Quello che 10 anni fa era solo sulla carta oggi è in campo come dimostra il progetto Breed4Bio
Era il 2011 e stavo seguendo il progetto SOLIBAM (www.solibam.eu/) per conto di AIAB. Stavamo lavorando con ICARDA alla diffusione delle prime popolazioni di cereali in Italia, ma allo stesso tempo stavo seguendo il negoziato a Bruxelles sulla legislazione sementiera. Mi trovavo perciò alla riunione del gruppo sementi del Consiglio europeo per presentare il lavoro che stavamo facendo e l’importanza di avere maggiore diversità nelle varietà di cereali in biologico. La questione non era peregrina: il progetto SOLIBAM stava sviluppando con soldi europei delle varietà diversificate che ancora non era possibile commercializzare come sementi perché non uniformi. Un corto circuito tra ricerca e legislazione che era necessario risolvere. Non ero solo a portare avanti questa battaglia, ero in compagnia di Martin Wolfe, ricercatore inglese dell’Organic Research Center (ORC), e Monika Messmer, ricercatrice svizzera del FIBL. Ricordo l’interesse di alcuni stati membri, in particolare l’Inghilterra, ma anche la difficoltà di far capire di cosa stessimo parlando. La diversità varietale, infatti, era scomparsa ormai da anni dalle politiche agricole europee e anche dai campi degli agricoltori, era come di un oggetto quasi sconosciuto. Riproporla, allora, a un pubblico composto da funzionari dediti all’uniformità varietale era come vantare la bontà di una bistecca a un incontro di vegani: un orrore!
Eppure, quella riunione ha partorito un germe che si è insinuato nei meandri della burocrazia europea, tanto che le popolazioni avevano trovato un loro spazio legale nella proposta di regolamento sementiero fatta dal Parlamento europeo nel 2013. Si parlava allora di Composite Cross Population, perché la maggior parte delle nostre esperienze erano basate su materiale proveniente dall’incrocio di più varietà, con la coltivazione successiva in bulk di tutte le progenie. Il miglioramento genetico evolutivo stava cominciando ad attecchire in Europa. Quella proposta è stata poi bocciata dal Parlamento europeo, ma grazie all’Inghilterra che finanziava parte delle ricerche sulle popolazioni dell’ORC, la Commissione ha emesso nel 2014 una Decisione che autorizzava in maniera sperimentale la commercializzazione delle sementi delle popolazioni di cereali (Decisione 2014/150). L’obiettivo era evidente: il tema sembra interessante, ma ne sappiamo troppo poco, quindi via libera agli operatori per capire i problemi nel realizzare un sistema di produzione sementiero basato sulla diversità. Nel frattempo, con Rete Semi Rurali in Italia avevamo cominciato a fare un lavoro più organizzato sulle popolazioni ricevute dall’ICARDA, grazie al supporto del nuovo progetto di ricerca europea, DIVERSIFOOD (http://www.diversifood.eu/), che aveva preso il posto di SOLIBAM. Un altro momento cruciale di questo percorso è stato nel 2017, quando la Commissione ha cominciato a valutare i risultati della sperimentazione sulle popolazioni per capire come andare avanti. Anche in questo caso, ricordo una riunione a Bruxelles dove insieme ad Ambrogio Costanzo, ricercatore italiano allora in forze all’ORC, abbiamo presentato i nostri risultati difendendo l’importanza di coltivare diversità in biologico, in controtendenza rispetto ai dati ufficiali che provenivano dai campi sperimentali dei vari ministeri.
Le popolazioni entrano in Europa con il progetto SOLIBAM per poi passare a DIVERSIFOOD
Quella riunione ha portato la Commissione a rinnovare la sperimentazione (Decisione 2018/1519/UE), garantendo in Italia la possibilità di cominciare a commercializzare la semente che avevamo selezionato nelle aziende Li Rosi (Sicilia) e Floriddia (Toscana). Da allora le popolazioni di cereali hanno cominciato a diffondersi e altri attori hanno notificato questo materiale per la commercializzazione, come si vede dalla tabella 1, che presenta anche i soggetti accreditati per la vendita. Nel 2018 il nuovo regolamento sull’agricoltura biologica ha raccolto il testimone, coniando il termine Materiale Eterogeneo Biologico (MEB), che va a sostituire le popolazioni.
I risultati di Breed4Bio
In questi anni come Rete Semi Rurali abbiamo cercato di diffondere l’innovazione legata alle popolazioni nelle varie regioni, grazie a progetti dei Piani di Sviluppo Rurali legati alle misure 16.1 o 16.2 dedicate ai partenariati europei sull’innovazione. In Emilia-Romagna il progetto Breed4Bio (www.gobreedforbio.it) ha lavorato per due anni per migliorare la qualità delle filiere sementiere di tre popolazioni di frumento tenero (Furat Floriddia, Mix Toscana 1 e Mix Toscana PA1) coltivate presso tre aziende agricole dell’appennino emiliano-romagnolo. Le produzioni sono state di 2,4 t/ha, in linea con le produzioni medie della zona per due aziende agricole su tre, con proteine medie pari a 12,7 g/100 g sostanza secca e peso ettolitrico medio buono, pari a 79,2 kg/hl. Dai risultati si osserva un’efficacia della lavorazione del seme in termini di purezza specifica, con valori pari al 100% per tutti i campioni. La determinazione del numero di semi estranei, appartenenti a specie diverse spontanee e coltivate, ha mostrato che la lavorazione del seme è efficace per ridurre il loro numero, anche se alcune specie come orzo, frumento duro, segale e veccia tendono a persistere anche dopo la lavorazione.
I dati di Breed4Bio confermano che è possibile produrre semente di qualità con le popolazioni
In campo si dovrà dunque porre particolare attenzione alla loro presenza. La semente di popolazioni è eterogenea per dimensioni e forma; i processi di pulizia sono stati dunque adattati mediante una corretta taratura delle macchine. Per verificare che la lavorazione del seme non avesse influito sulla composizione della popolazione, i due campioni prelevati per ogni popolazione e azienda (seme in natura e dopo lavorazione) sono stati seminati nell’annata agraria 2021/22 nell’azienda sperimentale del CREA DC presso Budrio (BO). In base ai rilievi effettuati, la lavorazione non ha comportato perdite importanti di diversità. Infine, tutte le popolazioni hanno avuto una percentuale di germinabilità entro i limiti di legge (85%) e, dopo la lavorazione del seme, tale dato è migliorato.