L’Avena sativa ssp comprende specie coltivate, selvatiche e infestanti presenti in tutti i continenti. Il suo centro di origine è l’Asia Minore. Per Greci e Romani era meno importante di orzo e grano, tuttavia Ippocrate e Galeno la considerano un medicinale per tosse e pelle. Nel Medioevo era coltivata come foraggio in rotazione con il grano su suoli acidi e poveri. L’uso per l’alimentazione variava in base a periodo e regione perché meno nutriente di frumento e patate, erano l’alimento della gente povera in nord Europa. Gli arabi la introdussero in Spagna come alimento per cavalli. Con i navigatori spagnoli e inglesi, l’avena partì verso le Americhe. Il Capitano B. Gosnold la seminò sull’isola di Cuttyhank in Massachussetts.
Le prime coltivazioni risultarono però poco redditizie. Verso la fine del XIX sec. i mulini cominciarono a venderne la farina per la colazione, utilizzo ancora molto importante negli Stati Uniti. Anche in Italia l’avena ha avuto un ruolo marginale, si coltivava come alimento per cavalli, per questo le superfici coltivate sono drasticamente diminuite dopo gli anni ’50 e la specie è rimasta esclusa dai programmi di miglioramento genetico. Nel Registro varietale italiano erano iscritte meno di dieci varietà. Solo nel 2000 sono state attivate nuove ricerche che hanno portato al rilascio di varietà a taglia più bassa e maggiori rese. Alla fine del 2018 le avene iscritte al Registro erano 25. Ancora più trascurabile è stata la storia dell’avena nuda (A. sativa ssp. nudi sativa) con una sola varietà iscritta, Nave, molto alta con semi piccoli. Nel 2009, grazie al lavoro del CREA di Bergamo, sono state registrate 2 nuove varietà, Irina e Luna.
Foto di R. Redaelli
Rita Redaelli – Ricercatrice presso il Centro di ricerca Cerealicoltura e Colture Industriali del CREA
Avena nuda in fioritura presso i campi sperimentali del CREA-CI, Bergamo foto R. Redaelli/CREA
L’interesse per l’avena degli ultimi anni è dovuto alla riscoperta del suo valore nutrizionale tanto da diventare un ingrediente molto diffuso negli alimenti destinati a persone sovrappeso o con intolleranze alimentari. Presso la sede di Bergamo del Centro di ricerca Cerealicoltura e Colture Industriali del CREA da oltre 20 anni sono presenti attività di ricerca sull’avena, comprendenti diversi aspetti: miglioramento genetico, coordinamento di prove varietali nazionali, mantenimento e caratterizzazione chimica della collezione conservata nella banca del germoplasma. La collezione comprende circa 1000 tipi di avena acquisite a partire dagli anni ’80 attraverso collaborazioni e scambi con istituzioni che ne mantengono un vasto germoplasma come il Vavilov Research Institute in Russia e il Department of Agriculture negli Stati Uniti. Le specie di avena si distinguono in forme selvatiche e coltivate con numero di cromosomi differente: diploidi (14 cromosomi, soprattutto le selvatiche), tetraploidi (28) o esaploidi (42). La tabella 1 mostra la collezione di Bergamo in base alle differenti specie e sottospecie.
Tabella 1 – La collezione di avena della stazione di Bergamo del CREA
L’avena, grazie alla sua capacità di adattamento a condizioni di coltivazione a basso input, è interessante per le aziende con terreni marginali e nell’ottica di una agricoltura sostenibile e diversificata. Le varietà di avena a seme nudo in particolare sono richieste come materia prima di qualità per l’industria alimentare.
Per offrire agli agricoltori la possibilità di provare a coltivarla nelle loro aziende, sono state costituite due popolazioni, una con varietà a seme vestito e l’altra a seme nudo, tenendo presente dal 2014 esiste per l’avena la possibilità di commercializzare materiali eterogenei. La realizzazione di questa sperimentazione è stata affidata a Rete Semi Rurali, con cui nel 2017 si era avviata una collaborazione di miglioramento genetico partecipativo sul mais, e che include nei suoi contatti un numero elevato di aziende agricole in ambienti pedoclimatici molto differenti.
CARATTERISTICHE CHIMICHE E NUTRIZIONALE DELL’AVENA
I semi di avena sono interessanti a livello nutrizionale per l’elevato contenuto di proteine (14-20%) di buon valore biologico – alta presenza di lisina e triptofano – e bassa % di proteine del glutine. Hanno un elevato contenuto di lipidi (2-8%), in particolare acido oleico e linoleico, e di fibra solubile (β-glucano al 2-6%) che riduce il livello di colesterolo nel sangue. Sono presenti anche vitamina E, antiossidante, e le avenantramidi, antinfiammatorie. Nell’industria alimentare si usa prevalentemente l’avena a seme nudo che non richiede decorticazione. La composizione chimica del seme la rende molto utilizzata nei prodotti cosmetici con caratteristiche emollienti e ipoallergeniche.
Popolazione di avena a seme nudo
La popolazione a seme nudo è stata ottenuta mescolando 42 tipi differenti di avena: 31 varietà, 3 avene di origine sconosciuta, 9 linee provenienti da incroci e i semi della settima generazione (F7) di un incrocio tra sativa e nudisativa. Le vecchie varietà di avena nuda sono caratterizzate da semi molto leggeri con basse rese, da tardività e da culmi lunghi e suscettibili di allettamento. I programmi di breeding realizzati in alcuni paesi del Nord Europa hanno ottenuto varietà a taglia bassa, fioritura più precoce e semi più grandi. Le varietà che sono state scelte per questa popolazione hanno piante medio-lunghe e fioritura medio-tardiva, con semi di dimensioni un po’ più grandi (mille semi pesano tra i 20 e i 32 grammi) con origini differenti (figura 1), oltre alle 3 varietà italiane.
Popolazione di avena a seme vestito
La popolazione di avena a seme vestito è stata ottenuta mescolando 36 tipi differenti di avena: 28 varietà, 5 linee americane e i semi di 3 incroci realizzati dal CREA. La maggior parte delle avene appartiene alla specie sativa che è la più diffusa nel mondo e coltivata in moltissimi ambienti differenti. A. sativa presenta una grandissima variabilità a livello di struttura della pianta (lunghezza e portamento del culmo), epoca di fioritura (da precoce a tardiva), forma della pannocchia (a piramide o laterale), dimensione e caratteristiche del seme (presenza o assenza di reste, colore delle spighe da bianco a giallo, rosso o nero). Per la popolazione sono state scelte varietà che rappresentassero al meglio questa variabilità, principalmente con piante medio-lunghe, fioritura medio-tardiva, semi di dimensioni un po’ più grandi (mille semi pesano tra i 28 e i 47 grammi). Sono state inserite anche due varietà di A. byzantina, caratterizzata da semi rossi, e due varietà di A. strigosa, specie diploide coltivata per foraggio con culmo allungato e semi piccolissimi. Gli incroci sono sativa x nudisativa (semi della nona generazione – F9), sativa x byzantina (semi della terza generazione – F3) e sativa x nudisativa x byzantina.
Figura 1 _ Origine delle varietà comprese nella popolazione a seme nudo
Tabella 2 _ Abbreviazioni dei Paesi di origine delle varietà
Figura 2 _ Origine delle varietà comprese nella popolazione a seme vestito
UN PO’ DI STORIA
L’Avena comprende specie coltivate, selvatiche e infestanti presenti in tutti i continenti. Il suo centro di origine è l’Asia Minore. Per Greci e Romani era meno importante di orzo e grano, tuttavia Ippocrate e Galeno la considerano un medicinale per tosse e pelle. Nel Medioevo era coltivata come foraggio in rotazione con il grano su suoli acidi e poveri. L’uso per l’alimentazione variava in base a periodo e regione perché meno nutriente di frumento e patate, erano l’alimento della gente povera in nord Europa. Gli arabi la introdussero in Spagna come alimento per cavalli. Con i navigatori spagnoli e inglesi, l’avena partì verso le Americhe. Il Capitano B. Gosnold la seminò sull’isola di Cuttyhank in Massachussetts. Le prime coltivazioni risultarono però poco redditizie. Verso la fine del XIX sec. i mulini cominciarono a venderne la farina per la colazione, utilizzo ancora molto importante negli Stati Uniti. Anche in Italia l’avena ha avuto un ruolo marginale, si coltivava come alimento per cavalli, per questo le superfici coltivate sono drasticamente diminuite dopo gli anni ’50 e la specie è rimasta esclusa dai programmi di miglioramento genetico. Nel Registro varietale italiano erano iscritte meno di dieci varietà. Solo nel 2000 sono state attivate nuove ricerche che hanno portato al rilascio di varietà a taglia più bassa e maggiori rese. Alla fine del 2018 le avene iscritte al Registro erano 25. Ancora più trascurabile è stata la storia dell’avena nuda (A. sativa ssp. nudisativa) con una sola varietà iscritta, Nave, molto alta con semi piccoli. Nel 2009, grazie al lavoro del CREA di Bergamo, sono state registrate 2 nuove varietà, Irina e Luna.
Rita Redaelli,
Ricercatrice presso il Centro di ricerca Cerealicoltura e Colture Industriali del CREA
Questo numero del notiziario ci conduce in un viaggio attraverso i colori, le forme e i sapori. Abbiamo avuto modo di affrontare più volte il tema delle popolazioni di frumento che impegna sempre più numerosi attori: le filiere si vanno costituendo o consolidando ad ogni latitudine. Oggi sono 13 le popolazioni di frumento registrate in Italia e una di orzo. Ma non è che l’inizio. Tutto lascia presupporre che i numerosi processi di adattamento in corso ne vedranno apparire molte di più nei prossimi anni anche grazie alle importanti novità introdotte dal Regolamento Europeo sul Biologico la cui entrata in vigore è slittata al 2022: è il riconoscimento del valore della diversità nel favorire coltivazioni a basso impatto ambientale e ad alto valore nutrizionale.
Sperimentato il lavoro sul frumento e verificatone il successo, ci è parso naturale andare a testare un analogo processo di diversificazione su altre specie. Rete Semi Rurali, anche grazie a protocolli di intesa sottoscritti con alcuni Centri di Ricerca, sta lavorando alacremente su pomodoro, girasole, mais, riso e avena. Altre iniziative sono in corso su fagioli, zucchine e segale, spesso per iniziative locali da parte dei Soci e dei loro sodali.
Cosa ha di speciale questa attività? Si svolge quasi esclusivamente nelle aziende agricole permettendo, se tutto procede nel giusto verso, una rapida ricaduta sulla qualità del lavoro e delle relazioni degli agricoltori. Certo non è tutto regalato, è necessario l’impegno ad acquisire competenze di vario tipo:
agricole: soprattutto nella rinnovata capacità di osservazione e di conseguente adattamento delle pratiche di campo ma anche della organizzazione della selezione, sanificazione e conservazione delle sementi;
organizzative: soprattutto nello stoccaggio e nella trasformazione del raccolto (specialmente per le specie agrarie);
relazionali: soprattutto nell’acquisizione di nuove forme di collaborazione fra i vari soggetti protagonisti della filiera ed in particolare con chi sostiene il processo attraverso l’acquisto.
Proprio una diversa visione e competenza nelle abilità relazionali è la chiave di volta che permette a tutto il processo di manifestarsi in forme concretamente innovative, foriere di benessere diffuso e duraturo nel tempo. Con la mancanza di tale attenzione l’innovazione sociale, tecnica e economica costituita dalle popolazioni ricascherebbe in una logica di mera competizione sul mercato, con il rischio di essere rapidamente vanificata dalla legge del più forte tipica di quel contesto. La strada che stanno prendendo i cosiddetti “grani antichi”, sempre più in balia della retorica e delle logiche di profitto del mercato convenzionale, sta a dimostrare che questo rischio è dietro l’angolo anche per le popolazioni. Solo coloro che nel tempo avranno costruito e mantenuto relazioni costruttive con la comunità di riferimento riusciranno a ridurre gli effetti della competizione e ad investire nella crescita del benessere della collettività.
Gli accadimenti di questi ultimi mesi sempre più ci confermano nella scelta compiuta in questo percorso. Se è vero che niente deve più essere come prima, che è necessario evitare di riprodurre le cause della crisi ambientale e delle sue conseguenze epidemiologiche, una agricoltura sempre più attenta alla riduzione degli sprechi energetici e del degrado del territorio, costruttrice di comunità che sappiano vivere la globalità con competenza organizzativa nella costruzione di economie locali responsabili e rispettose dei bisogni e dei diritti delle comunità vicine e lontane è l’unica possibile.
Formazione in campo sui cereali con la Rete dei produttori del Biodistretto Val Camonica, Edolo (BS), 20 luglio 2020 foto C. Benaglio/RSR
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