Le sementi tra industria e agricoltori
Commenti alla Posizione ESA su Farmers’ Rights
Enrico Bertacchini ha commentato per la Rete Semi Rurali la recente posizione (novembre 2008) dell’Associazione europea dell’industria sementiera sui Diritti degli agricoltori.
Data la crescente importanza nell’agenda politica internazionale del dibattito sui Farmers’ Rights stabiliti nell’articolo 9 dell’ITPGRFA, la European Seed Association (ESA) ha espresso una posizione su questo tema.
L’ESA, riconoscendo lo storico e prezioso contributo degli agricoltori nello sviluppo e conservazione delle risorse fitogenetiche per l’alimentazione e l’agricoltura, supporta i Farmers’ Rights espressi nell’articolo 9 dell’ITPGRFA. Tuttavia le argomentazioni utilizzate per supportare questa posizione sembrano principalmente orientate a riaffermare gli interessi dell’industria sementiera nell’utilizzo delle risorse genetiche e nel favorire un modello di innovazione varietale basato principalmente su logiche proprietarie e di mercato.
Richiamando l’obbiettivo del ITPGRFA per l’uso sostenibile delle risorse genetiche – ed in linea con la convenzione UPOV 1991 – l’ESA esprime tre principali posizioni:
• L’ESA sostiene pienamente un regime di libero accesso a tutte le risorse genetiche – sia presenti in varietà protette da privative che non – per favorire l’attività di miglioramento varietale.
• L’ESA sottolinea come i miglioratori debbano ricevere una equa remunerazione dei loro investimenti e sforzi compiuti nell’attività di miglioramento varietale. Questo legittimo interesse, secondo l’ESA, viene leso dalla pratica degli agricoltori di conservare, utilizzare, scambiare e vendere sementi di varietà protette, mettendo a repentaglio gli investimenti fatti dall’industria sementiera e riducendo l’offerta di nuove varietà sul mercato con conseguenze negative per gli stessi agricoltori e la società nel complesso.
• In base alle procedure di registrazione di privative varietali, l’ESA sostiene che i requisiti di distinzione, uniformità e stabilità (DUS) debbano essere applicati a tutte le varietà vegetali per la loro commercializzazione nel sistema sementiero. Deroghe a questi requisiti possono essere applicate solo in casi particolari, come con l’approccio seguito dall’Unione Europea nel caso delle varietà da conservazione.
Da questa breve sintesi delle motivazioni proposte dall’ESA si evince una visione limitata del problema della conservazione e uso sostenibile delle risorse genetiche, nonché del ruolo che i Farmers’ Rights possono avere per la soluzione di questo problema. La posizione dell’ESA è chiaramente orientata a ribadire che la formulazione dei Farmers’ Rights non permetta in modo esteso la risemina e lo scambio tra aglicoltori di sementi di varietà protette. Allo stesso tempo, l’ESA sottolinea la possibilità che gli agricoltori hanno, come chiunque altro individuo, di compiere attività di miglioramento varietale, supportando il libero accesso alle risorse genetiche per permettere il continuo processo di innovazione varietale.
Tuttavia, è sbagliato pensare che le attività di miglioramento varietale compiute dagli agricoltori possano rientrare nel ristretto sentiero del sistema delle privative vegetali e sottostare ai requisiti di commercializzazione delle sementi. Se, come stabilito dall’Art. 1 del ITPGRFA, bisogna perseguire l’obbiettivo della conservazione e dell’uso sostenibile delle risorse fitogenetiche per l’alimentazione e l’agricoltura è necessario chiedersi quali siano gli strumenti legali e istituzionali necessari per perseguire queste finalità. Questi strumenti devono senza dubbio riconoscere l’esistenza di differenti sistemi di innovazione varietale, sostenuti e condotti da attori e organizzazioni in diversi contesti e con diverse esigenze nello sviluppo di nuove varietà.
In questa prospettiva, il modello di innovazione varietale realizzato dall’industria sementiera è solo uno di questi, basato principalmente sulla diffusione e commercializzazione di varietà che massimizzano l’efficienza produttiva su vaste superfici agricole e che quindi può portare ampi margini economici alle grandi ditte sementiere che ne promuovono l’uso.
La posizione dell’ESA in merito ai Farmers’ Rights non sembra invece prendere in considerazione il modello più informale di innovazione varietale degli agricoltori. Questo modello, anziché essere basato sul riconoscimento individuale dell’innovatore e sulla diffusione delle varietà tramite la loro commercializzazione, è piuttosto caratterizzato da un processo collettivo di innovazione, basato sulla continua selezione dei semi e su pratiche agricole come la risemina e lo scambio dei semi tra agricoltori. Questo modello ha storicamente permesso il miglioramento varietale, la diversità genetica e soprattutto l’adattamento continuo delle varietà ai contesti locali.
Nel contesto europeo la principale preoccupazione oggi è la rapida scomparsa di biodiversità agricola, sia vegetale che animale, dovuta proprio alla diffusione di varietà commerciali che nel tempo hanno sostituito varietà locali e autoctone difficilmente inseribili nella filiera produttiva orientata ad un sistema agro-industriale. Tali varietà tuttavia hanno un grande valore in termini di mantenimento del patrimonio di biodiversità agricola, e conseguentemente di quello culturale e agro-alimentare. Per questo motivo, un approccio europeo alla realizzazione dei Farmers’ Rights deve tenere in considerazione questa realtà e soprattutto trovare un bilanciamento tra gli interessi delle ditte sementiere e degli agricoltori che intendono continuare ad utilizzare e migliorare varietà locali e autoctone che non rientrano nelle logiche del sistema sementiero formale. Finora, il sistema di privative vegetali e il sistema di iscrizione al Catalogo delle Varietà Vegetali sono stati caratterizzati da requisiti molto rigorosi sia in termini di distinzione, uniformità e stabilità (DUS), sia come procedure per la commercializzazione delle sementi. Questi requisiti hanno di fatto negato la possibilità di riconoscere legalmente nel sistema sementiero le varietà locali e autoctone, impedendo anche lo sviluppo del modello di innovazione varietale basato sulle pratiche di scambio delle sementi tra agricoltori.
La posizione dell’ESA sulla necessità di mantenere i requisiti di distinzione, uniformità e stabilità per l’introduzione di nuove varietà nel sistema sementiero sembra quindi una scelta contraddittoria con le finalità del ITPGRFA perché non considera pienamente le esigenze degli agricoltori interessati al mantenimento e miglioramento delle varietà locali e non commerciali. Anche la possibilità di deroghe a questo sistema, come ad esempio quelle suggerite dall’ESA con riferimento alla direttiva europea sulle varietà da conservazione, devono essere cautamente soppesate per verificare la loro capacità di creare gli incentivi alla conservazione e valorizzazione delle varietà locali.