
La biodiversità come pratica scientifica e politica
A molti il nome di Marcello Buiatti (1938 – 2020) non dirà molto, anche se ha avuto un impatto fondamentale nella costruzione delle relazioni tra scienza e politica in Italia. Genetista e teorico dell’evoluzionismo noto in tutto il mondo per i suoi contributi di biologia teorica, Buiatti si era laureato in Scienze Agrarie all’Università di Pisa e si era specializzato presso la Scuola di Genetica allora da poco creata da Buzzati Traverso all’Università di Pavia negli anni ’60.
Dopo i soggiorni all’estero, presso l’University of Swansea e il Brookhaven National Laboratory, è stato ricercatore del CNR a Pisa e successivamente dal 1981 fino al suo ritiro nel 2010 professore ordinario di genetica all’Università di Firenze. Scienziato di fama mondiale è considerato uno dei
fondatori dell’ambientalismo scientifico contrastando con il suo pensiero e le sue opere, quella cultura e ideologia che vuole l’economia dominare sulle leggi di natura. Le crisi climatiche ne sono un formidabile esempio recente.
Al di là della sua vasta produzione scientifica, con oltre 200 pubblicazioni in gran parte su riviste e in volumi internazionali, Buiatti è stato socio di Legambiente e di Ambiente e Lavoro, con cui ha svolto sempre attività di divulgazione scientifica espressa in modo rigoroso e preciso, come nel 2004 quando il Ministro Moratti cercò di escludere l’evoluzionismo dai programmi ministeriali. Buiatti fu in prima linea a denunciare la stupidità di un tale provvedimento e riuscì con altri a rovesciare quell’azione oscurantista. Lo stesso impegno lo mise, pochi dopo, nella lotta agli OGM.
Il suo approccio alla genetica è sempre stato vissuto e raccontato come uno studio interdisciplinare, in dialogo con le discipline umanistiche, l’epistemologia e la società su cui le pratiche scientifiche incidono. Le sue ampie vedute hanno contribuito a fondare una nuova visione delle scienze biologiche e della biodiversità. Quel “benevolo disordine” era il suo modo per definire la vita e il suo amore per essa, per le infinite vite così differenziate e imprevedibili che aveva studiato per decenni.
La frase attribuitagli più spesso è “siamo vivi per diversi” e questa diversità era stata uno dei frutti più belli che aveva colto nel corso della sua vita. Dall’associazionismo ambientalista e scientifico, che aveva contributo a fondare, alla Scienza con la s maiuscola, alla politica Buiatti si è sempre speso con entusiasmo e passione per contrastare il riduzionismo scientifico e la perdita di biodiversità da lui sempre contrastata, a partire dal suo ruolo di professore universitario.
Nell’infanzia aveva conosciuto le leggi razziali e il rischio di venire deportato sotto il regime fascista perché di madre ebraica. Un’esperienza che lo aveva segnato profondamente trasformandolo in una persona dolce, affabile e sincera, coinvolta attivamente anche nell’associazionismo tanto da diventare presidente dell’ANPI di Pisa ed estensore del Manifesto Antirazzista di San Rossore nel 2008. Vale la pena soffermarsi un attimo su questo manifesto che si apre con un proclama chiaro e inequivocabile: “Le razze umane non esistono. L’esistenza delle razze umane è un’astrazione derivante da una cattiva interpretazione di piccole differenze fisiche fra persone, percepite dai nostri sensi, erroneamente associate a differenze psicologiche e interpretate sulla base di pregiudizi secolari”.
Una chiarezza estrema che oggi sembra dimenticata e superata da un’involuzione pericolosa e perversa alla quale non avremmo voluto mai assistere.