Ad aprile 2021 una serie di organizzazioni europee ha inviato una lettera comune alla Commissione evidenziando i punti seguenti.
Le regole esistenti per la produzione e la commercializzazione delle sementi favoriscono l’uniformità e la produttività a breve termine a spese della diversità delle piante coltivate, dell’ambiente e della diversità degli attori che sviluppano le sementi e le rendono disponibili. Trascurano i diritti definiti dalla Dichiarazione delle Nazioni Unite sui diritti dei contadini e delle altre persone che lavorano nelle zone rurali (UNDROP) e il Trattato internazionale sulle risorse fitogenetiche per l’alimentazione e l’agricoltura (ITPGRFA), e dividono gli attori in categorie artificiali di “utenti” e “produttori” di sementi.
Alla luce delle crisi del clima e della biodiversità, abbiamo bisogno di politiche che riconoscano, proteggano e sostengano il potenziale della diversità coltivata per favorire sistemi alimentari resilienti e garantire la nostra sicurezza alimentare futura. La diversità delle piante coltivate è il fondamento per guidare la transizione dei sistemi alimentari e invertire la perdita di biodiversità.
La pandemia Covid-19 ha rafforzato questa necessità, e ha portato ad un aumento della domanda di semi ad impollinazione aperta adattati a livello locale e di prodotti locali. Il miglioramento genetico locale, la produzione e la gestione dinamica delle sementi, e la diversità dell’offerta commerciale di sementi, forniscono agli agricoltori opportunità di alto valore per attingere a questa domanda crescente, per esempio offrendo prodotti biologici, varietà tradizionali, specie trascurate e sottoutilizzate, e/o specialità regionali.
Tuttavia, l’attuale quadro normativo sta deludendo gli agricoltori che operano al di fuori dell’agricoltura industriale, per esempio quelli che lavorano in condizioni agro-ecologiche o biologiche, quelli che vogliono lavorare con varietà ad impollinazione aperta, e quelli che lavorano in piccole superfici con stretti legami con i consumatori finali, poiché semplicemente non hanno accesso a varietà adatte alle loro esigenze e agli ambienti produttivi. Alla luce delle numerose sfide che l’agricoltura deve affrontare, è inaccettabile che il quadro di commercializzazione delle sementi discrimini quanti desiderano perseguire alternative caratterizzate da pratiche rispettose dell’ambiente e del clima.
Qualsiasi riforma della legislazione sulla commercializzazione delle sementi deve realizzare il Green Deal europeo, le sue strategie per la biodiversità e Farm to Fork, e gli obiettivi dell’UE in materia di cambiamento climatico, promuovendo i diritti degli agricoltori alle sementi. Deve rispettare e sostenere gli sviluppi stimolanti del nuovo regolamento biologico, e anche riconoscere i considerevoli e costosi oneri imposti alla produzione e alla circolazione delle sementi dal nuovo regolamento fitosanitario, in particolare per i piccoli operatori. Deve essere coerente con gli impegni presi nell’ambito dell’ITPGRFA e della Convenzione sulla diversità biologica. Infine, ma non meno importante, deve far rispettare il diritto alle sementi e gli obblighi degli Stati di facilitare e rispettare questo diritto secondo l’UNDROP.
Ci sono stati alcuni miglioramenti nell’ultimo decennio, in particolare con le direttive sulle varietà da conservazione, e più recentemente nel nuovo regolamento del biologico. Tuttavia, la diversità è ancora limitata a nicchie, ognuna delle quali ha la sua serie di restrizioni, e la complessità del quadro stesso è proibitiva per molti piccoli attori. Le crisi del clima e della biodiversità, così come i cambiamenti sociali, economici e tecnologici nei decenni successivi all’adozione delle regole negli anni ’60, richiedono un ripensamento fondamentale.
Una legislazione riformata deve sostenere la diversità intraspecifica e intra-varietale, sostenendo così l’adattamento al cambiamento climatico, la transizione verso un’agricoltura più rispettosa dell’ambiente, la produzione locale di sementi e cibo, i diritti degli agricoltori e diete più sane. Dovrebbe anche riconoscere e sostenere veramente la molteplicità dei sistemi sementieri, e offrire più scelta agli agricoltori.
Per raggiungere questo obiettivo, la riforma deve riconoscere, proteggere e premiare il ruolo fondamentale giocato dai sistemi sementieri informali nella conservazione, nell’uso sostenibile e nella gestione dinamica della diversità, e nel garantire la resilienza dei nostri sistemi alimentari. Parallelamente alla legislazione e i diritti di proprietà intellettuale non devono danneggiare i diritti degli agricoltori. Tutti i quadri giuridici devono essere migliorati per evitare l’appropriazione indebita della diversità, compreso attraverso l’uso di informazioni digitali sulle sequenze genetiche.
I 34 FIRMATARI DELLA LETTERA
EU / REGIONAL
Biodynamic Federation Demeter Int European Coordination Via Campesina Reseau Meuse-Rhin-Moselle
AUSTRIA
Arche Noah / ÖBV-Via Campesina Austria
BELGIO
Boerenforum, Vitale Rassen
CROAZIA
Biovrt-u skladu s prirodom – Biogarden Croatian Org. Farmers’ Associations Alliance Život – Association of Croatian family farms ZMAG – Community Seed Bank
REPUBBLICA CECA
Demeter Czech & Slovakia / Permasemnika
CIPRO
Cyprus Seed Savers
DANIMARCA
Demeterforbundet i Danmark Frøsamlerne – Danish Seed Savers
ESTONIA
Maadjas – Estonian Seed Savers
FRANCIA
Demeter France Mouvement de l’Agriculture Bio-Dynamique Le Réseau Semences Paysannes
GERMANIA
D.V. Kulturpflanzen- und Nutztiervielfalt e.V.
GRECIA
Aegilops / Peliti
UNGHERIA
Magház – Seed House
IRLANDA
Irish Seed Savers Association
ITALIA
Associazione per l’Agr. Biodinamica in Italia Demeter Associazione Italia Rete Semi Rurali
LETTONIA
Latvian Permaculture Association
LUSSEMBURGO
SEED Luxemburg
MALTA
Nadir for Conservation
NORVEGIA
Biodynamic Association Norway
POLONIA
Foundation AgriNatura for Agricultural Biodiversity
PORTOGALLO
GAIA – Environmental Action and Intervention Group
SVIZZERA
Getreidezüchtung Peter Kunz ProSpecieRara
Proposte specifiche per una possibile riforma:
– Il campo di applicazione della legislazione dovrebbe essere delineato da una definizione rigorosa di commercializzazione limitata alle attività commerciali rivolte agli utilizzatori professionali di sementi. La legislazione, quindi, non dovrebbe regolare conservazione, uso sostenibile e gestione dinamica della diversità, compresi gli scambi di sementi tra agricoltori e hobbisti che sono gratuiti o che prevedono solo il rimborso delle spese. In particolare, non dovrebbe esistere un registro degli operatori. Questi sistemi sementieri, come sancito dall’UNDROP, devono essere fuori dal campo di applicazione della normativa.
– La legislazione deve garantire la libertà di scelta degli agricoltori sia per quanto riguarda le sementi (specie, varietà, popolazioni) che per quanto riguarda gli standard di produzione.
– Ci deve essere una chiara distinzione tra i regimi che concedono i diritti di proprietà intellettuale sulle nuove varietà vegetali e quelli che permettono l’accesso al mercato. La registrazione basata deve essere adattata e proporzionata ai bisogni e alle realtà della diversa gamma di attori, così come dei loro clienti.
– La legislazione deve garantire la trasparenza sui metodi di miglioramenti usati e sui diritti di proprietà intellettuale per tutte le varietà sul mercato.
– Le norme sulla sanità delle sementi e i meccanismi di controllo devono essere adattati ai rischi e alla scala di commercializzazione delle sementi, riconoscendo le diverse aspettative degli utenti e dei clienti riguardo ai criteri di qualità.
Dobbiamo trovare una risposta alle sfide attuali delineate nelle strategie Farm to Fork e Biodiversità.
Queste sfide includono l’adattamento ai cambiamenti climatici, l’emancipazione dalla dipendenza da fertilizzanti azotati e pesticidi e il recupero dell’enorme biodiversità coltivata che è stata persa negli ultimi cento anni. Per fare ciò, gli agricoltori europei devono essere in grado di:
adattare le colture al proprio territorio e al proprio contesto, selezionando e moltiplicando le sementi prese dai propri campi;
scambiare le proprie sementi per rinnovare costantemente la diversità;
avere accesso alla diversità delle varietà cosiddette “tradizionali”, selezionate in assenza di input chimici.
I sistemi sementieri contadini sono essenziali per rinnovare la biodiversità: il sistema formale e commerciale è stato in effetti creato estraendo tutte le sue risorse dal sistema informale. La FAO stima che il 75% della biodiversità coltivata è stato perso con l’uso di varietà commerciali omogenee e stabili. Inoltre, l’attuale dematerializzazione delle risorse genetiche causa una perdita incommensurabile di informazioni genetiche non digitalizzabili. Le centinaia di milioni di agricoltori che riproducono i loro semi ogni anno creano molta più diversità di qualche migliaio di ricercatori con attrezzature sofisticate. I numerosi tratti di adattamento poligenico che le piante mostrano di fronte ai cambiamenti climatici non appaiono nelle provette di laboratorio, poiché queste ultime si limitano a selezionare solo alcuni tratti monogenici. Rinnovare costantemente la biodiversità coltivata nei campi in questo modo è essenziale, non solo per consentire l’adattamento alle condizioni di crescita locali e mutevoli, ma anche per ricostituire le riserve di diversità che sono essenziali per la sicurezza alimentare delle generazioni future.
Incontro ERASMUS Aprentisem, Spagna, 2021
Gli articoli 5, 6 e 9 del Trattato FAO e l’articolo 19 della Dichiarazione delle Nazioni Unite sui diritti dei contadini e delle altre persone che lavorano nelle zone rurali (UNDROP) definiscono i principi giuridici adeguati a queste pratiche e devono essere applicati dall’Unione Europea.
Attualmente, nella UE, i diritti degli agricoltori sulle sementi non sono garantiti. Uno dei principali ostacoli è il fatto che solo le varietà omogenee e stabili possono essere commercializzate. Queste varietà sono selezionate per essere usate in ambienti omogenei e stabili, ma gli ambienti in cui seminiamo sono diversificati e si evolvono costantemente con il clima. Inoltre, sono state selezionate per avere alte rese grazie all’uso di acqua, fertilizzanti chimici e pesticidi. C’è quindi l’obbligo di omogeneizzare e stabilizzare le condizioni di coltivazione di queste varietà. Le sementi disponibili sul mercato costringono gli agricoltori a utilizzare pesticidi, fertilizzanti chimici e a ricorrere sempre più spesso all’irrigazione. Inoltre, queste sementi non sono adatte alle consociazioni, che contribuirebbero a ridurre l’uso di tali input.
APPROFONDIMENTO Entra nei link per guardare il 7° webinar della serie Seed Policy Dialogues di ECLLD!
– La dichiarazione U.N.D.R.O.P. (United Nations Declaration on the Rights of Peasants) e il punto di vista di ViaCampesina sulla riforma sementiera. Con Guy Kastler, ECVClink
– Cos’è la Dichiarazione U.N.D.R.O.P.? Quali diritti hanno i contadini in questo contesto? Con Christophe Golay, Accademia di Ginevralink
D’altra parte, i sistemi sementieri contadini funzionano adattando le piante al loro ambiente naturale grazie a una selezione costante, anno dopo anno. Questo avviene anche attraverso una gestione dinamica e significa che c’è molto meno bisogno di ricorrere a fertilizzanti, pesticidi, monocolture, irrigazione, meccanizzazione sempre più spinta, ecc. Per essere adattate dagli agricoltori, le piante devono essere in grado di evolvere in base al clima e all’ambiente. La diversità assicura che avranno un raccolto, indipendentemente dall’andamento dell’annata. Lo stesso vale per gli agenti patogeni: la diversità permette la resilienza e garantisce agli agricoltori di avere un raccolto a prescindere dalle diverse pressioni degli agenti patogeni. La commercializzazione di queste sementi diversificate, che permettono di emanciparsi dalle monocolture industriali che usano molti pesticidi, è purtroppo vietata. Inoltre, in molti paesi europei, le leggi e i regolamenti nazionali proibiscono agli agricoltori persino di scambiare tra loro i semi. Tuttavia, dato che, per la loro stessa natura, la maggior parte delle sementi contadine utilizzate ogni anno provengono da aziende agricole, lo scambio di semi tra i contadini è essenziale. Senza di esso, la diversità intra-varietale diminuisce rapidamente e la capacità di resilienza di queste varietà si perde. Inoltre, i contadini che utilizzano molte colture diversificate, per esempio nell’orticoltura, non possono auto-prodursi tutte le sementi ogni anno, anche solo per questioni tecniche di isolamento tra le colture, per cui spesso condividono questo lavoro con i propri vicini.
Oggi, la regolamentazione europea si applica a qualsiasi scambio di semi (commerciale o no) “in vista di uno sfruttamento commerciale”. Alcuni paesi applicano questo regolamento in modo molto rigoroso e vietano lo scambio di semi e quindi la selezione dei contadini. Tuttavia, non proibiscono gli scambi tra selezionatori e/o ricercatori di sementi “in fase di sviluppo” e non registrate nel catalogo. Altri paesi ritengono che lo “sfruttamento commerciale” delle sementi riguardi solo la loro rivendita, o la produzione e la vendita di materiale di propagazione e non la produzione di colture agricole destinate principalmente ai mercati alimentari o ad altri usi (tessile, energetico, ecc.). Questi paesi, come l’Italia, autorizzano quindi lo scambio di sementi tra agricoltori la cui attività principale non è la produzione e la commercializzazione di materiale di riproduzione vegetale ma la produzione agricola. Altri paesi, come la Francia, considerano che gli scambi tra agricoltori di sementi che non appartengono a una varietà protetta da una privativa vegetale non costituiscono commercializzazione (anche se c’è un rimborso dei costi sostenuti per la loro produzione). Questo è piuttosto classificato come aiuto reciproco e non è quindi soggetto ai regolamenti relativi alla commercializzazione del materiale di riproduzione vegetale.
ECVC chiede il riconoscimento giuridico di due sistemi sementieri distinti: quello commerciale (o industriale) e quello contadino, con due regolamenti adattati a ciascuno di questi due. I contadini europei sono infatti sia acquirenti di sementi commerciali che produttori di sementi agricole o contadine. I loro diritti come consumatori e produttori devono quindi essere riconosciuti e fatti rispettare.
// Perché è fallita la precedente riforma?
Iter della precedente proposta di riforma della legislazione sementiera
Per affrontare il negoziato in corso è utile capire cosa è successo circa 10 anni fa quando la proposta di riforma della legislazione sementiera è naufragata al Parlamento Europeo. Si è trattato di un fallimento doloroso perché ha messo in luce le difficoltà di Bruxelles di negoziare temi delicati con portatori di interessi così diversificati.
Va ricordato, infatti, che la proposta di regolamento sulle sementi, che avrebbe dovuto sostituire le 12 direttive attuali, era frutto di un lungo negoziato in cui la Commissione aveva ascoltato gli attori, i soggetti economici e gli Stati membri, percorso durato 5 anni. Non si trattava, perciò, di un progetto partorito dal nulla, e, infatti, presentava molte novità. Se si leggono i commenti dopo la bocciatura del Parlamento si capisce come tutte le discussioni fatte non siano arrivate, però, a produrre una sorte di base o visione comune tra le varie posizioni. Infatti, il regolamento è stato bocciato dagli Stati membri che avevano paura di perdere potere con un regolamento in cui molti aspetti sarebbero stati decisi da successivi atti delegati della Commissione (quindi con meno potere dei singoli stati); dalle ditte sementiere e dal mondo agricolo industriale perché le aperture presenti sono state giudicate troppe con il rischio di compromettere tutto il sistema di certificazione e controllo della qualità del seme; e, in ultimo, dal mondo della società civile perché, al contrario, le aperture sono state giudicate insufficienti.
Di tutto quel percorso negoziale è rimasta in piedi solo la parte sulle popolazioni (grazie alla deroga istituita nel 2014), diventate poi materiale eterogeneo nel nuovo regolamento del biologico.
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