da Valeria Grazian | Dic 3, 2021 | Articoli, Comunità
Alcune varietà di riso sono definite da un nome associato alla sigla CL (ad esempio Leonidas CL, Omega CL, CL 388). Tale sigla sta per Clearfield e definisce una tecnologia brevettata da BASF negli anni ’90 e introdotta in Italia nel 2006.
Le varietà CL sono tolleranti agli erbicidi della famiglia degli imidazolinoni, a cui appartiene la sostanza attiva Imazamox (commercializzata da BASF in Italia con il nome di BEYOND® PLUS). Questo erbicida viene abbinato al coadiuvante Dash® HC. Questi trattamenti abbinati, insieme all’utilizzo del seme CL, permettono il controllo delle malerbe e del riso crodo. L’utilizzo delle varietà Clearfield e dei prodotti chimici associati ha inevitabilmente determinato il crearsi di resistenze. BASF consiglia di utilizzare in alternanza/rotazione alle varietà CL quelle Provisia. Provisia® è la tecnologia che conferisce alle varietà la tolleranza all’erbicida VERRESTA®, il cui principio attivo è il Cicloxidim. In questo modo si controllano le infestanti in post-emergenza, il Riso Crodo, le infestanti graminacee ALS (inibitori acetolattato sintasi) resistenti e i semi di varietà Clearfield® e convenzionali precedentemente coltivate nel campo (riso spontaneo).
Clearfield e Provisia non sono considerati OGM dalla normativa europea. Tuttavia i risultati sono gli stessi: induzione di resistenze e incremento dell’uso di prodotti chimici di sintesi; perdita dei saperi agricoli e utilizzo di pessime pratiche agronomiche.
da Valeria Grazian | Dic 1, 2021 | Articoli, Comunità
Una rivoluzione nella lavorazione del riso
Il riso è un cereale vestito cioè il chicco appena raccolto (risone) è rivestito da glume e glumelle dure e silicee che devono essere eliminate per renderlo commestibile. La lavorazione del riso, quindi, ha sempre accompagnato la coltivazione e veniva inizialmente effettuata in cascina, pestando il riso in legno (pistone o pilone). Il prodotto ottenuto era riso spezzato che veniva utilizzato per le minestre. Le Piste da riso, messe in serie e divenute molto complesse, vengono ospitate dalle prime pilerie. Il tempo necessario per lavorare 20 kg di risone era di circa un’ora e mezza.
Gli operai della pileria, chiamati piloti o pilarini, estraevano il materiale e lo passavano su crivelli appesi al soffitto con delle funi e separavano la lolla (il rivestimento del chicco), la pula (lo strato più esterno della cariosside) e le rotture (i chicchi rotti per azione meccanica). Restava il riso lavorato, sbiancato in modo più o meno intenso, chiamato “mercantile” perché pronto per la vendita.
Alla fine del 1700 oltre alle piste da riso vengono usati gli Sbramini, simili ai mulini. Una mola orizzontale in granito o in arenaria fissa collegata ad un’altra girevole, fatta in legno e con la faccia inferiore ricoperta da uno strato di sughero. Il movimento rotatorio crea uno sfregamento che decortica il risone. Con gli sbramini si lavora più velocemente e si ottengono meno rotture. Lo Sbramino non sostituisce la Pista, spesso venivano affiancati in linea per migliorare la lavorazione e renderla più omogenea. Il mercato infatti diventa sempre più esigente richiedendo un riso più bianco, meno polveroso e con meno rotture.
Nel tardo 1800 la coltivazione del riso si scinde dalla lavorazione del prodotto. Ai risicoltori si affiancano gli imprenditori risieri, che apportano numerose innovazioni tecnologiche per migliorare i tempi di lavorazione senza perdere la qualità del prodotto finale. Compare la Grolla: una mola in arenaria messa in posizione verticale e posta in una vasca, sollevata di circa 2 cm. Nella vasca viene aggiunta la lolla che favoriva il processo di abrasione.
La tradizione racconta che un pistarolo poco attento abbia messo nella vasca crusca di frumento invece che lolla di riso. Il riso ottenuto risultò bianco e lucido, da cui il termine “brillato”. Si inventa così il Brillone, un blocco di granito di forma ovoidale, con la superficie sagomata, inserito orizzontalmente in un vaso dalla superficie liscia, con un’intercapedine di circa 10 cm in cui si poneva dall’alto il risone e la crusca di frumento.
Nello stesso periodo compare il Lustrino, una spazzolatrice meccanica che toglieva la polvere di lavorazione dal chicco rendendolo bianco e lucido. Era costituito da un tronco di cono in canapa, tela o pelle di montone inserito in un secondo tronco di cono con parete a maglia metallica, da cui fuoriuscivano le polveri di lavorazione.
Nel 1884 venne inventata l’Elica, uno strumento che ricorda l’antica pista, ma aveva un vaso in granito o in ceramica molto grande e una vite di Archimede all’interno che movimentava il risone. Si otteneva riso brillato e durava circa 15 minuti per 150 kg di riso. La crusca di frumento cominciò ad essere sostituita con polvere di marmo o talco e glucosio, che rendevano il riso brillante.
Agli inizi del 900 compare l’Amburgo, che ancora oggi possiamo trovare in alcune riserie. Basata sul meccanismo del Lustrino, è costituita da un tronco di cono in ghisa la cui superficie scanalata è rivestita da cemento magnesiaco. Il secondo tronco di cono è in maglia metallica con dei perni in gomma che frenano il moto vorticoso del riso, favorendone la discesa. Con le Amburgo si riesce a regolare il grado di lavorazione da integrale a bianco.