Semi di Comunità in montagna
Dall’Arco Alpino un segnale alle aree interne
di Claudio Pozzi – Rete Semi Rurali
L’agricoltura di montagna (delle aree interne / territori fragili più in generale) è un gene che sta nel DNA di Rete Semi Rurali fin dalla sua fondazione.
Personalmente ho trovato spesso ristoro nelle concrete suggestioni di Massimo Angelini, quando parlava e scriveva di prezzi della patata o della farina di castagne coltivate su terrazzamenti o nei ripidi boschi dell’appennino ligure.Prezzi necessariamente avulsi dalle leggi di mercato, ma “parlanti” dell’urgenza di garantire vita dignitosa a chi per tutti noi presidia territori il cui abbandono comporterebbe il disastro anche per chi vive a valle. Il dissesto idrogeologico innanzitutto.
I Soci che vivono e animano territori marginali sono numerosi e spesso siamo stati chiamati a interagire con le comunità rurali da loro rappresentate, quando per raccontarci, quando per animare confronti e laboratori sui temi a noi più congeniali nel percorso dal seme al piatto, quando per compartecipare alla gestione di progetti del PSR.
L’incontro con la comunità della Valcamonica, inizialmente su invito del Parco dell’Adamello Lombardo e poi con le nascenti iniziative del Biodistretto, ci ha consentito di investire su attività più strutturate e su una relazione più stabile anche con altre comunità delle Aree Interne che stanno affrontando simili sfide lungo le filiere, ripartendo non solo dal seme ma anche dalla difficoltà di accesso alla terra. Siamo così tornati a riconoscerne la centralità strategica per Rete Semi Rurali, consapevoli delle grandi difficoltà di comunicazione e incontro fra comunità, complicate dalle condizioni geografiche e spesso deprivate dalle tecnologie che oggi ci rendono la vita più semplice. Proprio per questo riteniamo che la grande ricchezza di specificità culturali e territoriali sia unita da un denominatore comune: la rivendicazione di condizioni di vita non solo possibili ma anche desiderabili (vedi l’articolo “Agrobiodiversità per la Montagna”), che valorizzino la complessità relazionale e di prospettiva in perenne bilico fra restanza, abbandono e ripopolamento.
Il Biodistretto della Valcamonica, parte ormai integrante di RSR, con le sue iniziative è testimonianza concreta che gli incentivi, quando ricadono sulla costruzione di comunità, oltre che sugli indispensabili strumenti produttivi, lasciano tracce di maggior resilienza e dinamicità.
Certo è che la situazione intorno a noi non è delle migliori e tutto sembra remare contro: le difficoltà che si stanno incontrando nell’applicazione delle strategie del Green Deal, ostacolate dalla trasversalità politica e comunicativa che pratica l’accanimento terapeutico sul pozzo senza fondo dell’agroindustria così come è concepita, piuttosto che investire sulla cultura e sulle pratiche sempre più urgenti della transizione agroecologica, non fanno ben sperare.
È proprio per questo che il ruolo di RSR dovrà essere sempre più quello di fornire strumenti di scambio e valorizzazione delle esperienze di comunità, attraversate da un clima di rinascimento diffuso che necessita di riconoscimento e di infusione di nuove energie umane e culturali.
Non sarà facile vincere le difficoltà dovute a un’ apparente autoreferenzialità delle singole iniziative. Lo sforzo di visitarsi, conoscersi, scambiare, può sembrare a volte superfluo nell’imminenza della complicata quotidianità del vivere e del presidiare territori aspri e coinvolgenti: la sfida sta nel rendere proficue le occasioni di incontro. L’evento di novembre in Valcamonica ci restituisce ottimismo. Già se ne vedono alcuni benefici. Le recenti collaborazioni di RSR con Agroecology Europe, A.I.D.A. o con il movimento Paesi dell’Acqua possono essere una via per raggiungere con più slancio una maggiore capacità di penetrazione.