La biologa americana scomparsa dieci anni fa ha formulato la teoria della simbiogenesi. Storia di una eretica un po’ hippy che ha rivoluzionato la biologia evoluzionistica
di Marco Boscolo
(1938-2011) Per avere un saggio del carattere di una persona, a volte bastano le parole che sceglie. Quando nel 1994 le chiesero un capitolo per un libro divulgativo, lei lo intitolò “Gaia è un osso duro”. O così è stato tradotto. L’originale era meno politicamente corretto: “Gaia is a Tough Bitch”… Non aveva peli sulla lingua Lynn Margulis, la biologa americana che Richard Dawkins, l’autore de Il gene egoista e suo acerrimo nemico, definiva “apostola della simbiogenesi”. Proprio tra questi due termini, ‘Gaia’ e ‘simbiogenesi’, si è sviluppata la sua carriera scientifica eterodossa, rivoluzionaria e un po’ hippy. Nata a Chicago in una famiglia
ebraica, Lynn Petra Alexander (questo il nome da nubile) si appassiona presto alla biologia, in particolare allo studio degli organismi unicellulari. Termina gli studi proprio mentre si sta consolidando la cosiddetta nuova sintesi darwiniana, ovvero un aggiornamento della teoria dell’evoluzione di Charles Darwin alla luce delle nuove scoperte, il DNA e la genetica.
A partire dalle sue ricerche, che Margulis ricorda per tutta la vita essere rimaste sempre all’interno di una visione evoluzionista, comincia a farsi avanti un’idea originale. La teoria di Darwin sostiene che sono le mutazioni causali a favorire o meno gli esseri: è la selezione naturale a determinare chi sopravvive e ha prole, e chi invece no. Margulis comincia a pensare che per la formazione di nuovi organi, tessuti, comportamenti o metabolismi possa avere un ruolo un altro meccanismo: la simbiosi. Con i suoi studi riesce a dimostrare che non è solamente un’idea eretica: alcuni degli organelli delle cellule eucariotiche di oggi erano un tempo degli organismi indipendenti che sono stati inglobati in una nuova forma di vita simbiotica. Margulis arriva a ipotizzare che sia proprio la simbiogenesi, il meccanismo da lei descritto, a essere il vero motore dell’evoluzione e non, come sostengono Dawkins e gli altri neo-darwinisti, la selezione naturale, che al massimo sfavorisce alcuni tratti, ma non ha la forza di determinarne di nuovi. I suoi avversari la accusano di non credere alle evidenze della scienza e che la sua sia solamente una fede, da apostola appunto. Oggi, dopo che Margulis è stata sempre impegnata a difendere le proprie idee, la simbiogenesi è dimostrata in diverse specie animali e vegetali, e la si insegna in qualsiasi corso di laurea in biologia del mondo.
Dallo studio dell’evoluzione della vita e dalla sua grande passione per conoscere culture diverse nasce anche la sua adesione all’ipotesi di Gaia formulata da James Lovelock. L’idea è in sé abbastanza semplice: la Terra nel suo insieme di flora, fauna e sistemi naturali si può considerare complessivamente un essere vivente essa stessa. Gaia è quindi un sistema complesso, come lo sono i viventi, che reagisce alle perturbazioni cercando di mantenere un equilibrio che permetta di sopravvivere. Mantenere senza alterare questo equilibrio è il compito che ha l’uomo, perché non è dominatore della Terra, ma solamente parte di un condominio che deve essere tutto in salute per permettere anche la sua sopravvivenza come specie. Greg Hinkle, un ex studente di Margulis, ha riassunto l’ipotesi Gaia mostrando quanto sia in armonia con l’idea della simbiogenesi: “Gaia è semplicemente la simbiosi vista dallo spazio”. Accanto alle sue ricerche, Margulis ha avuto anche un’altra grande passione, quella per l’insegnamento. Sono moltissimi gli studenti che ha formato nel corso dei 22 anni di corsi alla Boston University e che hanno contribuito a diffondere le sue idee nelle università di mezzo mondo.