Le diversità colturali europee sono in pericolo

Dic 7, 2021 | Collaborazioni redazionali

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Per salvare la biodiversità occorre affrancarsi dal paradigma dell’agricoltura industriale. A Bruxelles si sta lavorando a una strategia ad hoc

di Riccardo Bocci – Tratto da Altreconomia 243 – Dicembre 2021

A fine novembre è stata presentata a Bruxelles la proposta per una Strategia per la conservazione e l’uso sostenibile della biodiversità vegetale agricola, elaborata dal Programma cooperativo europeo sulle risorse genetiche vegetali (ecpgr.cgiar.org), una rete di centri di ricerca e banche del germoplasma. Si tratta di un tentativo ambizioso che vuole definire un vero e proprio piano di azione per far fronte a una situazione definita a rischio. Vediamo quali sono i problemi sollevati.

Molte banche europee del germoplasma (conservazione ex situ) non svolgono il loro compito a causa dell’insufficiente coordinamento a livello comunitario e della mancanza di risorse, capacità, infrastrutture e controlli di qualità a livello nazionale. Il cambiamento climatico e lo sfruttamento del territorio stanno minacciando seriamente la biodiversità naturale, tra cui i parentali selvatici delle specie agrarie (conservazione in situ).
Infine l’agrobiodiversità gestita nelle aziende agricole (conservazione on farm) è minacciata dai cambiamenti nell’uso dei terreni agricoli indotti dai sistemi di produzione industriali che sostituiscono le varietà tradizionali e locali con nuove varietà uniformi, così come dalla regolamentazione e dagli ostacoli alla commercializzazione e all’uso di varietà diversificate.

Insomma, la strategia ci racconta che, malgrado la buona volontà di molti attori del settore, le diversità colturali e naturali europee sono in pericolo, non solo come effetto collaterale della modernità ma anche a causa di politiche sbagliate, risorse insufficienti, legislazioni troppo vincolanti e mancanza di coordinamento istituzionale.
Senza un’azione correttiva immediata, la perdita di biodiversità aumenterà, con un impatto negativo sui sistemi agricoli del futuro, perché stiamo compromettendo la nostra capacità di fare miglioramento genetico delle piante agricole.

1950
In quegli anni un virus ha attaccato i campi di orzo negli Stati Uniti. Le piante erano particolarmente vulnerabili all’infezione a causa della loro uniformità.

Non a caso, il genetista Paul Gepts scriveva negli anni Novanta che il miglioramento genetico, così come realizzato negli ultimi 50 anni, taglia alla base l’albero su cui dovrebbe crescere: la diversità. Il motivo è semplice: la ricerca per il modello agricolo industriale usa la diversità per produrre nuove varietà che però sono uniformi, distinte e stabili e quindi nel lungo periodo espelle diversità dai sistemi agricoli. Il successo di questo modello e la sua esportazione su scala planetaria stanno distruggendo quei sistemi agricoli diversificati dove nel tempo si sono evolute le varietà locali, utilizzate come materia prima per il miglioramento genetico stesso. Dove andremo, quindi, a recuperare diversità quando tutta l’agricoltura sarà uniforme e industrializzata? Per visualizzare il problema basta fare un esempio. Negli anni Cinquanta quando l’agricoltura statunitense ha avuto una crisi dovuta a un virus che attaccava le piante di orzo (tutte uguali e uniformi nei campi e quindi molto vulnerabili), la ricerca ha trovato la resistenza a tale malattia nelle varietà locali coltivate in Etiopia. Quando anche questi agricoltori saranno convertiti all’uniformità e acquisteranno tutti gli anni sementi moderne prodotte dalle ditte sementiere, dove andremo a cercare quelle resistenze o quelle caratteristiche necessarie in futuro?

La risposta è evidente: bisogna uscire dal paradigma dominante dell’agricoltura industriale uniforme, diversificando i sistemi agricoli e rimettendo in gioco l’evoluzione della diversità in campo. Non solo per noi oggi, ma per i nostri figli domani.

credits ALTRECONOMIA

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