Negli ultimi 50 anni, il paesaggio delle Alpi è cambiato radicalmente: le aree agricole sono state abbandonate, mentre le aree di fondo valle più favorevoli, hanno subito una progressiva intensificazione dell’uso. Tali fenomeni hanno un impatto negativo sugli ecosistemi alpini conducono alla progressiva perdita di diversità all’impoverimento culturale legato alle pratiche agricole e alla interruzione dei saperi tra le generazioni.
Questo numero del notiziario ci conduce in un viaggio attraverso i colori, le forme e i sapori. Abbiamo avuto modo di affrontare più volte il tema delle popolazioni di frumento che impegna sempre più numerosi attori: le filiere si vanno costituendo o consolidando ad ogni latitudine. Oggi sono 13 le popolazioni di frumento registrate in Italia e una di orzo. Ma non è che l’inizio. Tutto lascia presupporre che i numerosi processi di adattamento in corso ne vedranno apparire molte di più nei prossimi anni anche grazie alle importanti novità introdotte dal Regolamento Europeo sul Biologico la cui entrata in vigore è slittata al 2022: è il riconoscimento del valore della diversità nel favorire coltivazioni a basso impatto ambientale e ad alto valore nutrizionale.
Sperimentato il lavoro sul frumento e verificatone il successo, ci è parso naturale andare a testare un analogo processo di diversificazione su altre specie. Rete Semi Rurali, anche grazie a protocolli di intesa sottoscritti con alcuni Centri di Ricerca, sta lavorando alacremente su pomodoro, girasole, mais, riso e avena. Altre iniziative sono in corso su fagioli, zucchine e segale, spesso per iniziative locali da parte dei Soci e dei loro sodali.
Cosa ha di speciale questa attività? Si svolge quasi esclusivamente nelle aziende agricole permettendo, se tutto procede nel giusto verso, una rapida ricaduta sulla qualità del lavoro e delle relazioni degli agricoltori. Certo non è tutto regalato, è necessario l’impegno ad acquisire competenze di vario tipo:
agricole: soprattutto nella rinnovata capacità di osservazione e di conseguente adattamento delle pratiche di campo ma anche della organizzazione della selezione, sanificazione e conservazione delle sementi;
organizzative: soprattutto nello stoccaggio e nella trasformazione del raccolto (specialmente per le specie agrarie);
relazionali: soprattutto nell’acquisizione di nuove forme di collaborazione fra i vari soggetti protagonisti della filiera ed in particolare con chi sostiene il processo attraverso l’acquisto.
Proprio una diversa visione e competenza nelle abilità relazionali è la chiave di volta che permette a tutto il processo di manifestarsi in forme concretamente innovative, foriere di benessere diffuso e duraturo nel tempo. Con la mancanza di tale attenzione l’innovazione sociale, tecnica e economica costituita dalle popolazioni ricascherebbe in una logica di mera competizione sul mercato, con il rischio di essere rapidamente vanificata dalla legge del più forte tipica di quel contesto. La strada che stanno prendendo i cosiddetti “grani antichi”, sempre più in balia della retorica e delle logiche di profitto del mercato convenzionale, sta a dimostrare che questo rischio è dietro l’angolo anche per le popolazioni. Solo coloro che nel tempo avranno costruito e mantenuto relazioni costruttive con la comunità di riferimento riusciranno a ridurre gli effetti della competizione e ad investire nella crescita del benessere della collettività.
Gli accadimenti di questi ultimi mesi sempre più ci confermano nella scelta compiuta in questo percorso. Se è vero che niente deve più essere come prima, che è necessario evitare di riprodurre le cause della crisi ambientale e delle sue conseguenze epidemiologiche, una agricoltura sempre più attenta alla riduzione degli sprechi energetici e del degrado del territorio, costruttrice di comunità che sappiano vivere la globalità con competenza organizzativa nella costruzione di economie locali responsabili e rispettose dei bisogni e dei diritti delle comunità vicine e lontane è l’unica possibile.
Formazione in campo sui cereali con la Rete dei produttori del Biodistretto Val Camonica, Edolo (BS), 20 luglio 2020 foto C. Benaglio/RSR
L’associazione ruralpini offre uno spazio di riflessione sui risultati della reintroduzione di un cereale minore in ambienti marginali.
Cereali minori: c’è spazio per un ritorno?
I risultati di una prova condotta in Vallecamonica con particolare riferimento alla coltura della segale. Piccoli campi che sembrano sfidare un destino di abbandono, di trasformazione della montagna in un deserto verde. L’oro delle spighe è un segno di ritorno alla vita. Anche se i problemi da superare non sono pochi, specie quelli legati alla raccolta e alle soluzioni di meccanizzazione http://www.ruralpini.it
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