Sara conduce l’azienda-madre per la MAC Pianura ed è partner del progetto. Dal 2017, primo anno di semina, riproduce in azienda la popolazione evolutiva che è arrivata al suo quinto anno di adattamento. Già dal primo raccolto ha avviato prove di trasformazione e ha introdotto l’utilizzo in etichetta del logo di progetto e di un testo che racconta cosa sono le popolazioni. Le rivolgiamo alcune domande per capire come ha fatto le sue scelte.
Da quando coltivi le popolazioni evolutive che tipo di trasformati hai sperimentato?
Coltivo le popolazioni evolutive da quando, ad un incontro di Rete Semi Rurali, venni a conoscenza del progetto Cereali Resilienti. È stato un “amore a prima vista”. Quello che mi aveva colpito era proprio il concetto di “diversità”, di “mescolanza”, di “forza adattativa”. Idee che sono per me di fondamentale importanza, al di là dell’agricoltura. Negli anni ho già potuto osservare dei cambiamenti nella mia popolazione, delle evoluzioni, anche da un anno all’altro. All’inizio non è stato facile introdurre la farina di popolazione sul mercato. Le persone facevano fatica a capire e preferivano rimanere sul terreno conosciuto. Ma una volta “osato” l’assaggio, molti clienti non l’hanno più abbandonata, sia privati che forni e pizzerie, soprattutto per la panificazione. Quello che colpisce in particolare sono i profumi ed i sapori, diversi da qualsiasi altro impasto. Questo incoraggiamento mi ha spinto a fare altre prove, partendo dalla pastificazione, che mi hanno lasciata piuttosto soddisfatta. E poi si è aperta la grande porta della birra.
Le collaborazioni che hai avviato per le trasformazioni su che basi si fondano?
Le collaborazioni più belle, così mi piace chiamarle perché non sono anonimi “clienti”, sono quelle con persone e realtà con cui condivido valori e approcci. Le più significative, al momento, direi che sono 4: il Birrificio San Gimignano, che con la popolazione produce alcune delle sue birre; la CSA Mondomangione di Siena, che da circa un anno ha avviato un bellissimo progetto di panificazione; il Mulino Parrini, un mulino recuperato e gestito dall’omonima associazione a Sant’Agata in Mugello; la Divina Pizza di Firenze. La farina viene prodotta da Macinazioni Valdichiana di Bettolle, gli esperimenti sulla pasta dal Mulino Val d’Orcia. Sono realtà che hanno la propria unicità e una storia interessante, strettamente legate al nostro territorio, e che mettono alla base del loro lavoro un’attenzione alla qualità, alla socialità, alla costruzione di legami tra le persone, alla bellezza di quello che ci offre la Natura e che le mani dell’uomo sanno trasformare con la coscienza di essere collaboratori di materie vive, che comunicano e che pulsano. Persone che hanno capito che con le popolazioni hanno a che fare con un chicco che ha molto da condividere e da raccontare. Lo stimolo di manipolare una vita che ogni anno sarà diversa, che a seconda del luogo di provenienza sarà diversa, ma anche che sarà diversa a seconda del proprio unico modo di rapportarvisi.
Che prospettive vedi per i trasformati delle popolazioni evolutive?
Credo che le popolazioni siano davvero il grano del domani. Senza nulla togliere alle varietà locali che vanno sempre più recuperate, protette e valorizzate poiché anch’esse sono parte dei nostri territori e della diversità dell’agricoltura. Tuttavia, le popolazioni consentono una versatilità di utilizzo ed un adattamento anche a diversi tipi di trasformazione, oltre ad apportare alla dieta una parte di quella importante varietà di elementi nutrizionali che in gran parte abbiamo smarrito con l’agricoltura industriale. Servono professionisti della trasformazione che abbiano voglia di sperimentare ponendosi in ascolto della materia che manipolano, comprendendo il valore e la vitalità di ciò che prende forma sotto le loro mani. Le popolazioni evolutive non sono solo grano tenero, sono anche orzo e grano duro, e tante altre coltivazioni seminative e orticole. Trasformarle non è solo produrre un pane, un dolce, una birra, una pasta, una salsa. È prima di tutto comprendere, e poi comunicare a chi si nutre dei prodotti, l’immenso contenuto di significato, di nutrimento, di relazione che le popolazioni racchiudono in sé.