Il punto di vista dei contadini

Dic 30, 2021 | Articoli, Ricerca azione

Dal Coordinamento Europeo La Via Campesina

Dobbiamo trovare una risposta alle sfide attuali delineate nelle strategie Farm to Fork e Biodiversità.

Queste sfide includono l’adattamento ai cambiamenti climatici, l’emancipazione dalla dipendenza da fertilizzanti azotati e pesticidi e il recupero dell’enorme biodiversità coltivata che è stata persa negli ultimi cento anni. Per fare ciò, gli agricoltori europei devono essere in grado di:

  • adattare le colture al proprio territorio e al proprio contesto, selezionando e moltiplicando le sementi prese dai propri campi;
  • scambiare le proprie sementi per rinnovare costantemente la diversità;
  • avere accesso alla diversità delle varietà cosiddette “tradizionali”, selezionate in assenza di input chimici.

I sistemi sementieri contadini sono essenziali per rinnovare la biodiversità: il sistema formale e commerciale è stato in effetti creato estraendo tutte le sue risorse dal sistema informale. La FAO stima che il 75% della biodiversità coltivata è stato perso con l’uso di varietà commerciali omogenee e stabili. Inoltre, l’attuale dematerializzazione delle risorse genetiche causa una perdita incommensurabile di informazioni genetiche non digitalizzabili. Le centinaia di milioni di agricoltori che riproducono i loro semi ogni anno creano molta più diversità di qualche migliaio di ricercatori con attrezzature sofisticate. I numerosi tratti di adattamento poligenico che le piante mostrano di fronte ai cambiamenti climatici non appaiono nelle provette di laboratorio, poiché queste ultime si limitano a selezionare solo alcuni tratti monogenici. Rinnovare costantemente la biodiversità coltivata nei campi in questo modo è essenziale, non solo per consentire l’adattamento alle condizioni di crescita locali e mutevoli, ma anche per ricostituire le riserve di diversità che sono essenziali per la sicurezza alimentare delle generazioni future.

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Incontro ERASMUS Aprentisem, Spagna, 2021

Gli articoli 5, 6 e 9 del Trattato FAO e l’articolo 19 della Dichiarazione delle Nazioni Unite sui diritti dei contadini e delle altre persone che lavorano nelle zone rurali (UNDROP) definiscono i principi giuridici adeguati a queste pratiche e devono essere applicati dall’Unione Europea.

Attualmente, nella UE, i diritti degli agricoltori sulle sementi non sono garantiti. Uno dei principali ostacoli è il fatto che solo le varietà omogenee e stabili possono essere commercializzate. Queste varietà sono selezionate per essere usate in ambienti omogenei e stabili, ma gli ambienti in cui seminiamo sono diversificati e si evolvono costantemente con il clima. Inoltre, sono state selezionate per avere alte rese grazie all’uso di acqua, fertilizzanti chimici e pesticidi. C’è quindi l’obbligo di omogeneizzare e stabilizzare le condizioni di coltivazione di queste varietà. Le sementi disponibili sul mercato costringono gli agricoltori a utilizzare pesticidi, fertilizzanti chimici e a ricorrere sempre più spesso all’irrigazione. Inoltre, queste sementi non sono adatte alle consociazioni, che contribuirebbero a ridurre l’uso di tali input.

APPROFONDIMENTO
Entra nei link per guardare il 7° webinar della serie Seed Policy Dialogues di ECLLD!

– La dichiarazione U.N.D.R.O.P. (United Nations Declaration on the Rights of Peasants)
e il punto di vista di ViaCampesina sulla riforma sementiera.
Con Guy Kastler, ECVC link

– Cos’è la Dichiarazione U.N.D.R.O.P.? Quali diritti hanno i contadini in questo contesto?
Con Christophe Golay, Accademia di Ginevra link

D’altra parte, i sistemi sementieri contadini funzionano adattando le piante al loro ambiente naturale grazie a una selezione costante, anno dopo anno. Questo avviene anche attraverso una gestione dinamica e significa che c’è molto meno bisogno di ricorrere a fertilizzanti, pesticidi, monocolture, irrigazione, meccanizzazione sempre più spinta, ecc. Per essere adattate dagli agricoltori, le piante devono essere in grado di evolvere in base al clima e all’ambiente. La diversità assicura che avranno un raccolto, indipendentemente dall’andamento dell’annata. Lo stesso vale per gli agenti patogeni: la diversità permette la resilienza e garantisce agli agricoltori di avere un raccolto a prescindere dalle diverse pressioni degli agenti patogeni. La commercializzazione di queste sementi diversificate, che permettono di emanciparsi dalle monocolture industriali che usano molti pesticidi, è purtroppo vietata. Inoltre, in molti paesi europei, le leggi e i regolamenti nazionali proibiscono agli agricoltori persino di scambiare tra loro i semi. Tuttavia, dato che, per la loro stessa natura, la maggior parte delle sementi contadine utilizzate ogni anno provengono da aziende agricole, lo scambio di semi tra i contadini è essenziale. Senza di esso, la diversità intra-varietale diminuisce rapidamente e la capacità di resilienza di queste varietà si perde. Inoltre, i contadini che utilizzano molte colture diversificate, per esempio nell’orticoltura, non possono auto-prodursi tutte le sementi ogni anno, anche solo per questioni tecniche di isolamento tra le colture, per cui spesso condividono questo lavoro con i propri vicini.

Oggi, la regolamentazione europea si applica a qualsiasi scambio di semi (commerciale o no) “in vista di uno sfruttamento commerciale”. Alcuni paesi applicano questo regolamento in modo molto rigoroso e vietano lo scambio di semi e quindi la selezione dei contadini. Tuttavia, non proibiscono gli scambi tra selezionatori e/o ricercatori di sementi “in fase di sviluppo” e non registrate nel catalogo. Altri paesi ritengono che lo “sfruttamento commerciale” delle sementi riguardi solo la loro rivendita, o la produzione e la vendita di materiale di propagazione e non la produzione di colture agricole destinate principalmente ai mercati alimentari o ad altri usi (tessile, energetico, ecc.). Questi paesi, come l’Italia, autorizzano quindi lo scambio di sementi tra agricoltori la cui attività principale non è la produzione e la commercializzazione di materiale di riproduzione vegetale ma la produzione agricola. Altri paesi, come la Francia, considerano che gli scambi tra agricoltori di sementi che non appartengono a una varietà protetta da una privativa vegetale non costituiscono commercializzazione (anche se c’è un rimborso dei costi sostenuti per la loro produzione). Questo è piuttosto classificato come aiuto reciproco e non è quindi soggetto ai regolamenti relativi alla commercializzazione del materiale di riproduzione vegetale.

ECVC chiede il riconoscimento giuridico di due sistemi sementieri distinti: quello commerciale (o industriale) e quello contadino, con due regolamenti adattati a ciascuno di questi due. I contadini europei sono infatti sia acquirenti di sementi commerciali che produttori di sementi agricole o contadine. I loro diritti come consumatori e produttori devono quindi essere riconosciuti e fatti rispettare.

// Perché è fallita la precedente riforma?

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Iter della precedente proposta di riforma della legislazione sementiera
Per affrontare il negoziato in corso è utile capire cosa è successo circa 10 anni fa quando la proposta di riforma della legislazione sementiera è naufragata al Parlamento Europeo. Si è trattato di un fallimento doloroso perché ha messo in luce le difficoltà di Bruxelles di negoziare temi delicati con portatori di interessi così diversificati.

Va ricordato, infatti, che la proposta di regolamento sulle sementi, che avrebbe dovuto sostituire le 12 direttive attuali, era frutto di un lungo negoziato in cui la Commissione aveva ascoltato gli attori, i soggetti economici e gli Stati membri, percorso durato 5 anni. Non si trattava, perciò, di un progetto partorito dal nulla, e, infatti, presentava molte novità. Se si leggono i commenti dopo la bocciatura del Parlamento si capisce come tutte le discussioni fatte non siano arrivate, però, a produrre una sorte di base o visione comune tra le varie posizioni.
Infatti, il regolamento è stato bocciato dagli Stati membri che avevano paura di perdere potere con un regolamento in cui molti aspetti sarebbero stati decisi da successivi atti delegati della Commissione (quindi con meno potere dei singoli stati); dalle ditte sementiere e dal mondo agricolo industriale perché le aperture presenti sono state giudicate troppe con il rischio di compromettere tutto il sistema di certificazione e controllo della qualità del seme; e, in ultimo, dal mondo della società civile perché, al contrario, le aperture sono state giudicate insufficienti.

Di tutto quel percorso negoziale è rimasta in piedi solo la parte sulle popolazioni (grazie alla deroga istituita nel 2014), diventate poi materiale eterogeneo nel nuovo regolamento del biologico.

Notiziaro 28

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