Dal 6 al 14 marzo si è svolta la prima missione di RSR in Zimbabwe per il progetto Seed for the Future, finanziato da AICS e coordinato da COSPE. Il progetto è partito nel 2022 e prevede la realizzazione di orti comunitari e scolastici, di Case delle sementi in 3 province, la valutazione delle varietà tradizionali di sorgo, miglio e arachidi e la costituzione di materiale eterogeneo per supportare le comunità rurali locali rispetto ai cambiamenti climatici in aree con piovosità scarsa.
Partner del progetto sono organizzazioni tecniche (CTDO, SAT) e NGOs (TDH, WZL) dello Zimbabwe, le attività si svolgono con il supporto delle Farmer Field Schools e di Sheshe Agroecological School oltre che con i tecnici agronomi locali.
Dal 21 al 25 marzo si svolgerà la seconda missione con la partecipazione di RSR alla delegazione del Trattato FAO e del MASAF, si recherà in visita presso la Casa delle Sementi di Chiredzi per conoscere i progetti finanziati dal Benefit Sharing Funds grazie al contributo italiano e parteciperà all’inaugurazione dell’Anno Internazionale del Miglio.
É recente la scomparsa di Concetta Vazzana: docente e mentore di molti di noi, innovatrice seria e combattiva ha aperto la strada a ricercatori, tecnici ed agricoltori verso pratiche che prima di lei erano quasi del tutto ignorate dal mondo accademico. Arguta ed ironica, ha continuato ad osservarci con piacere ed attenzione; le nostre strade non si sono incrociate in progetti comuni ma i nostri passi sono in buona parte espressione della sua scuola di pensiero.
E’ sorta quindi spontanea, nel dialogo con i suoi più stretti amici e collaboratori, l’idea di dedicarle il cuore della nostra attività: la Casa delle Sementi Concetta Vazzana distribuirà negli anni il patrimonio genetico che riproduce e custodisce arricchito dall’imprinting di umanità che Concetta ha saputo donare a noi tutti.
Tutto inizia nel 2011 ad Avignone quando i partner italiani e francesi del progetto di ricerca europeo SOLIBAM delineano le attività di sperimentazione, tra cui generare nuova agrobiodiversità per il pomodoro biologico da mensa, concentrandosi sulle tipologie cuor di bue e marmande, per arrivare a costituire una popolazione così come si stava facendo sui cereali.
Grazie a INRA-GAFL Avignon, Civiltà Contadina, Arcoiris e Hortus vengono recuperate diverse varietà locali con cui sono allestiti 4 campi dimostrativi in Francia e in Italia (presso le aziende agricole biologiche Ca’ del Santo a San Leo e Iob Mauro a Vetralla). In ciascun campo vengono coltivate 35 varietà locali, in parcelle di 6 piante con 2 repliche, per compiere una valutazione partecipativa sui caratteri agronomici, morfologici (architettura della pianta) e organolettici. I risultati permettono di scegliere le varietà da incrociare per generare nuove popolazioni con molta diversità e capacità di adattamento e da utilizzare come materiale di partenza per selezionare nuove varietà.
Nel 2012 in Italia Arcoiris e AIAB proseguono le attività di valutazione delle varietà locali selezionate l’anno precedente, mentre in Francia Gautier Semences esegue gli incroci delle 4 varietà che sono risultate migliori, 2 pomodori cuor di bue (uno liscio francese e uno costoluto italiano) e 2 pomodori spagnoli (il marmande Muchamiel e l’Alicante, di forma allungata).
Pomodoro SOLIBAM, Campo sperimentale ALSIA “Pollino”, progetto LIVESEED, Rotonda (PZ), agosto 2019, # foto M. Petitti/RSR
Dai 4 parentali si ottengono 6 incroci che vengono coltivati separatamente e autoimpollinati grazie a 2 cicli di coltivazione nello stesso anno. Nel 2013 arriva quindi la prima popolazione (la progenie di seconda generazione degli incroci) che viene coltivata in 4 località: da Gautier Semences nella propria azienda sperimentale (convenzionale), da PAIS-IBB (biologico) in Bretagna, da Iob in pieno campo (biologico) e da Il lombrico felice a Città di Castello come coltura protetta (biologico). In ciascuna località vengono confrontate 400 piante della popolazione SOLIBAM Cuor di Bue con le 4 varietà di partenza e con un ibrido commerciale. Alla raccolta, nell’azienda Il lombrico felice, Antonio Lo Fiego (Arcoiris) e Bruno Campion (CREA di Montanaso Lombardo) eseguono la selezione delle bacche da seme in base alla salute e alla produttività della pianta ma anche alla forma del frutto. Nel 2014 viene allestito un solo campo sperimentale di popolazione SOLIBAM presso la cooperativa Orti Colti di Sant’Arcangelo di Romagna e viene di nuovo effettuata la selezione delle bacche da seme con gli stessi criteri dell’anno precedente. Si arriva così a raccogliere la quarta generazione di semi (F4) ma la sperimentazione, con la chiusura del progetto, viene sospesa fino a che, nel 2017 Rete Semi Rurali è partner di un nuovo progetto europeo di ricerca sulle sementi per l’agricoltura biologica, LIVESEED. Nel 2018 la sperimentazione sul pomodoro riparte dall’Italia e coinvolge anche la Spagna con l’Università Politecnica di Valencia che organizza la valutazione partecipativa di una ampia collezione di varietà locali di pomodoro spagnole e italiane in 2 aziende biologiche in ambienti pedoclimatici diversi (Valencia e Andalusia).
Nome
Allungato di Alicante
Muchamiel
Cuor di Bue
Cuor di Bue
Origine
Spagna
Spagna
Italia
Francia
Maturazione
Tardivo
Medio
Precoce
Medio
Sviluppo
Indeterminato
Determinato
Indeterminato
Indeterminato
Peso dei frutti
150-190
190-250
190-250
190-250
Criterio di selezione
Omogeneità
Consistenza del frutto
Forma del frutto
Forma del frutto
Tabella: le 4 varietà all’origine della popolazione di pomodoro SOLIBAM e le principali caratteristiche che ne hanno determinato la selezione.
In Italia, RSR coinvolge nuovamente Arcoiris e, grazie al coordinamento scientifico di Salvatore Ceccarelli, si organizza un’attività triennale di ricerca sulla popolazione SOLIBAM: due anni consecutivi di selezione partecipativa in 4 regioni diverse (Veneto, Emilia-Romagna, Molise e Basilicata) e un anno finale comparativo. Le aziende coinvolte sono state molte, anche se non per tutto il triennio: azienda Alle Fontanine di Daniele Merlini (Sestola, MO), azienda agricola di Silvano Di Leo (Castronuovo di Sant’Andrea, PZ), azienda sperimentale Pollino dell’ALSIA (Rotonda, PZ), azienda agricola di Battezzato Vincenzo (Campobasso), azienda agricola di Modesto Petacciato (San Giuliano di Puglia, CB), azienda Primo Sole (Montagano, CB) e associazione Diversamente Bio (Rubano, PD).
LE POPOLAZIONI DI POMODORO COLTIVATE IN ITALIA
La popolazione SOLIBAM si è diffusa tra gli agricoltori a partire dal 2014. Oltre alle attività legate al progetto LIVESEED, tra il 2019 e il 2020, selezioni partecipative sulla stessa popolazione sono state fatte in Lazio dalla Cooperativa Aria di Roma in cooperazione con ARSIAL e in Sardegna nell’azienda Su Niu De S’Achilli. La ditta sementiera ISI Sementi, in cooperazione col CREA-OF, ha sviluppato una popolazione di pomodoro MAGIC a partire da 8 linee moderne di pomodoro da mensa selezionate per le resistenze alle malattie fungine, batteriche e virali e agli stress abiotici. Nella stazione sperimentale biologica del CREA di Monsampolo del Tronto, i ricercatori hanno svolto valutazioni fenotipiche e genotipiche per individuare marcatori molecolari per la selezione del pomodoro in biologico. La popolazione è coltivata anche in tre aziende biologiche in tre regioni diverse (Padova, Fermo e Matera) dove si sono svolte giornate di campo con selezione partecipativa da parte degli agricoltori. Nel 2016 l’associazione bolognese Campi Aperti ha costituito una popolazione di pomodoro da salsa partendo da 9 ibridi e 14 varietà a impollinazione aperta e dal 2017 ha messo la semente a disposizione delle aziende della propria rete.
Il primo anno, in 5 aziende, vengono coltivate 400 piante rispettando le pratiche agronomiche e colturali di ciascuna azienda. Nell’estate, poco prima della raccolta, si svolgono le giornate di valutazione: ogni partecipante assegna un punteggio da 1 (per niente soddisfacente) a 4 (molto soddisfacente) a ognuna delle 400 piante in campo.
Silvano e Peppino Di Leo allestiscono il campo sperimentale di pomodoro, progetto LIVESEED, Castronuovo di Sant’Andrea, maggio 2019, foto M. Petitti/RSR
Al momento della raccolta, in ogni azienda, si prende una bacca per ognuna delle 400 piante per mantenere la popolazione completa, ma anche una bacca dalle 20 piante che hanno ricevuto il maggior gradimento e il più ampio consenso nelle giornate in campo così da ottenere una sub-popolazione costituita unicamente dalle scelte degli agricoltori. Mescolando i semi di tutte e 400 le piante si ottiene quindi la popolazione Selezione Naturale 2018 per ciascuna azienda. Mescolando in parti uguali i semi delle migliori 20 piante per ogni località si ottiene la popolazione Selezione Agricoltori 2018 per ciascuna azienda.
Nel 2019 vengono riseminate 400 piante per ciascuna delle 2 popolazioni, nell’estate si ripete la selezione partecipativa cosicché la raccolta si effettua come l’anno precedente. Si ottengono le popolazioni Selezione Agricoltori 2019 e Selezione Naturale 2019 per ciascuna azienda.
PROSPETTIVE PER MODELLI DI MIGLIORAMENTO GENETICO PARTECIPATIVO-EVOLUTIVO BASATI SULLE POPOLAZIONI E SUI TERRITORI
Il lavoro svolto da Rete Semi Rurali e da altre organizzazioni italiane e europee sulla ricerca e diffusione delle popolazioni evolutive in Europa nell’arco degli ultimi dieci anni, oltre a raccogliere l’interesse di agricoltori, tecnici e ricercatori, ha contribuito a creare aperture nella regolamentazione sementiera comunitaria. I 5 anni di attività all’interno dell’esperimento temporaneo della Commissione europea sulla commercializzazione di sementi di popolazioni di cereali (2014/150/EU) ha portato alla definizione del Materiale Eterogeneo Biologico, una nuova categoria di sementi, all’interno del nuovo regolamento europeo per l’agricoltura biologica (2018/848/EU). Nel 2022, quando entrerà in vigore, le procedure semplificate per la registrazione e certificazione di semente di popolazioni, senza restrizioni di specie, consentiranno alle ditte sementiere e alle aziende agricole con licenza sementiera in deroga di commercializzarne la semente. Si aprono pertanto nuove e interessanti opportunità per la creazione di sistemi sementieri decentralizzati a misura di agricoltura biologica, con il vantaggio di poter sfruttare le capacità di adattamento specifico e ai cambiamenti climatici delle popolazioni.
Nel 2020, ultimo anno di progetto, in ciascuna azienda si confrontano le popolazioni ottenute gli anni precedenti per valutare due aspetti: l’adattamento di una popolazione all’ambiente in cui viene coltivata e la differenziazione della popolazione selezionata rispetto a quella naturale e adattata. Per poter osservare queste differenze, oltre alle popolazioni, vengono coltivate 4 varietà locali scelte dagli agricoltori e due ibridi moderni come controlli (uno scelto dagli agricoltori e uno fornito da ISI Sementi) per un totale di 28 parcelle (14 entrate con due repliche, 20 piante per parcella). Anche l’ultimo anno, si organizzano le giornate di campo per la valutazione partecipativa per i seguenti caratteri: resistenza alle malattie, vigore delle piante, produttività, livello di uniformità e giudizio finale complessivo. Alla raccolta, gli agricoltori hanno annotato peso e numero di bacche fino al terzo palco per tutte le piante. I dati sono ancora in fase di elaborazione ma è già possibile trarre un bilancio molto positivo sulla partecipazione da parte delle comunità locali nel corso di questi tre anni. Oltre 200 agricoltori, ricercatori e cittadini hanno partecipato alle giornate di campo e alle selezioni. Grazie a loro abbiamo ottenuto delle popolazioni che possono essere liberamente coltivate da chi ne farà richiesta.
Giornata di valutazione partecipativa in campo con gli agricoltori, progetto LIVESEED, Montagano (CB), agosto 2020,# foto M. Petitti/RSR
La lenticchia è la protagonista di una ricerca sull’agro-biodiversità intraspecifica che dal due anni si sta realizzando sui campi della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa.
Tradizionalmente coltivata in Italia, negli ultimi 50 anni la lenticchia ha conosciuto un generale decremento sia delle superfici coltivate che per l’alimentazione umana. Recentemente si sta osservando un aumento dei consumi a livello nazionale, ma questo non è bastato per invertire le tendenze di produzione, tanto che l’Italia importa ogni anno il 98% del suo fabbisogno.
Questa specie, insieme ad altri legumi minori, è molto interessante per diverse ragioni. Da un punto di vista nutrizionale è ricca in proteine ed elementi nutritivi, tra cui ferro e zinco, e il suo profilo amminoacidico è complementare a quello dei cereali. Da un punto di vista agronomico è una coltura che ha una bassa capacità di competere con le infestanti, tuttavia presenta esigenze ridotte in virtù della sua capacità azotofissatrice che la rende una perfetta candidata nella rotazione con colture quali il frumento. Questo ultimo aspetto ha una rilevanza determinante per l’agricoltura biologica in cui la rotazione è pratica imprescindibile per il mantenimento di una buona fertilità del terreno e per il controllo di infestanti e malattie. Inoltre, appare sempre più evidente come un altro compito dell’agricoltura biologica sia quello di promuovere la diversità sia nei campi che in tavola, andando a riscoprire colture e prodotti abbandonati nel periodo della “modernizzazione” agricola ma cruciali alleati per la salute.
È in questo contesto che, insieme ai miei colleghi della Scuola Superiore Sant’Anna e a molti sostenitori che mi hanno aiutata e mi aiutano in questo progetto, dal 2018 studio le differenze tra diverse varietà ed ecotipi di lenticchia nel tentativo di divulgare l’importanza dell’identità genetica di questa coltura.
Questa sperimentazione rientra all’interno del progetto LEGVALUE che è finanziato dall’Unione europea e si occupa di valorizzare le leguminose da granella in diversi paesi europei grazie a programmi di ricerca non solo di tipo genetico e agronomico, ma anche di tipo economico studiandone il mercato ed il loro utilizzo.
La ricerca che sto conducendo è partita dalla valutazione delle potenzialità colturali di un centinaio di varietà locali italiane di lenticchia – tra cui la lenticchia di Calasetta, di Villalba, di Ventotene, di Ustica, di Linosa, di Pantelleria, di Onano, di Viggiano, di Castelluccio – reperite presso agricoltori sparsi sulla penisola, grazie anche all’intervento della Casa delle Sementi di Rete Semi Rurali, e presso alcune banche del seme tra cui CNR di Bari, IPK, ARSIAL, Università di Perugia, Università di Palermo. Il lavoro di studio degli ecotipi italiani è iniziato con una caratterizzazione fenotipica, volta a classificare il materiale in base ad alcuni aspetti quali la grandezza del seme (microsperma ovvero a seme piccolo e macrosperma ovvero a seme grande), l’altezza della pianta, la tendenza ad allettare, la produttività in granella, la quantità di biomassa della pianta, la sensibilità ai patogeni e il contenuto in azoto. Questa caratterizzazione è stata poi accompagnata da una valutazione partecipata di agricoltori, tecnici e studenti per raccogliere le diverse impressioni e valutazioni sulla collezione in campo e suggerire linee di ricerca specifiche con un’attenzione anche alla commercializzazione. Si prevede di concludere il lavoro di caratterizzazione con un’analisi genetica del materiale per poter comprendere più a fondo la natura delle differenze fenotipiche e quindi la loro riproducibilità, oltre che individuare le parentele e le similitudini delle moltissime varietà locali che si coltivano su piccole superfici.
Giornata di valutazione in campo delle parcelle di varietà italiane di lenticchia, Scuola Superiore Sant’Anna, San Piero a Grado, 4 luglio 2019 # E. Lorenzetti/SSSA
Un altro filone fondamentale di questa ricerca è la valutazione della risposta della lenticchia alla tecnica colturale della miscela varietale. Le varietà locali italiane che stiamo studiando e caratterizzando saranno oggetto di un ulteriore esperimento per osservarle non più come coltura pura, bensì come miscugli e provare a capire se migliorano le loro performance quando sono mischiate insieme nello stesso campo. Il prossimo anno, quando il materiale sarà in quantità sufficiente, costituiremo diversi tipi di miscele scegliendo le lenticchie in base alle loro caratteristiche morfologiche (microsperme e macrosperme, precocità e tardività, ecc..), ai punteggi ricevuti rispetto a differenti tipologie colturali (coltura pura e consociazione) ma anche alle prove di cottura. Quest’anno abbiamo intanto testato delle miscele di varietà commerciali. Quattro tipi di lenticchie microsperme – 2 selezionate e vendute nel centro Italia, la Screziata gialla e la Robin; 2 selezionate e vendute nel sud Italia, la nera e la Turca – sono state coltivate insieme, in diverse combinazioni, per valutarne la produttività, la nodulazione, la risposta alle infestanti, la biomassa e il contenuto in Azoto.
A causa delle limitazioni dovute alla pandemia, quest’anno non siamo stati nella condizione di svolgere le giornate di campo per la valutazione partecipativa e gli approfondimenti sui dati raccolti fino ad oggi. Tuttavia, abbiamo provato a raccontare il nostro lavoro in due brevi video che potete trovare sul canale Youtube della Scuola Superiore Sant’Anna (www.youtube.com/user/ScuolaSantanna/videos). Il primo, dal titolo Miscugli varietali: una prova LEGVALUE sulle lenticchie italiane, racconta la prova sulle miscele varietali. Il secondo, dal titolo Varietà di lenticchie italiane: una prova LEGVALUE sulla biodiversità in campo, mostra la collezione in campo delle varietà locali di lenticchia.
# Elisa Lorenzetti
Dottoranda al gruppo di Agroecologia,
Istituto di Scienze della Vita, Scuola Superiore Sant’Anna
Conservano i semi e li distribuiscono alle comunità: sono un presidio collettivo di innovazione locale oltre il mercato. Seconda parte
di Riccardo Bocci – Tratto da Altreconomia 227 – Giugno 2020
Se aveste necessità di cercare varietà di piante particolari non disponibili sul mercato delle sementi, come abbiamo visto nella rubrica scorsa, ecco che finireste per imbattervi in quelle che definiamo Case delle sementi. Iniziative collettive di conservazione, stoccaggio e redistribuzione delle sementi con l’obiettivo di rendere accessibile la biodiversità agricola, supplendo così al fallimento del meccanismo basato sul mercato. Le radici di questi processi sono duplici. Da un lato sono profondamente legate ai Paesi del Sud del mondo e alle pratiche di sviluppo agricolo alternative attuate e sostenute da diverse organizzazioni non governative. Ricordiamo in particolare l’Etiopia, dove nel 1989 le community seed banks sono diventate uno strumento per ricostruire i sistemi sementieri locali dopo la carestia. Dall’altro, le radici si possono ritrovare nei movimenti di seed savers nati nei Paesi industrializzati in cui la società civile si organizza per conservare e diffondere la diversità che sta scomparendo dai sistemi agricoli moderni. Nel 1975 nasce la prima associazione negli Stati Uniti e nel 1986 viene creata l’Australian Seed Savers da Michel e Jude Fanton: si tratta in questi casi di nuove comunità di pratiche tra persone distanti anche centinaia di chilometri.
Oggi esperienze di questo tipo vanno dalle sementi mantenute a livello locale da comunità rurali, alle collezioni gestite attraverso associazioni come Rete Semi Rurali o Seed Vicious in Italia, Pro Specie Rara in Svizzera e Arche Noah in Austria. Se allarghiamo lo sguardo a tutta l’Europa scopriamo che esistono circa 80 iniziative mappate come Case delle sementi (communityseedbanks.org), a testimonianza di un interesse crescente per l’agrobiodiversità. Nella maggior parte dei casi queste realtà prevedono una vera e propria “casa” fisica dove la semente è conservata e da cui è distribuita ai membri della comunità.
In altri casi non esiste un vero e proprio centro operativo ma lo sforzo di conservazione è diffuso in orti, giardini e campi dei singoli membri della comunità. Benché con differenze anche notevoli da caso a caso, l’organizzazione di una Casa delle sementi segue alcuni passaggi comuni. Le operazioni di routine comprendono la tenuta di un registro di entrata-uscita, la pulizia e il monitoraggio dello stato di salute del seme. I sistemi di stoccaggio sono i più vari, secondo la coltura, il clima, le tradizioni locali e le disponibilità tecnologiche ed economiche: il controllo di temperatura e umidità può essere garantito dalla coibentazione naturale, da semplici ventilatori o da deumidificatori. Il seme può essere conservato in vasi di terracotta o barattoli di vetro, a volte trattato con conservanti tradizionali come peperoncino, cenere o polveri a base di rame. La distribuzione delle sementi segue le regole determinate dalle strutture sociali che le gestiscono.
Nel tempo le Case delle sementi stanno diventando anche attori importanti per pratiche di educazione, formazione e ricerca: non più luoghi solo di conservazione ma di produzione di conoscenza e innovazione a livello locale. La natura locale, collettiva e spesso “informale” delle Case delle sementi le colloca in un territorio di nessuno, esterno al mercato e non assimilabile alle strutture pubbliche di conservazione delle sementi ex situ. Un territorio che le politiche pubbliche, purtroppo, ancora non hanno cominciato ad esplorare.
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