L’equazione “dal seme al piatto” risulta di difficile soluzione in agricoltura biologica: l’assenza di varietà specificatamente sviluppate per il bio e il massiccio ricorso a sementi convenzionali non conciate grazie alla deroga, minano la credibilità e l’integrità delle filiere biologiche.
Le banche dati sementi bio e la loro integrazione a livello europeo, potrebbero assumere un ruolo chiave in vista dell’abolizione delle deroghe entro la fine del 2035. I semi e la loro biodiversità sono elementi chiave per lo sviluppo dell’agricoltura biologica e per la transizione agro-ecologica dei sistemi agro-alimentari. Tuttavia, la maggior parte della produzione biologica è basata su sementi selezionate e prodotte per l’agricoltura convenzionale.
Per garantire agli agricoltori l’accesso ad una quantità sufficiente di sementi e di materiali di propagazione vegetativa, il regolamento comunitario per l’agricoltura biologica (889/2008 e 848/2018) consente deroghe per l’uso di sementi o materiale di propagazione vegetativa non biologici (e non trattati con prodotti di sintesi) nei casi in cui questi non risultino disponibili come certificati bio. Lo strumento utilizzato per stabilire la disponibilità di sementi biologiche prima della semina è la banca dati nazionale di sementi biologiche, istituita dall’articolo 48 del regolamento CE n. 889/2008, secondo cui qualsiasi semente biologica che non sia stata registrata nella banca dati nazionale sarà considerata “non disponibile” e su questa base saranno concesse deroghe per l’uso di sementi convenzionali non trattate.
Caricare tempestivamente la disponibilità di tutte le sementi biologiche nella banca dati rappresenta pertanto il primo passo per limitare l’uso di sementi convenzionali, poiché in presenza di disponibilità la deroga non può essere concessa. In Europa, il panorama banche dati sementi biologiche è abbastanza variegato: si va da liste “statiche” (10 paesi) che vengono aggiornate regolarmente dalle autorità competenti sulla base della disponibilità comunicata dai fornitori, a vere e proprie banche dati “interattive” (17 paesi) gestite quasi autonomamente dagli operatori (ditte sementiere, agricoltori e organismi di controllo).
A seconda della disponibilità di sementi biologiche all’interno delle banche dati, le specie, sottospecie o classi commerciali, possono essere assegnate a tre principali categorie:
Categoria I (o lista rossa): specie con sufficiente disponibilità di semente bio per tutte le varietà. Per le specie in questo gruppo non è possibile ottenere la deroga.
Categoria II (o lista gialla): specie in cui la disponibilità di semente bio varia a seconda della varietà. La deroga può essere concessa in casi di documentata indisponibilità per la varietà richiesta.
Categoria III (o lista verde): specie con insufficiente disponibilità per tutte le varietà. Deroga sempre concessa.
Gruppi di esperti
Il monitoraggio e la gestione delle banche dati in molti paesi sono affidati a un gruppo di esperti. Questi gruppi sono generalmente costituiti da organizzazioni di settore (agricoltori, sementieri), tecnici e autorità regionali e sono convocati dalle autorità nazionali competenti in un processo consultivo sia a livello tecnico che politico, rispetto alle decisioni sulla banca dati. Sebbene i gruppi di esperti non siano espressamente previsti dal regolamento bio, il coinvolgimento degli attori competenti nel processo di gestione delle banche dati sementi bio, può contribuire a un miglior funzionamento delle stesse.
Ad oggi, gruppi di esperti esistono in Austria, Belgio, Francia, Germania, Lettonia, Danimarca, Paesi Bassi, Svezia, Svizzera e Italia. Un singolo gruppo di esperti responsabile per tutte le colture è un buon punto di partenza per i paesi che desiderano stabilire un comitato dedicato alle sementi biologiche, tuttavia in molti paesi esistono più gruppi, dedicati a settori specifici (specie agrarie, orticole, foraggere, vivaismo, ecc.)
Banca dati Router europea
In Europa, l’offerta di sementi biologiche è molto limitata in alcuni paesi europei, mentre vi è un’ampia disponibilità in altri.
Ad oggi, i fornitori che operano a livello internazionale, devono inserire e aggiornare le disponibilità di sementi biologiche nelle rispettive banche dati nazionali di ciascun paese.
Per migliorare questa situazione il progetto LIVESEED ha sviluppato una banca dati comune europea con la funzione di condividere le disponibilità di sementi tra più paesi, riducendo notevolmente gli oneri amministrativi per le ditte sementiere biologiche offrendo loro l’accesso alle banche dati nazionali tramite un unico portale integrato.
Il fornitore di sementi può inserire la sua offerta nella banca dati Router europea e selezionare i paesi verso i quali le varietà di interesse possono essere spedite a un costo ragionevole. Spetta alle autorità nazionali che gestiscono le banche dati scegliere se accettare o meno le offerte dei fornitori esteri, in quanto il sistema derogatorio è basato sulla disponibilità di sementi biologiche a livello nazionale.
La banca dati Router è stata ufficialmente lanciata il 22 marzo 2021, su adesione volontaria dei singoli paesi. Una sua ampia adozione a livello europeo, potrebbe contribuire ad aumentare la trasparenza all’interno del mercato sementiero europeo, stimolando la domanda di sementi biologiche e la competitività nel settore, in particolare per specie con sementi facilmente trasportabili quali le ortive.
È possibile accedere al servizio a questo indirizzo:
“Se stacchiamo, qua e là, numerose spighe da piante diverse e ne seminiamo i granelli avendo cura di tenere separati quelli di ogni spiga, può darsi che i gruppi di piante provenienti dai granelli di spighe diverse presentino fra loro delle differenze, non di forma, ma −ad esempio − nel ciclo vegetativo (alcune più tardive, altre meno) oppure nella resistenza alle ruggini, etc.[…] Con il procedimento testé ricordato, nelle varietà si possono isolare tutti i tipi diversi che le costituiscono: formare cioè tante razze pure. Comparando fra di loro queste razze si possono individuare quelle che presentano le migliori caratteristiche nel senso agrario (produttività, resistenza alle malattie, all’allettamento, ecc.). Si abbandoneranno naturalmente tutte le altre di minor valore per mantenere e coltivare− separatamente − queste ultime..”
(1864-1950) Francesco Todaro e Nazzareno Strampelli sono, seppur con differenze di metodo, considerati i padri del miglioramento genetico dei cereali in Italia. Francesco Todaro nacque nel 1864 a Cortale, solo due anni dopo Strampelli. Conseguì la laurea nella Facoltà di agraria di Pisa nel 1886, fu docente di Economia e direttore dell’Istituto Superiore Agrario presso l’Università di Bologna e agronomo (1904-1935) presso la Stazione sperimentale di Modena. Nel 1921 fondò sempre a Bologna l’Istituto di Allevamento Vegetale di Ceralicoltura che diresse sino al 1936. Si spense nel 1950, otto anni dopo Strampelli. Todaro come Strampelli fu spinto, dalla critica situazione economica dell’Italia a contribuire, con il proprio lavoro, al miglioramento dell’agricoltura del Paese. A differenza di Strampelli, Todaro, lavorò non solo sui frumenti ma anche su riso, avena, mais e erba medica. Basando il suo lavoro sul modello della svedese Stazione Agraria di Svalöf (fondata nel 1886), era convinto che per migliorare la produttività del grano si potesse utilizzare la ricerca genetica, non nel senso di alterare la natura di quelle determinate specie vegetali, bensì nella prospettiva di “stimolare” la selezione e la diffusione di varietà di piante ‘elette’, che fossero in grado cioè, per la loro più riuscita qualità, di assicurare prodotti migliori. Inoltre, la sua attività non si limitò al solo miglioramento genetico ma si rivolse anche alla risoluzione di problemi pratici e organizzativi allo scopo di mettere a disposizione degli agricoltori sementi di ottima qualità e a prezzi accessibili. Per questo nel 1911 fondò la ” Società Cooperativa Bolognese per la produzione di Sementi della Grande Cultura”, un società sementiera privata, che oggi è conosciuta come Prosementi o Società Produttori Sementi, che diresse sino al 1927. Il lavoro svolto era basato sulla selezione per “linea pura” applicata sulla variabilità presente all’interno delle popolazioni o varietà locali coltivate all’inizio del secolo in Italia, Inghilterra, Francia, Svezia e Spagna, chiamate da Todaro “comuni varietà non purificate”. Gli insuccessi con le popolazioni straniere indussero, «Sebbene a malincuore» scrive Todaro, a fare selezione sulle popolazioni e varietà locali, tra cui il Rieti, il Fucense, il Gentil rosso, il Noè, il Cologna Veneta, il Monghidoro, il Marzuolo ferrarese, per le quali le prove condotte nel corso di quegli anni risultarono ben più soddisfacenti, aprendo così la strada all’idea di fare assoluto affidamento sui grani della zona. Tra tutte le varietà “elette” isolate, distinte, uniformi e stabili quelle considerate di maggior successo furono: il Gentil Rosso 48, il Rieti 11 e il Cologna 12. La loro selezione fu effettuata in un arco di tempo di 3 anni. Furono anche selezionate con successo l’Inallettabile 95 e 96. I continuatori dell’opera di Todaro hanno seguito un percorso, come azienda sementiera privata, spesso parallelo a quello dei continuatori dell’opera di Strampelli, che si annoverano soprattutto tra i ricercatori pubblici. Todaro riunì l’attività di ricerca con quella imprenditoriale convinto che sarebbe stato più facile attirare l’attenzione degli agricoltori bolognesi intorno a risultati concreti piuttosto che a idee progettuali, per tale motivo soprattutto la 2° e 3° fase della ricerca di Todaro da lui descritte riportano:
– “lo studio pratico delle speciali attitudini di ciascuna delle famiglie individuate: che ha luogo nelle moltiplicazioni di prova”;
– “La ricerca diretta- con le colture di prova territoriale (delle varietà selezionate..)- dell’ambiente agrario in cui ciascuna delle famiglie elette può trovare le più favorevoli condizioni di esistenza”.
Fu nel 1927 che all’interno della Prosementi, al metodo di Todaro, non più direttore, fu affiancato quello dell’incrocio artificiale. Alcune varietà costituite da Strampelli vennero incrociate con quelle di Todaro, ottenendo così il San Giorgio, il Pieve e il Riale. Todaro definì questo nuovo percorso come un “risveglio”; scrisse in un comunicazione del 1936 alla Società Agraria di Bologna: “Senza quel ‘risveglio’ ci saremo ancora attardati nella faticosa revisione genetica dei vecchi nostri grani”.
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