Pia Pera

Pia Pera

Pace, poesia e passione fra giardini e orti sociali

“Il giardino che vorrei” di Pia Pera: il libro perfetto per rasserenare l’animo. Anche solo immaginare di curare un angolo verde può essere di aiuto … Mantova, 14 settembre 2009. Photo by Leonardo Cendamo

Mi è cara anche l’uva sui tralci a filari maturata su un pendio. Bellezza della mia fertile valle, gioia d’autunno dorato.

(A. S. Puškin, L’uva)

Pia Pera (Lucca 1956-2016) è stata una slavista e un’affermata traduttrice dal russo – curando alcuni importanti testi di autori come Puškin o Čechov. Dopo le prime esperienze da scrittrice e di insegnamento all’Università di Trento, si trasferì a Milano per poi tornare verso il 2000 a Lucca. Idealista, libera e vitale Pia Pera si dedicò alla scrittura con un libro sulla comunità di Longo maï (L’arcipelago di Longo maï, 2000), un progetto di vita comunitaria iniziato nel 1972 in Provenza e diffusosi poi in vari paesi, volto a far sviluppare a “ciascuno le varie sfaccettature della propria personalità”.

Ed è proprio questo aspetto che vorremmo ricordare di questa straordinaria figura. Nel messaggio della comunità si trova l’anticipazione della passione per il giardino (e il giardinaggio) della scrittrice lucchese che nel lavoro del giardiniere vede il “sovraintendere al benessere di ogni essere senziente, permettendo a ogni specie di prosperare ma non al punto di compromettere le possibilità di esistenza di ogni altra”.

Ma accanto al giardino, forse proprio nella sua accezione più antica di “paradiso”, Pia si occupa dell’orto – senza fare distinzioni ontologiche fra il primo e il secondo – e in questa dimensione, unica, sente di aver trovato la sua collocazione nel mondo. Curare il proprio spazio verde (orto o giardino che sia) è un modo per curare se stessi ma anche per curare gli altri in una dimensione solidale e comunitaria. Dopo aver pubblicato L’orto di un perdigiorno. Confessioni di un apprendista ortolano (2003) nacque l’esperienza degli orti didattici prima nelle scuole, poi nelle carceri e in altre realtà, fino agli orti sociali. Il tutto sotto un cappello sintetizzabile in Orti di pace (www.ortidipace.org), dove per pace si deve intendere però più la serenità che l’alternativa alla guerra. Il giardino diventa un posto dove la stessa Pia si sentiva felice e anche un rifugio così come Puškin – da lei tradotto e studiato – trovava rifugio nella natura per potersi esprimere liberamente. Il suo pensiero verrà espresso in Giardino e ortoterapia (2010) ma tutti i suoi libri sono pervasi dalla passione e dalla poesia che il giardino riesce a esprimere.

Il viaggio pratico e letterario attraverso il suo giardino si interromperà con la malattia. Colpita da sclerosi multipla, Pia Pera confida il suo amore per la vita ad un ultimo libro Al giardino non l’ho ancora detto (2016), un testamento commovente, e allo stesso tempo gioioso, della sua passione.

Pia Pera non ha costituito nuove varietà di piante, non ha trovato né salvato antiche varietà ma ha contribuito a dare una nuova dimensione anche culturale, piena di bellezza, di serenità e di speranza, al giardinaggio e all’orticoltura. Il giardino per lei “è qualcosa di inafferrabile”, un luogo dove gli esseri hanno un ciclo: i semi germogliano, le piante crescono, i frutti maturano per poi morire o entrare nella quiescenza dell’inverno. Lo stesso scorrere del tempo e delle stagioni è da rispettare e da accettare così come le fasi della vita. Così come osserva Lara Ricci nel suo profilo sull’Enciclopedia delle donne, “nella sua ultima e più intensa vita, Pia Pera, con grazia stupefacente, ha fatto il giardinaggio come se fosse letteratura, e ha fatto del giardinaggio una forma di letteratura”.

Le riflessioni di Pia Pera e i suoi libri non sono solo uno stimolo ad approfondire le tecniche di giardinaggio e orticoltura ma rappresentano un invito rivolto a ciascuno di noi su come ritrovare un dialogo armonico con se stessi e ci insegnano come la bellezza può curare il mondo.

di Daniele Vergari