di Simona Bonelli, Michele Salvan – Zoolab – Università degli Studi di Torino
La conservazione della biodiversità ha bisogno di un sostanziale cambiamento dell’attuale agricoltura. Questo apprendiamo leggendo la Strategia Europea Biodiversità 2030, documento pubblicato nel maggio 2021 dalla Commissione Europea che aggiorna e fissa nuovi e ambiziosi traguardi rispetto a quella nel 2010.
La Strategia, che indirizza politiche e risorse per il prossimo decennio, ha espressamente richiesto di destinare forze agli insetti impollinatori suggerendo diverse azioni da intraprendere, considerando, per la prima volta, gli invertebrati come una priorità. Dal 2018, infatti, api, bombi, farfalle, falene e altri insetti sono già al centro dell’attenzione grazie all’Iniziativa UE a favore degli impollinatori. L’iniziativa si è aperta con una consultazione pubblica e sorprendentemente il 94% delle persone che ha risposto ritiene allarmante il declino degli impollinatori. Sottrazione di habitat, monocolture estese, ma anche riforestazione quale conseguenza della naturale successione ecologica, urbanizzazione e poi più di recente cambiamenti climatici, tutti questi processi modificano, a volte anche di poco, l’habitat dove le piante nutrici crescono e dove si può compiere il loro ciclo biologico, con un impatto sulle comunità degli insetti. Numerose sono, ormai, le pubblicazioni che dimostrano come anche lievi modificazioni delle comunità vegetali si trasformano in modificazioni delle comunità di lepidotteri. La diversificazione delle prime si riflette nella complessità delle seconde. La riduzione o la scomparsa di piante erbacee e arbustive compromette alcune specie di farfalle e in particolare le specie monofaghe o oligofaghe. Questo dato è ben chiaro dalla lettura dell’European Grassland Butterfly Indicator, che riporta dal 1990 l’andamento nel tempo di 17 specie di farfalle comuni e ben distribuite in Europa. Il declino di queste specie legate agli ambienti aperti è continuo ed è pari al 30%. I lepidotteri sono gli unici impollinatori per i quali abbiamo la valutazione del declino a livello europeo grazie alla rete di monitoraggio europea che ha una buona copertura del continente. Le principali cause di declino sono legate a sottrazione di habitat, intensificazione dell’agricoltura e quindi uso dei pesticidi, nonché urbanizzazione e cambiamenti climatici con conseguente ingresso di specie aliene.
Strategie Biodiversità EU 2020 2030: una comparazione
Se confrontiamo gli obiettivi al 2020 con quelli al 2030 notiamo subito come i primi sfioravano appena l’agricoltura e non ne mettevano in discussione la sostanza. Gli obiettivi al 2030 sono, invece, molto chiari e presentano delle sfide difficili per il mondo agricolo promuovendo una sua diversificazione a livello non solo di campo o di azienda, ma di territorio, creando un mosaico di ambienti ricchi di biodiversità.
La Strategia per la Biodiversità al 2020 aveva come obiettivo una più diffusa implementazione e omogeneità delle pratiche di tutela ambientale tra Stati membri, con un approccio globalmente molto incentrato sulla tutela delle singole specie, vegetali, animali e degli habitat. Non erano previsti, infatti, impegni ulteriori e vincolanti per gli Stati membri, né fondi dedicati alla tutela di habitat e specie protette o al contrasto alle specie alloctone. Anche il legame con l’attività e il mondo agricolo era molto indiretto e poco responsabilizzante nei confronti degli agricoltori. Ad esempio, non vi erano norme specifiche sull’uso di fitofarmaci o antibiotici. Unici aspetti innovativi erano l’istituzione dei Piani di Gestione Forestale, il ripristino del 15 % degli ecosistemi degradati tramite infrastrutture verdi, nonché la tutela dei prati permanenti, l’obbligo di diversificazione colturale, il 5 % di aree come Ecological Focus Area e le misure specifiche per agricoltura biologica e conservativa, introdotte però successivamente dalla PAC 2013-2020.

La nuova Strategia al 2030 si è posta obiettivi più ambiziosi e stringenti, mirando ad un coinvolgimento più diretto e attivo del mondo agricolo. Con la Strategia per Biodiversità per la prima volta la Commissione esplicita chiaramente che la conservazione della biodiversità richiede una trasformazione profonda delle pratiche agricole.
Notevoli i nuovi fondi stanziati: 20 miliardi all’anno dedicati alla tutela della biodiversità e 10 miliardi aggiuntivi per la valorizzazione del capitale naturale e dell’economia circolare. Si è anche proposto di calcolare il capitale naturale e di biodiversità nel capitale delle aziende.
La Strategia, quindi, interviene direttamente nelle pratiche delle aziende agricole con obblighi importanti, dettagliati e cogenti: ridurre la quantità di fertilizzanti del 20% e la perdita di nutrienti del 50%, ridurre del 50% l’uso di antibiotici in ambito zootecnico. Si prevede, inoltre, la tutela degli impollinatori per arrestarne il declino (anche tramite valutazione e monitoraggio diretti), ponendo al bando alcuni fitofarmaci, o aggiungendo il divieto del loro utilizzo nelle aree sensibili (ad esempio aree urbane). Rispetto all’agricoltura la Strategia prevede di arrivare al 25 % di superficie agricola ad agricoltura biologica e al 10% a paesaggi a elevata diversità. Grandi novità anche nell’ambito forestale e degli ecosistemi fluviali con la tutela specifica per le foreste primarie, la piantumazione di 3 miliardi di alberi e il ripristino di 25 000 km di fiumi allo stato di deflusso libero. Riguardo, infine, la tutela delle specie animali e vegetali più minacciate sono state proposte misure per la riduzione delle catture accidentali e si sono poste soglie rigide per la riduzione delle specie alloctone.
Come si vede l’Unione Europea ha fissato obiettivi concreti da raggiungere, non solo chiacchiere, ma resta un dettaglio non da poco per capire se questa sfida potrà essere vinta: l’agricoltura sa che la biodiversità ha bisogno di un suo cambiamento profondo?