Una perdita tra i pioneri della ricerca sulla biodiversità agricola

Una perdita tra i pioneri della ricerca sulla biodiversità agricola

Questa estate ci ha lasciato Melaku Worede tra i primi pioneri a sostenere che la biodiversità agricola andasse mantenuta anzitutto nei campi degli agricoltori

Riportiamo qui un breve testo pubblicato sul numero 621, 33 (2023) di Nature a cura del suo allievo etiope Regassa Feyissa e Toby Hobgkin

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Melaku Worede è stato al centro degli sforzi per garantire la conservazione del patrimonio di diversità delle specie coltivatr dell’Etiopia e per assicurare che gli agricoltori ne traessero beneficio. Dal 1979 al 1993 ha guidato una delle più importanti banche del germoplasma al mondo, il Plant Genetic Resources Center di Addis Abeba (ora Ethiopian Biodiversity Institute).

Era un periodo in cui le monocolture uniformi di colture come il mais (Zea mays), il grano (Triticum aestivum) e l’orzo (Hordeum vulgare) erano ampiamente diffuse anche nei paesi in via di sviluppo. Melaku era impegnato nel salvare la diversità delle colture tradizionali prima che andassero perse. Le pratiche sviluppate da Melaku, definite “conservazione attraverso l’uso”, sono oggi applicate in tutto il mondo.

In Etiopia, Melaku ha creato legami tra agricoltori, sementieri e laboratori per conservare le varietà autoctone di cereali e altre colture, dall’orzo, il sorgo (Sorghum spp.) e le lenticchie (Lens culinaris) al caffè (Coffea arabica) e alla graminacea teff (Eragrostis tef), i cui semi vengono macinati per preparare la focaccia tradizionale injera. Sotto la sua guida, le pratiche e le conoscenze tradizionali degli agricoltori sono diventate parte integrante dello sviluppo agricolo. Ha incoraggiato gli agricoltori a conservare i semi e a condurre prove sul campo per valutare quali colture crescono meglio. Il centro ha contribuito a reintrodurre varietà perdute e a sostenere gli agricoltori nella conservazione e nello sviluppo delle scorte: collegamenti che si sono rivelati cruciali per la ripresa della popolazione rurale etiope dopo la disastrosa siccità e carestia del 1984. Oggi, circa 50 banche dei semi comunitarie in Etiopia lavorano ancora con la banca genetica nazionale per sostenere la diversità delle colture.

Milioni di posti di lavoro nella produzione alimentare stanno scomparendo: un cambiamento di mentalità aiuterebbe a conservarli

Nato nella provincia di Shewa, nell’Etiopia centrale, nel 1936, Melaku, morto all’età di 87 anni, era uno dei 7 figli. Dopo aver terminato la scuola ad Addis Abeba, ha studiato agronomia all’Alemaya Agricultural College of Ethiopia di Harar (poi Università di Haramaya). Ha studiato brevemente in Svezia prima di tornare in Etiopia per assumere l’incarico di preside del Jimma Agricultural College. Nel 1972 ha vinto una borsa di studio per l’Università del Nebraska-Lincoln negli Stati Uniti, dove ha conseguito il dottorato di ricerca in agronomia, specializzandosi in genetica e allevamento.

Desideroso di applicare le sue competenze per sostenere la produzione alimentare nel suo Paese, Melaku tornò in Etiopia dopo il dottorato e fu invitato a ricoprire il ruolo di direttore del Centro per le risorse genetiche vegetali, istituito nel 1976 con la collaborazione del governo della Germania occidentale. Melaku lasciò rapidamente il segno. Nel 1986, la collezione del centro era cresciuta fino a 39.000 campioni, di cui 14.000 provenienti dall’Etiopia, coprendo la maggior parte delle principali colture di ogni area regionale ed ecogeografica.

Melaku si è battuto a livello globale per il riconoscimento del contributo degli agricoltori alla conservazione delle risorse fitogenetiche. Si è battuto affinché i diritti degli agricoltori fossero riconosciuti da organismi internazionali come l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO). Dopo 20 anni di campagne, la protezione delle conoscenze tradizionali e il riconoscimento dei diritti degli agricoltori – di beneficiare delle risorse fitogenetiche e di essere inclusi nei processi decisionali sulla conservazione e sull’uso di tali risorse – sono stati sanciti nel Trattato internazionale sulle risorse fitogenetiche per l’alimentazione e l’agricoltura della FAO nel 2004. Il centro ha anche formato funzionari agricoli e responsabili politici, spostando l’atteggiamento della politica e della strategia di sviluppo verso una maggiore enfasi sull’uso della diversità vegetale delle colture locali per la produzione e il miglioramento delle specie coltivate

Melaku ha condiviso il suo punto di vista e le sue esperienze in tutto il mondo: come primo presidente del Comitato africano per le risorse fitogenetiche, presidente della Commissione FAO sulle risorse genetiche per l’alimentazione e l’agricoltura e membro del consiglio di amministrazione dell’Istituto internazionale per le risorse fitogenetiche. Nel 1989 ha ricevuto il premio Right Livelihood per aver “preservato la ricchezza genetica dell’Etiopia”. Nel 1993 ha co-fondato Seeds of Survival, un’iniziativa della società civile che ha formato più di 170 specialisti e tecnici per programmi di risorse genetiche in Africa, Asia sud-orientale e America Latina.

Scienziato con una profonda conoscenza e visione, Melaku è stato un mentore generoso che ha condiviso pienamente i suoi pensieri, le sue conoscenze e le sue esperienze. Pervaso da integrità e umiltà, è stato un modello per i suoi colleghi, studenti e seguaci, compresi i molti curatori di banche genetiche e giovani scienziati che ha consigliato, sostenuto e formato. Grazie ai suoi risultati pionieristici, l’Etiopia è un modello per la conservazione della biodiversità.

In ricordo di Giovanni (Nino)

Ci è giunta in queste ore la notizia della morte di Giovanni Casciaro , animatore della Associazione Marina Serra. Ha contribuito attivamente alla redazione e revisione dello statuto attuale della RSR. Ha partecipato ai lavori dell’assemblea europea di Agroecology Europe a Barcellona nel 2021- Dai quei giorni spesi insieme scaturisce l’idea di scrivere un articolo divulgativo per “Il Fatto Quotidiano” che mettesse in luce le contraddizioni del sistema agricolo europeo e le alternative offerte dalla agroecologia. In memoria di Nino e della sua capacità di scrivere “per tutti”, anche cose specialistiche e complicate, riproponiamo qui come ringraziamento per il lavoro fatto assieme le bozze di quell’articolo

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Martedì 23 Novembre, dopo una trattativa durata tre anni, l’Europarlamento ha approvato la nuova politica agricola comunitaria (Pac). È stato un atto politico di grande rilevanza: entrerà in vigore nel 2023 e durerà fino al 2027, prevede l’utilizzo di ben 386,6 miliardi di euro, che rappresentano circa un terzo del bilancio pluriennale dell’Unione Europea. Risorse ingenti, con le quali sarebbe possibile, urgente e doveroso far fronte ai tanti problemi presenti nel settore agricolo europeo, tra cui quelli impellenti legati alla crisi climatica.

E invece la nuova Pac conferma criteri iniqui di ripartizione dei sussidi, basati sulla dimensione delle aziende agricole, con l’assegnazione della stragrande maggioranza dei fondi ai potentati dell’agro-business, che costituiscono una minoranza degli agricoltori. Si continua così a finanziare un modello insostenibile: monocolture, allevamenti intensivi, utilizzo di pesticidi e di chimica nociva; metodi di produzione agricola e di allevamento che comportano perdita di biodiversità, emissioni di gas serra, rischio di pandemie con il salto di specie dei microorganismi. Si aggrava così la già problematica situazione esistente.

Tutto questo presenta una clamorosa incoerenza con le strategie “Biodiversità 2030” e “Farm to Fork“, stabilite dall’Unione Europea, che prevedono obiettivi ambientali quali: dimezzare l’uso e il rischio di pesticidi, le perdite di nutrienti, le vendite di antimicrobici utilizzati per gli animali d’allevamento e l’acquacoltura, aumentare la superficie dell’agricoltura biologica del 25%. Quindi ancora una volta, come denunciano le organizzazioni dell’agrobiologico, della protezione dell’ambiente e degli animali, seppur con qualche provvedimento migliorativo, sono scelte politiche in contraddizione le promesse del Green Deal europeo.

Inoltre, anche con la nuova Pac si continua a destinare risorse decisamente insufficienti ai piccoli agricoltori, spesso giovani con un elevato livello di istruzione e di formazione, impegnati a garantire cibo sano con la ricerca di metodi innovativi, applicati anche recuperando saperi tradizionali.

Tuttavia sarebbe ancora possibile rendere più sostenibile la Pac. Lo si potrebbe fare definendo un buon Piano Strategico Nazionale (PSN), che ogni Paese Europeodeve presentare alla UE entro il 31 dicembre per l’utilizzo dei fondi assegnati. Purtroppo però questo in Italia non sta avvenendo, come denuncia una coalizione composta da oltre 80 organizzazioni del mondo ambientalista e agrobiologico, denominata #CambiamoAgricoltura, che continua a proporre al governo cambiamenti migliorativi e puntuali sul PSN.

In Europa comunque sono presenti molteplici esperienze che dimostrano come sia possibile realizzare una nuova prospettiva in agricoltura. La rilevanza di tali esperienze è emersa anche recentemente negli incontri del Forum Agroecologico Europeo 2021, tenutosi a Barcellona, organizzato da Agroecology Europe insieme al partner locale “Red de Ciudades por la Agroecología”, e per parte italiana da Rete Semi Rurali.

Agricoltori di nazionalità spagnola, francese e italiana hanno avuto la possibilità di confrontarsi con agricoltori locali, ricercatori, membri di associazioni della società civile “su come l’agroecologia può rigenerare i nostri sistemi alimentari e le comunità, migliorando la biodiversità”. Il Forum ha offerto occasioni di scambio, visite sul campo, incontri, e sono emerse molteplici esperienze di innovazione al servizio della transizione ecologica.

I Piani Strategici Nazionali dovrebbero sostenere quindi questo tipo di esperienze, diffuse in tutta Europa, affermando il principio che i “soldi pubblici siano destinati ai beni pubblici”, cioè al “sostegno di pratiche che hanno impatto positivo sulle condizioni delle lavoratrici e dei lavoratori, sulla salute delle consumatrici e dei consumatori, sul benessere degli animali, sull’ambiente e sul clima, senza trascurare la tutela del reddito delle aziende agricole”. Sta a noi tutti pretenderlo.

Sperimentazione partecipativa per il mais: prima esperienza in Italia

Sperimentazione partecipativa per il mais: prima esperienza in Italia

Analysis n. 2 Maggio-Agosto 2021 (XXII)

Riassunto
Lo scopo del miglioramento genetico partecipativo (Participatory Plant Breeding, PPB) è quello di coinvolgere gli agricoltori nella caratterizzazione fenotipica dei materiali in selezione e nella loro valutazione in termini di adattamento ambientale e sostenibilità. Nell’ambito del Progetto MiPAAF “Risorse Genetiche Vegetali”, il CREA Centro di ricerca
Cerealicoltura e Colture Industriali – sede di Bergamo, in collaborazione con Rete Semi Rurali, ha avviato la prima
esperienza in Italia di PPB per il mais. Nel 2017, un set di 173 diallelici ottenuti da incroci tra varietà locali italiane
e straniere è stato distribuito a 38 aziende agricole locate in 12 regioni, seguendo un disegno sperimentale a blocchi
incompleti. Gli stessi genotipi sono stati seminati a Bergamo in due repliche. I risultati raccolti dagli agricoltori hanno
consentito di identificare i diallelici più adatti ai diversi areali di coltivazione, materiali che sono stati riproposti nel
secondo anno (2018). L’utilizzo di genotipi tradizionali di mais per questo approccio ha destato interesse in un ampio
numero di aziende, che si sono rese disponibili a proseguire la sperimentazione. Un altro risultato interessante di questa
collaborazione è stata l’organizzazione di incontri tecnici di formazione con gli agricoltori.

Abstract
Participatory Plant Breeding (PPB) aims to involve farmers in the selected materials’ phenotypic characterisation and in their evaluation of environmental adaptability and sustainability. In the framework of the Project “Plant Genetic Resources”, funded by the Ministry of Agriculture, CREA Research Center for Cereal and Industrial Crops (Bergamo), in collaboration with Rete Semi Rurali (RSR), launched the first maize PPB experience in Italy. In 2017 a set of 173 populations derived from crosses among 25 Italian and foreign landraces was sown in 38 organic and low-input small farms located in 12 regions, following an alpha design with incomplete blocks.
The same genotypes were sown in Bergamo using a row-column design in two replications. The results collected
by farmers allowed the identification of the most adapted materials for each environment, which were grown in the
second year (2018). Using traditional genotypes for this breeding approach raised a large interest among many
farmers, who decided to continue to grow them. Another interesting output of this collaboration was the organization of
technical and educational meetings with the farmers

L’articolo completo qui

ATTUAZIONE DELLA NUOVA PAC POST 2022 IN ITALIA: ELOGIO FUNEBRE DELLA TRANSIZIONE ECOLOGICA DELL’AGRICOLTURA

ATTUAZIONE DELLA NUOVA PAC POST 2022 IN ITALIA: ELOGIO FUNEBRE DELLA TRANSIZIONE ECOLOGICA DELL’AGRICOLTURA

COMUNICATO STAMPA

Per 17 Associazioni ambientaliste, dell’agricoltura biologica e dei consumatori il documento di programmazione inviato alla Commissione UE dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali è molto deludente: l’Italia perde l’occasione per l’avvio di una vera transizione ecologica della sua agricoltura e dei sistemi agro-alimentari, ostaggio delle potenti corporazioni agricole e dell’agro-industria.

Una valutazione della Commissione UE coerente con le Strategie “Farm to Fork” e “Biodiversità 2030” sarà l’occasione per modificare un Piano non adeguato per un vero Green Deal dell’agricoltura nel nostro Paese.

Il Piano Strategico Nazionale della PAC 2023-2027 (PSN), inviato dal Ministro dell’agricoltura, Stefano Patuanelli, alla Commissione UE il 31 dicembre scorso, ripropone e rilancia l’attuale modello di agricoltura e gestione dei sistemi agro-alimentari non sostenibile, affossando la transizione agroecologica auspicata dalle Strategie europee “Farm to Fork” e “Biodiversità 2030”, richiesta dai cittadini-consumatori europei.

E’ questo il giudizio impietoso delle 17 Associazioni ambientaliste, dell’agricoltura biologica e dei consumatori che hanno inviato ai Ministeri italiani, MIPAAF e MITE, e ai funzionari delle DG Envi e DG Agri della Commissione UE, un dettagliato documento di commenti, osservazioni e proposte in vista della valutazione del documento di programmazione prevista dal percorso finale per la sua definitiva approvazione entro l’estate 2022 (la nuova PAC diventerà operativa nel gennaio 2023 e per l’Italia vale circa 34 miliardi fino al 2027, che possono arrivare a quasi 50 miliardi considerando il cofinanziamento nazionale dei fondi destinati allo sviluppo rurale).

Il documento delle Associazioni è disponibile sul sito Web: https://www.cambiamoagricoltura.it/ 

Le osservazioni della Commissione Europea saranno l’occasione per correggere i contenuti più controversi del PSN italiano, che le 17 Associazioni nazionali hanno evidenziato nel loro documento, dopo che il Ministero ha accantonato un approfondito confronto nel Tavolo di partenariato con tutti gli attori istituzionali, economici e sociali. Nonostante le rassicurazioni del Ministro, Stefano Patuanelli, sulla possibilità di modifiche dei contenuti del PSN le Associazioni temono che solo specifiche osservazioni critiche della Commissione UE renderanno possibile sostanziali cambiamenti del testo inviato dal Governo italiano.

Particolarmente grave è l’impostazione degli eco-schemi che rivelano la finalità prevalente di compensare la riduzione dei contributi ai settori ritenuti penalizzati dalla revisione dei titoli storici e dalla convergenza interna. La logica adottata dal MIPAAF è stata quella di assicurare un’adeguata compensazione delle perdite di reddito, privilegiando la zootecnia del nord Italia e l’olivicoltura del centro-sud: i due eco-schemi destinati a questi settori impegnano il 58,5% delle risorse destinate a tutti e 5 gli eco-schemi previsti dal PSN. Gli eco-schemi dovrebbero invece premiare gli impegni volontari degli agricoltori per il contrasto dei cambiamenti climatici, per la tutela della biodiversità e dell’ambiente, motivo per cui le 17 Associazioni ritengono questa impostazione del PSN errata e particolarmente grave, anche in considerazione dell’analogo approccio con cui sono stati definiti i pagamenti accoppiati.

In linea generale, nel PSN, si riscontra una forte disparità tra i premi attribuiti agli eco-schemi e quelli previsti per gli impegni agro-climatico-ambientali dello sviluppo rurale, che prevedono spesso analoghi impegni con finalità simili, ma con premi decisamente inferiori, creando una vera e propria competizione, a discapito delle pratiche più efficaci per la transizione agroecologica.    

Nel PSN non vengono esplicitati gli obiettivi quantitativi che si intendono raggiungere entro il 2027, sia con gli eco-schemi sia per gli interventi previsti nello Sviluppo Rurale. Questa mancanza dovrà essere risolta nella versione definitiva del Piano, in particolare indicando gli obiettivi di riduzione dell’uso dei prodotti fitosanitari, dei fertilizzanti chimici, degli antibiotici e l’incremento delle aree destinate alla conservazione della biodiversità naturale e al mantenimento del paesaggio rurale.

Solo per l’agricoltura biologica viene indicato un obiettivo quantitativo, con il 25% di superficie agricola certificata entro il 2027, una percentuale che probabilmente arriverà al 30% entro il 2030.  Le 17 Associazioni esprimono soddisfazione per l’attenzione riservata all’agricoltura biologica, ma ritengono che l’Italia avrebbe potuto aspirare all’obiettivo più ambizioso, ma realistico, del 30% di SAU in biologico entro il 2027 per arrivare al 40% entro il 2030, considerato che il nostro Paese parte con una percentuale del 15,8% al 2021.

Il tema della conservazione della natura, attraverso la tutela e ripristino della biodiversità naturale, viene incredibilmente sottovalutato nel PSN, non considerando adeguatamente i risultati dell’analisi dei fabbisogni, con l’indicazione arbitraria di priorità in palese contrasto con i dati scientifici disponibili emersi anche dall’ultimo rapporto dell’ISPRA che indica l’agricoltura come principale causa della perdita di specie e habitat. Questa scarsa attenzione è confermata dall’assenza di un eco-schema dedicato al mantenimento delle aree funzionali alla tutela della biodiversità e degli elementi naturali del Paesaggio, lacuna che mette in seria discussione il target del 10% indicato dalla Strategia UE Biodiversità 2030.

Anche il tema della mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici risulta sostanzialmente assente nella programmazione della PAC fino al 2027, sebbene questa si collochi in un periodo di tempo cruciale (l’orizzonte al 2030) per gli obiettivi fondamentali di riduzione delle emissioni dei gas climalteranti.  Questo risulta evidente nella decisione del PSN di sostenere ancora un modello di zootecnia intensiva, rinunciando ad una ristrutturazione del settore rispetto alla reale potenzialità di produzione mangimistica e foraggiera del nostro Paese, per ridurre le emissioni che il settore zootecnico “esternalizza” in paesi extra UE attraverso l’importazione di colture proteiche, come la soia. Analoga sottovalutazione si ha anche per la biodiversità agricola, altro tassello chiave per la svolta agroecologica e la resilienza del sistema alla crisi climatica

In definitiva il Piano Strategico Nazionale della PAC post 2022 all’esame della Commissione UE è molto lontano dall’essere uno strumento efficace per promuovere una vera transizione ecologica della nostra agricoltura, affrontando le crisi ambientali del millennio. Una mancanza di visione che va a discapito anche della stessa agricoltura, prima “vittima” dei cambiamenti climatici e conseguenti eventi estremi catastrofali.

Con questo documento di programmazione della PAC il Governo italiano, nonostante il giro di poltrone tra i diversi titolari del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali negli ultimi anni, conferma la sua posizione conservatrice, ostile al cambiamento dei modelli di produzione in agricoltura e consumo nei settori agro-alimentari, per tutelare gli interessi delle potenti corporazioni agricole, che hanno accolto con commenti positivi i contenuti di questo Piano, compiacendosi di aver sventato una pericolosa “deriva ambientalista”.     .

Roma, 3 Febbraio 2022

Le 17 Associazioni ambientaliste, dell’agricoltura biologica e dei consumatori che inviano questo comunicato rappresentano un’ampia alleanza tra la Coalizione #CambiamoAgricoltura* e Associazioni come Greenpeace e Terra! che hanno condiviso l’analisi ed i commenti delle oltre 1500 pagine del Piano Strategico Nazionale della PAC post 2022. Le 17 Associazioni condividono la visione di una transizione ecologica dell’agricoltura italiana ed europea, che tuteli tutti gli agricoltori, i cittadini e l’ambiente.

*(Associazione Consumatori ACU, Accademia Kronos Onlus, AIDA, AIAB, AIAPP, Associazione Italiana Biodinamica, Associazione TERRA, CIWF Italia Onlus, FederBio, Greenpeace Italia,      ISDE Medici per l’Ambiente, Legambiente, Lipu-BirdLife, Pro Natura, Rete Semi Rurali, Slow Food Italia e WWF Italia).

La Rete Semi Rurali scrive al Ministro della Transizione Ecologica

La Rete Semi Rurali scrive al Ministro della Transizione Ecologica

In occasione de Consiglio “Ambiente” 20 dicembre la RSR scrive al Ministro Cingolani, aderendo all’appello di IFOAM e FIBL per sostenere il principio di precauzione nella regolamentazione delle piante ottenute con nuove tecniche genomiche

credits Friends of the Earth Europe

Spettabile Ministro Cingolani,

Le scriviamo per chiederle, sulla base delle osservazioni di seguito riportate, di difendere l’attuale rigida regolamentazione degli organismi geneticamente modificati (OGM) alla prossima riunione del Consiglio Ambiente del 20 dicembre.
La Commissione europea si sta orientando verso l’esclusione della nuova generazione di OGM (GE) dal quadro normativo dell’UE per gli OGM. La Commissione sostiene infatti che alcune piante selezionate e riprodotte con le cosiddette “nuove tecniche genomiche” possano contribuire alla sostenibilità del modello agricolo europeo, e prevede di introdurre un quadro normativo distinto e per molti versi favorevole al loro utilizzo. Questo significherebbe la riduzione e l’abolizione delle norme esistenti per tali produzioni, soprattutto per ciò che riguarda il rischio di contaminazione ambientale, la tracciabilità e l’etichettatura.
Con questa decisione, sia il monitoraggio del rischio ambientale che la responsabilità del produttore sarebbero sostanzialmente indeboliti se non eliminati.
Ad oggi, riteniamo inderogabile l’introduzione di un nuovo protocollo di tutela per ciò che riguarda le NBT, ma le argomentazioni pervenute rimangono estremamente vaghe, e non ci sono finora criteri o metodologie chiare per la loro applicazione.
Quando, nel 2019, il Presidente della Commissione Barroso decise di trasferire la responsabilità del dossier OGM dalla DG ENVI alla DG SANTE, i Ministri dell’ambiente e il Consiglio dell’ambiente hanno avuto il ruolo di indirizzo sul quadro giuridico e sulle
autorizzazioni alla commercializzazione degli OGM sulla base della preminenza degli aspetti della biosicurezza e dei potenziali impatti ambientali in gioco, temi che si ripropongono anche nel caso delle nuove tecniche GE.
La preghiamo quindi di sostenere le tesi della delegazione austriaca in sede di Consiglio.
Chiediamo di sostenere le informazioni presentate dall’Austria, che sottolineano la necessità di rispettare il principio di precauzione e il diritto dei consumatori ad essere informati.
L’Italia deve giocare un ruolo nel “Consiglio Ambiente” di dicembre per difendere una regolamentazione rigorosa.
La pietra miliare della legislazione UE sugli OGM, la direttiva 2001/18, è stata originariamente discussa e concordata dai Ministri dell’ambiente dell’UE. Pone molta attenzione agli aspetti ambientali, compresi gli impatti potenzialmente negativi sulla natura,
gli ecosistemi e le specie in pericolo.
Tuttavia, il Consiglio Ambiente non ha fatto parte delle discussioni in corso sulle GE: solamente il Consiglio Agricoltura ha discusso i piani della Commissione nel maggio 2021. Il Consiglio Ambiente del dicembre 2021 potrebbe essere l’unica occasione per i Ministri dell’ambiente per prendere posizione.
L’imminente confronto sarà un’importante opportunità per esprimere preoccupazioni sul potenziale indebolimento degli standard ambientali per gli OGM creati con le nuove tecnologie. Sarà anche un’opportunità per presentare i vostri punti di vista su come il quadro esistente riguardo agli OGM dovrebbe essere applicato, e quali elementi debbano essere mantenuti nel caso in cui il quadro giuridico venga modificato.
Le chiediamo di prendere posizione in difesa di una valutazione rigorosa della sicurezza per tutti gli OGM, comprese le piante ottenute per mutagenesi diretta e cisgenesi, e di ribadire l’importanza del principio di precauzione come fondamento di qualsiasi quadro giuridico dell’UE per gli OGM.
Le organizzazione della società civile, i produttori biologici e non OGM sono profondamente preoccupati Da parte nostra, siamo molto preoccupati che la Commissione europea presenti le “nuove tecniche genomiche” come un modo per ottenere sistemi alimentari più sostenibili e come uno strumento per ridurre l’uso di pesticidi. La tecnologia GE non è altro che una pericolosa distrazione dai reali progressi verso la sostenibilità. L’attuale attenzione su presunte soluzioni tecnologiche ai problemi sistemici che l’agricoltura di oggi deve affrontare, sta allontanando le risorse urgentemente necessarie alla ricerca e all’applicazione di approcci realmente sistemici che affrontino le cause dei problemi piuttosto che trattarne i sintomi. In breve, la presentazione degli OGM come modo per raggiungere la sostenibilità dal nostro punto di vista non è altro che uno spreco di tempo e denaro, che solleva più domande e rischi di quanti ne risolva.
I governi devono rispettare e applicare la sentenza della Corte di giustizia europea e garantire che la nuova generazione di OGM sia adeguatamente regolamentata nell’ambito dell’attuale quadro UE sugli OGM. Si deve garantire la sicurezza e la trasparenza per gli allevatori, gli agricoltori, i trasformatori di cibo e i consumatori. Nel caso in cui vengano identificati problemi ambientali, la trasparenza, la tracciabilità e l’attribuzione di responsabilità sono cruciali.
Molte grazie per aver considerato le nostre richieste.
Cordiali saluti,
Per Rete Semi Rurali
il Coordinatore
Claudio Pozzi