche dei frumenti teneri biologici e di ottenere un prodotto da cui si ricavano impasti dalla semplice lavorabilità, pur mantenendo elevati quantitativi di fibra nel prodotto.
Per il raccolto 2022 sono state utilizzate sia la macinazione a cilindri di ghisa con diagramma lungo che la macinazione a pietra ottenendo farina “Tipo 0” nel primo caso e di “Tipo 2” nel secondo caso.
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