Trasparenti filiere come innovazione delle relazioni nei territori
di Claudio Pozzi e Rachele Stentella – Rete Semi Rurali
“Filigrane – Trasparenti filiere” è un format fortunato che ha permesso negli anni di animare e stimolare il confronto fra gli attori di una filiera in divenire. Nei primi anni duemila, la corsa che ha coinvolto RSR, anche come testimone nelle occasioni di incontro, era finalizzata all’acquisizione dell’indipendenza nella produzione della semente.
“Filigrane – Trasparenti filiere” è un format fortunato che ha permesso negli anni di animare e stimolare il confronto fra gli attori di una filiera in divenire. Nei primi anni duemila, la corsa che ha coinvolto RSR, anche come testimone nelle occasioni di incontro, era finalizzata all’acquisizione dell’indipendenza nella produzione della semente. Il fascino evocato dalle varietà locali, ben presto accomunate dall’infausta denominazione di “grani antichi” era grande. Molte energie sono state dedicate all’esercizio della moltiplicazione delle poche quantità di semi che venivano reintrodotti in modo da favorire:
- individuazione di varietà adatte al contesto in cui venivano coltivate;
- acquisizione di nuove tecniche di preparazione del suolo, semina e raccolta;
- corretto stoccaggio del raccolto nelle singole aziende;
- collaborazione nei processi di pulizia e molitura, grazie a mugnai già organizzati o investendo in competenze e nuove strutture;
- collaborazione nella successiva trasformazione in pane o pasta.
Così, alcuni anni più tardi, i tempi sono sembrati maturi perché i protagonisti dei vari passaggi della filiera si confrontassero per condividere problemi e soluzioni su tre diversi tavoli.
Il primo tavolo è dedicato alla fase che va dalla semina, alla raccolta e allo stoccaggio.
Il secondo tavolo si concentra dalla molitura alla trasformazione nel prodotto finito.
Il terzo, infine, vede il confronto fra i protagonisti sui temi che riguardano la valorizzazione del prodotto, dall’etichetta alla vendita, la quale garantisce equità nella costruzione del prezzo e nella redistribuzione del valore.
Per questo sono invitate tutte le figure coinvolte nelle filiere locali: agricoltori, ricercatori, agronomi, mugnai, pastai e fornai. Senza trascurare il ruolo fondamentale delle persone che, attraverso l’acquisto e il consumo, sostengono economicamente la filiera e confermano la validità delle scelte fatte dalla e per la comunità locale.
Nel febbraio 2023, grazie alle sinergie costruite nel progetto Mixwheat, sono maturati i tempi perché la comunità Siciliana convocasse un tavolo di Filigrane che RSR ha contribuito ad animare: sono momenti di grande crescita umana e culturale!
Per questo articolo si è scelto di focalizzarsi su ciò che è emerso fra i partecipanti al tavolo della valorizzazione. Il primo passo identificato come necessario per “la costruzione dei valori lungo la filiera” è la ricostruzione dell’identità e della consapevolezza per accrescere i saperi e i valori connessi al patrimonio di biodiversità. Questo anche sul piano materiale, organizzando la filiera in modo comunitario, dalla produzione, alla costruzione del prezzo, alla commercializzazione e fino alla logistica, consapevoli che sia i costi di molitura che di trasformazione delle popolazioni evolutive e delle varietà locali, così come i costi di distribuzione, sono superiori a quelli delle varietà commerciali.
Per favorire questo processo di transizione e ricostruzione identitaria, la filiera andrebbe ri-umanizzata costruendo legami di fiducia che vadano oltre l’etichetta. Quest’ultima potrebbe essere ideata in modo da descrivere tutta la filiera per far comprendere al meglio ciò che sta dietro la costruzione del prezzo di un prodotto e facilitare un prezzo sorgente, che tenga conto delle fluttuazioni di mercato o delle variazioni produttive legate al clima.
Affinché i meccanismi concorrenziali non soffochino i piccoli produttori è necessario costituire dei patti di filiera che consentano al meccanismo del prezzo di trasformarsi in valore e soprattutto di mantenere la qualità elevata. La concorrenza costringe ad aumentare le produzioni, causando una perdita di qualità e un maggiore impatto sull’ambiente. I patti di filiera o le organizzazioni in rete invertono questo paradigma e permettono la sopravvivenza delle realtà più piccole grazie a interazioni e sinergie degli attori coinvolti.
È fondamentale che il processo sia accompagnato da una comunicazione genuina e una formazione costante, che consentano di ri-innovare tutte le fasi. La comunicazione dovrebbe restituire valori e non ridursi a mera pubblicità, oltre ad accrescere il senso di appartenenza e di responsabilità in modo che il cittadino si senta parte dell’intero processo.
Andrebbe favorita una formazione dedicata, partendo dalle scuole per arrivare sino agli adulti, che spieghi e valorizzi le peculiarità delle popolazioni evolutive in tutti i suoi aspetti. Il prodotto non standardizzato, per esempio rispetto al contenuto proteico, può essere un valore aggiunto anche se richiede una messa in discussione delle competenze dei trasformatori e dei cittadini.
Quale è allora la vera sfida? Su cosa costruire questa identità?
Ripartire dalla trasformazione agroecosistema nella sua interezza, secondo un approccio agro-ecologico, permetterebbe di superare gli ostacoli strettamente legati al sistema produttivo sopra identificati, a cui si aggiungono ostacoli culturali, normativi e politici.
La collaborazione, il confronto, la comunicazione su un territorio ben identificato sono la soluzione per garantire la transizione verso un nuovo paradigma socio-ambientale.