Antoine Parmentier
di Daniele Vergari
Sagacia e intelligenza al servizio dell’agricoltura
Al termine della guerra dei Sette anni (1756-1763), un giovane medico, di ritorno dalla sua ennesima prigionia in Prussia, ebbe modo di vedere i disastri di una guerra che scatenata da Federico II, il re filosofo, per conquistare la ricca regione della Slesia, avrebbe insanguinato tutta l’Europa centrale per anni.
Nel corso del suo viaggio Antoine Parmentier, ebbe modo di osservare come la carestia avesse colpito le campagne francesi e avesse ridotto in condizioni miserabili gran parte della popolazione.
Lui ed i suoi commilitoni, nonostante la prigionia, stavano meglio delle popolazioni che non avevano visto il passaggio degli eserciti e l’unica spiegazione possibile era da ricercare in quelle zuppe che i prussiani sembravano apprezzare moltissimo, con
dentro un tubero, la patata, che normalmente costituiva l’alimentazione dei maiali. Il merito non poteva essere che di questo tubero arrivato quasi due secoli prima in Europa. Quest’aneddoto – e la sua vita ne è piena – rivela uno dei tratti caratteristici di questo personaggio dalla intelligenza pronta e sagace, nato a Montdidier – nelle Somme – nel 1737, e morto a Parigi nel 1813.
Arruolatosi come farmacista nell’esercito francese dedicandosi, quando poteva, ad esperimenti di chimica con grande passione. Catturato durante la guerra dei Sette anni per ben cinque volte, grazie al fatto che i farmacisti e medici erano rari nell’esercito francese, venne sempre liberato in occasione di scambi di prigionieri.
La sua detenzione in Prussia fu fondamentale per fargli comprendere il valore nutrizionale della patata. Osservando con cura come i soldati e gli ufficiali incarcerati con lui, alimentati con le patate, non subissero un visibile deperimento fisico con conseguenti malattie mortali, Parmentier ebbe chiaro che questo prodotto così osteggiato nell’area mediterranea poteva avere un importante ruolo alimentare. Purtroppo l’uso della patata, almeno in Francia, era vietato fin dal 1748 perché il tubero era accusato di trasmettere la lebbra.
Abile e scaltro, Parmentier riuscì a convincere la corte di Luigi XVI nel promuoverne prima la coltivazione e poi l’uso nell’alimentazione umana. Nel 1780, in collaborazione con un altro chimico e agronomo francese, Cadet de Vaux, aprì una scuola di panetteria a Parigi usando la farina di patate.
Nel 1786, ebbe l’autorizzazione a provare la coltivazione della patata in un piccolo terreno a Sablons e poi, nel 1787, una grande area di oltre 20 ettari a Grenelle, vicino a Parigi.
Per convincere i paysans che la coltivazione era importante Parmentier la faceva sorvegliare di giorno dalla gendarmeria. La notte, incustodito, il campo veniva saccheggiato e le patate consumate dai contadini. Per accattivarsi Luigi XVI donò un bouquet di fiori di patate dal colore bianco e blu come omaggio alla casa di Borbone che aveva gli stessi colori nello stemma. Negli stessi anni Parmentier provò varie ricette a base di patate invitando al suo tavolo personaggi importanti, come Benjamin Franklin, per convincerli della bontà del consumo di patate arrivando infine a organizzare una cena tutta a base di patate per il Re e la sua ristretta corte.
Celibe e prototipo del filantropo erudito che si dedica al benessere delle classi più deboli, Parmentier dedicò tutta la sua vita alla ricerca sugli alimenti, sull’igiene e sull’agricoltura e fu eletto socio di molte accademie dell’epoca fra cui quella dei Georgofili di Firenze.