La lunga avventura dei distretti biologici tra leggi e pratiche

Mag 10, 2023 | Articoli, Seminare il cambiamento

di Riccardo Bocci | Rete Semi Rurali

Uno dei prodotti concreti della nuova legge nazionale sull’agricoltura biologica (n. 23/2022) è la definizione dei distretti biologici.

L’idea dell’applicazione del concetto di distretto territoriale al mondo agricolo e rurale non è nuova, già la legge 228/2001 su “Orientamento e modernizzazione del settore agricolo” aveva definito, modificando la legge 317/1991 che istituiva i distretti industriali, come distretti rurali “i sistemi produttivi locali caratterizzati da un’identità storica e territoriale omogenea derivante dall’integrazione fra attività agricole e altre attività locali, nonché dalla produzione di beni o servizi di particolare specificità, coerenti con le tradizioni e le vocazioni naturali e territoriali”.

La stessa legge prevedeva la possibilità di creare distretti alimentari di qualità, legati a produzioni alimentari certificate. Nel 2017, la legge 205 sul Bilancio di previsione dello Stato fa un passo ulteriore nell’applicazione del concetto di distretto al mondo agricolo, istituendo all’articolo 13 i distretti del cibo, che incorporano i distretti rurali, ma anche i biodistretti o distretti biologici definiti come “territori per i quali agricoltori biologici, trasformatori, associazioni di consumatori o enti locali abbiano stipulato e sottoscritto protocolli per la diffusione del metodo biologico di coltivazione, per la sua divulgazione nonché per il sostegno e la valorizzazione della gestione sostenibile anche di attività diverse dall’agricoltura.

Nelle Regioni che abbiano adottato una normativa specifica in materia di biodistretti o distretti biologici si applicano le definizioni stabilite dalla medesima normativa”.

Sul sito del Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste (MASAF) si può scaricare l’elenco completo di tutti i distretti del cibo registrati in ogni Regione, da cui si evince la presenza di una pletora di denominazioni: distretti rurali, distretti agroalimentari di qualità, distretti del cibo, biodistretti, strade, comunità del cibo. Infatti, dobbiamo segnalare che nel 2014 viene approvata la legge 194, Disposizioni per la tutela e la valorizzazione della biodiversità di interesse agricolo e alimentare, che aggiunge ai distretti le Comunità del cibo, ulteriore possibilità di associare agricoltori e altre realtà a livello locale.

Al primo posto della competizione tra Regioni troviamo la Toscana con 39 registrazioni, seguita da Calabria (29) e Campania (23). Si passa da distretti legati a filiere produttive ben riconoscibili, a realtà come il Distretto Biologico delle Marche, dove il confine è tutta l’area regionale.

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Alla fine, in questo turbinio di nomi, in cui ogni Regione applica una propria strategia di aggregazione sociale e territoriale, non si capisce se la diversità è sintomo di una reale necessità locale di nuove forme di programmazione e gestione dei territori, o se è semplicemente una riaggregazione delle solite forze in cerca di possibili contributi. In altre parole: siamo in presenza di un nuovo rinascimento rurale o si tratta di una nuova retorica e narrazione dell’ennesimo marketing territoriale, svuotata di ogni potere realmente innovativo e trasformativo dei sistemi agroalimentari? Difficile oggi dare una risposta a un mondo così variegato e poco conosciuto.

Nel frattempo, in attesa della legge sul bio, alcune regioni hanno iniziato a produrre normative per specificare criteri e requisiti per costituire un distretto biologico, prevedendo, in questo caso, la necessità del riconoscimento da parte dell’ente regionale stesso.

Molti sono oggi i biodistretti organizzati dalla società civile, non formalmente costituiti ma di fatto attivi, anche se non riconosciuti dalle Regioni

Ad oggi Lazio, Toscana, Marche e Liguria hanno specifiche normative regionali, che resteranno in vigore anche con l’entrata in vigore del decreto ministeriale 28 dicembre 2022, Determinazione dei requisiti e delle condizioni per la costituzione dei distretti biologici, pubblicato in Gazzetta ufficiale il 24 febbraio 2023. Vediamo cosa prevede. Intanto, per fare un distretto biologico servirà un comitato promotore che deve dotarsi di un protocollo dove descrivere i soggetti coinvolti, l’ambito geografico, le attività partecipative previste e il soggetto gestore. Il comitato sarà responsabile dell’inoltro della domanda ufficiale alla regione. Nel consiglio direttivo del distretto dovrà esserci almeno il 51% di agricoltori biologici, ma la partecipazione è aperta a soggetti sia pubblici che privati. A differenza di quanto previsto in alcune Regioni, la partecipazione degli enti locali è facoltativa. Interessante sottolineare che i distretti biologici possono promuovere la costituzione di gruppi di operatori con l’obiettivo di realizzare forme di certificazione di gruppo.

Se il lato delle produzioni biologiche è uno degli obiettivi principali di questi distretti, non va dimenticato che la legge 23 prevede di promuovere e realizzare progetti di ricerca partecipata con le aziende e la diffusione delle pratiche innovative.

 In questo contesto istituzionale e legislativo, va segnalato che, già dal 2015, la società civile ha cominciato a praticare i biodistretti, creando associazioni locali mappate nel sito biodistretto.net che al 2022 riporta la presenza di 50 biodistretti formalmente costituiti. Di sicuro, però, molti di questi non sono riconosciuti dalle Regioni, ma dovranno diventarlo per poter accedere ai bandi che si prevede usciranno entro l’anno.

Notiziaro 33

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