È uscito il 19 agosto sulla rivista Horiculturae (https://www.mdpi.com/2311-7524/10/8/877) l’articolo scritto da Adriano Didonna, Riccardo Bocci, Massimiliano Renna e Pietro Santamaria dedicato a capire come sono state usate le deroghe previste per le varietà da conservazione per le specie ortive. Ne emerge un quadro non così positivo: sono poche le varietà iscritte come varietà da conservazione e solo in alcuni paesi. Quali sono le ragioni dello scarso impatto di queste deroghe sul mercato
europeo delle sementi? Tra le ragioni principali, l’articolo individua i requisiti per la registrazione ancora troppo severi, il reperimento di informazioni storiche che attestino il legame storico e tradizionale delle varietà con la loro regione, e, in generale, una mancanza di informazione tra gli agricoltori, che spesso hanno visto le varietà da conservazione più come una minaccia che come un’opportunità a causa delle possibili restrizioni, tra cui le limitazioni all’autoproduzione di sementi, i limiti quantitativi alla commercializzazione e il divieto di vendita del materiale di propagazione al di fuori della regione di riferimento.
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