Cambiamo agricoltura!

Mag 2, 2022 | Articoli, Seminare il cambiamento

Il contributo della società civile sulla riforma della PAC

di Federica Luoni – Resp. Agricoltura Lipu, Coalizione Cambiamo Agricoltura

Dal 2017 un gruppo di 80 associazioni Italiane, unite ai coordinamenti Europei si batte per dare un futuro diverso all’Agricoltura Europea a partire dalla riforma della Politica Agricola Comune.

Era il maggio 2017 quando le associazioni di tutta Europa annunciavano che oltre 320.000 cittadini, di 28 paesi europei, avevano partecipato alla consultazione pubblica indetta dalla Commissione europea sul futuro della Politica Agricola Comune, la cosiddetta PAC, chiedendo a gran voce un’agricoltura diversa, attenta all’ambiente, alla salute e alla giustizia sociale.

A mobilitare i cittadini nei mesi precedenti a questo risultato si mossero in tutta Europa numerose associazioni convinte, a ragione, che “l’unione avrebbe fatto la forza”. Su questo principio in Italia Legambiente, Lipu, WWF e FAI crearono il primo nucleo della Coalizione Cambiamo Agricoltura. In poco tempo si unirono a loro le associazioni dell’Agricoltura Biologica e Biodinamica e altre associazioni per la tutela dell’ambiente e della salute dei cittadini. Da allora la Coalizione ha raggiunto oltre 80 sigle aderenti e oggi il suo coordinamento è garantito da un tavolo di 14 membri (ACU, AIDA, AIAB, AIAPP, Associazione Italiana Biodinamica, CIWF, FederBio, ISDE, Legambiente, Lipu, Pro Natura, Rete Semi Rurali, Slow Food e WWF).
Ma perché tanta mobilitazione per cambiare una politica europea? Per capirlo occorre fare un passo indietro e guardare a cos’è la PAC e quali conseguenze ha avuto sul nostro continente.

La PAC, prima tra le Politiche Europee (quest’anno compie 60 anni), fu ideata per incentivare la produzione, tenere bassi i prezzi e spostare manodopera dalle campagne alle industrie in un’Europa post bellica. Questo modello fece presto pagare il suo prezzo con squilibri in termini economici, sociali e ambientali: accumuli di prodotti, instabilità dei mercati e della tenuta finanziaria dell’Europa, scomparsa delle piccole aziende e accumulo di terre e dei relativi sussidi nelle mani di pochi.

Uno degli effetti più negativi è stato, però, la sostanziale perdita di biodiversità a tutti i livelli: a scala del singolo campo, con coltivazioni monovarietali, a scala di azienda, con una solo coltura prevalente, a scala di paesaggio, con la perdita delle aree naturali e degli elementi tradizionali del paesaggio. Questo fenomeno di banalizzazione è stato accompagnato dall’immissione nel suolo, nelle acque e nell’aria di agenti inquinanti e dalla progressiva perdita di sostanza organica dei suoli.
L’insostenibilità di questo modello, a partire dagli anni ‘90, hanno spinto l’Europa ad apportare modifiche ai regolamenti delle programmazioni settennali della PAC.

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I dati ambientali e sociali hanno, però, mostrato l’insuccesso di tali riforme: ancora oggi il 20% dei beneficiari riceve l’80% dei fondi, 1/3 degli agricoltori ha abbandonato l’attività nel giro di 10 anni, dal 2000 il 56% degli uccelli delle aree agricole sono scomparsi così come il 30% delle farfalle, il 14% dei campioni delle acque di falda è inquinato in modo serio, ¼ delle emissioni di gas climalteranti viene dall’agricoltura e questa percentuale è in continuo aumento. Da qui la speranza che la programmazione 2021-2027, lanciata proprio dalla Consultazione del 2017, portasse finalmente ad una PAC davvero verde ed equa, secondo il principio di soldi pubblici per beni pubblici.

La Commissione, però, ha ignorato l’appello dei cittadini, presentando il 1° giugno 2018 una proposta apparsa subito non all’altezza delle sfide ambientali e sociali. Nonostante, in teoria, i regolamenti identifichino 9 obiettivi per la PAC post 2020, ognuno per i 3 pilastri della sostenibilità (economica, ambientale e sociale), non altrettante regole erano presenti per assicurarne il pieno raggiungimento.

Per questo la Coalizione Cambiamo Agricoltura è tornata a mobilitarsi attraverso convegni, eventi pubblici, campagne social e documenti tecnici allo scopo di spingere il Parlamento e il Consiglio Europeo a presentare emendamenti migliorativi. Tutto questo in concerto con le associazioni di tutta Europa, anche grazie al prezioso coordinamento del network da parte di GoodFoodGoodFarming.
Nel frattempo, a causa dei ritardi accumulati, la programmazione 2014-2020 è stata prorogata posticipandone l’entrata in vigore al 2023.

Un segnale incoraggiante è arrivato nel maggio 2020 con l’emanazione da parte della Nuova Commissione, guidata da Ursula Von der Leyen, delle Strategie Europee Biodiversità 2030 e Farm to Fork, contenenti ambiziosi obiettivi per l’agricoltura Europea: dimezzare l’uso e il rischio dei pesticidi, dimezzare l’uso di antibiotici e ridurre del 20% i fertilizzanti, portare ad almeno il 25% le terre coltivate a biologico, restituire il 10% delle aree agricole alla natura.
Speranza presto delusa dagli emendamenti alle Strategie proposte usciti dalle decisioni del Consiglio e dal voto del Parlamento, e confermati poi dal cosiddetto Trilogo, ossia il processo di concertazione tra Commissione, Parlamento e Consiglio, che ha portato a giugno del 2021 al testo finale dei regolamenti (approvati in via definitiva lo scorso novembre).
Una delle novità sostanziali è che gli stati Membri sono stati chiamati ad approntare un nuovo documento, il Piano Nazionale Strategico (PSN), in cui declinare tutti gli aspetti della politica agricola: dai pagamenti di sostegno al reddito, all’individuazione di quali settori possono beneficiare di pagamenti accoppiati, fino agli interventi dello sviluppo rurale, che dovranno essere stabiliti a livello nazionale, seppur poi applicati dalle Regioni attraverso i Programmi di Sviluppo Rurale.
Il PSN deve definire anche i contenuti degli ecoschemi, ossia una nuova tipologia di intervento destinata a remunerare quegli agricoltori che mettono in atto azioni a favore del clima e dell’ambiente.
L’Italia ha consegnato alla Commissione lo scorso 31 dicembre la sua proposta di Piano, ancora, purtroppo, molto lontana da quella rivoluzione agroecologica attesa.

Il lavoro della Coalizione Cambiamo Agricoltura non è ancora, quindi, concluso e non terminerà neanche con l’approvazione del Piano Italiano. Continueremo a chiedere “Cambiamo Agricoltura!” per disegnare un futuro agroecologico, giusto per gli agricoltori, i cittadini e l’ambiente, sperando di avere sempre più cittadini al nostro fianco.

Notiziaro 30

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