di Daniele Vergari
(1822 – Brno 1884) Chi ha una preparazione scientifica ricorderà il primo incontro con Mendel avvenuto sui banchi di scuola o dell’università studiando gli esperimenti con i piselli gialli e verdi, lisci e rugosi, arrivando così a capire la prima legge di Mendel sulla dominanza. Dopo un altro paio di leggi (quella sulla segregazione e sull’assortimento indipendente) la figura di Mendel spariva all’orizzonte. Eppure il ruolo di questo frate agostiniano, nato nell’Impero asburgico (oggi Repubblica Ceca), è stato fondamentale per la scienza moderna grazie alla elaborazione delle regole essenziali dell’ereditarietà dei caratteri fenotipici. Tuttavia la vita di Mendel non fu quella
di uno scienziato classico. Appassionato fin dal ginnasio di scienze naturali e di fisica entrò negli Agostiniani anche per la loro vocazione allo studio. Nel monastero di Brünn (ora Brno) fin dal 1857 iniziò a fare esperimenti sulle piante, e in particolare i piselli, cercando, attraverso una analisi rigorosa dei dati e l’osservazione, di comprendere i meccanismi di trasmissione dei caratteri ereditari.
Quando presentò i suoi risultati alla locale Società di studi naturalistici, nel 1865, la sua relazione fu ascoltata – ma non compresa – e pubblicata negli atti della Società dell’anno successivo. È singolare se non altro che l’altro testo fondamentale per la storia della moderna genetica, The Variation of Animals and Plants under Domestication di Charles Darwin, venisse pubblicato a Londra solo nel gennaio 1868. Darwin ignorò gli studi di Mendel che, ne abbiamo certezza, aveva avuto occasione di leggerne l’edizione tedesca – edita anch’essa nel 1868. L’articolo di Mendel, invece, era apparso su un periodico locale, troppo modesto , e questo non assicurò certo la risonanza che ebbe il testo di Darwin.
Per 35 anni gli esperimenti di Mendel furono praticamente trascurati fino a che Hugo de Vries (Olanda), Carl Correns (Germania) ed Erich von Tschermak (Austria) confermarono i suoi esperimenti con diverse ricerche dando così piena dignità al lavoro di quest’uomo. Negli anni successivi al 1900 anche Nazareno Strampelli dedicò, con quella grande visione della scienza che lo contraddistinse, un grano tenero a Mendel (il Gregorio Mendel).
Al di là dei tanti aneddoti sulla vita di Mendel forse viene da interrogarsi su perché i suoi studi non ebbero la fortuna che avrebbero meritato. Quando il suo articolo di 44 pagine fu pubblicato sulla rivista della Società di Brunn, Mendel cercò di diffonderlo e farlo conoscere ad una più ampia cerchia di scienziati inviandone diverse copie a importanti esperti di biologia e botanica ma solo il Professor Carl Nägeli dell’Università di Monaco gli rispose stimolando Mendel a continuare i suoi studi ma, nel 1873, la loro corrispondenza si interruppe. Come tanti scienziati “invisibili” i motivi del suo scarso successo nel mondo scientifico furono diversi. Alcuni autori suggeriscono che gli articoli di Mendel – uno dei primi a applicare la matematica alla biologia – erano troppo ricchi di “numeri”, con i quali molti naturalisti non avevano grande dimestichezza essendo più portati all’esperienza dell’osservazione (la base del successo di Darwin). Inoltre Mendel era molto timido e introverso e nonostante abbia cercato di pubblicizzare le sue scoperte non ha perseverato nel promuovere le sue idee negli anni successivi. Infine, cosa non trascurabile, Mendel era un ecclesiastico e non apparteneva alla comunità scientifica del periodo.
Ricordare oggi Mendel a 200 anni dalla nascita può farci riflettere sul progresso della scienza e la trasmissione della conoscenza.