A piccoli passi sulla via della Segale

A piccoli passi sulla via della Segale

Negli ultimi 50 anni, il paesaggio delle Alpi è cambiato radicalmente: le aree agricole sono state abbandonate, mentre le aree di fondo valle più favorevoli, hanno subito una progressiva intensificazione dell’uso. Tali fenomeni hanno un impatto negativo sugli ecosistemi alpini conducono alla progressiva perdita di diversità all’impoverimento culturale legato alle pratiche agricole e alla interruzione dei saperi tra le generazioni.

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La biodiversità agricola e la salute del Pianeta

La biodiversità agricola e la salute del Pianeta

Ridurre le agricolture diversificate in monocolture industriali equivale a tagliare le radici dell’albero su cui viviamo. La trasformazione non è più rinviabile.

di Riccardo Bocci – Tratto da Altreconomia 219 – Ottobre 2019

Nel corso del 2019 sono stati pubblicati due rapporti, rispettivamente dalla FAO e dalla Commissione EAT della rivista medica Lancet, che da angolazioni diverse affrontano lo stesso problema: l’insostenibilità dell’attuale modello agricolo e della dieta, che, purtroppo, si stanno diffondendo in tutto il mondo come unico orizzonte possibile.
Il volume della FAO presenta i dati disponibili sullo stato di tutta la biodiversità per l’agricoltura e l’alimentazione (piante, animali, insetti, pesci, foreste), analizzando l’impatto su di essa delle attività dell’uomo. “Cibo nell’antropocene”, della Commissione EAT, affronta invece il problema dal lato del consumo e della insostenibilità per la salute delle diete attuali, dando alcune indicazioni su come riformare i sistemi di produzione di cibo e le diete, così da incidere positivamente sulla salute delle persone. Queste letture fanno capire come l’attuale crisi agricola non abbia più solo una dimensione settoriale, ambientale e sociale, ma coinvolga sempre di più la salute pubblica. Come scrive Lancet c’è “una sostanziale evidenza scientifica che lega le diete con la nostra salute e la sostenibilità ambientale”. Per questo motivo è necessaria una radicale trasformazione del sistema agricolo e alimentare a livello mondiale: l’uniformità di agricolture e diete sta compromettendo non solo la salute del Pianeta ma anche quella delle persone. Infatti, la ricchezza che vediamo nei supermercati non è altro che una grande illusione che la pubblicità contribuisce a mantenere.
Le statistiche FAO dicono che delle oltre 50.000 piante potenzialmente commestibili, ne usiamo solo poche centinaia e che il 90% della nostra alimentazione a livello globale si basa solo su 15. Tra queste riso, mais e frumento coprono circa il 66% del nostro supporto energetico. Ma i dati raccontano anche altro: “La diversità presente nei campi degli agricoltori è diminuita e le minacce alla diversità si stanno rafforzando”. Ovvero non solo la nostra alimentazione si basa su poche specie ma all’interno di queste diminuisce la diversità: sono sempre meno le varietà coltivate e queste sono sempre più simili tra loro. In un’epoca storica in cui le incertezze e i rischi sono in aumento, come dimostrano i cambiamenti climatici e le fluttuazioni dei prezzi e dei
mercati, stiamo rendendo tutte le agricolture più uniformi e uguali tra loro. Una strategia senza logica. Infatti, questi sistemi agricoli uniformi e monocolturali sono molto più fragili, incapaci di reagire a eventi imprevisti (un particolare insetto o malattia) e non più in grado di produrre diversità nel tempo. Quella diversità frutto dell’adattamento tra pianta, ambiente, patogeni e sistemi sociali e culturali che sarà essenziale per l’agricoltura di domani. Sempre la FAO afferma che “i paesaggi agricoli diversificati, in cui i terreni coltivati si alternano a zone incolte come i boschi, i pascoli e le zone umide sono stati, o sono in fase di sostituzione, con grandi superfici a monocoltura, coltivate utilizzando grandi quantità di input esterni come pesticidi, fertilizzanti minerali e combustibili fossili”. Ridurre le agricolture diversificate nel Pianeta in monocolture industriali equivale a tagliare le radici dell’albero su cui viviamo. I due report confermano che gli 800 milioni di persone che ancora soffrono la fame e i 2 miliardi che, mangiando male, soffrono di obesità o sono in sovrappeso, sono due facce della stessa medaglia del nostro sistema agricolo e alimentare. Come scriveva Eduardo Galeano: viviamo sempre più in un mondo in cui
“chi non ha paura della fame, ha paura del cibo”.

credits ALTRECONOMIA

https://altreconomia.it

Lo scambio di semi per salvare la biodiversità agricola

Un articolo apparso martedi 17 agosto 2010 sul Guardian così titolava: “Le comunità lavorano per salvare le piante. Scambiandosi i semi di varietà locali le preservano dall’estinzione e combattono gli effetti dei cambiamenti climatici”.

 

In un epoca storica in cui i soldi pubblici per le banche delle sementi stanno diminuendo, continua l’articolo, l’azione delle comunità di scambio, conservazione e riproduzione delle sementi può diventare centrale in un’ottica di conservazione del materiale.

Nigel Maxted, professore all’Università di Birmingham, sostiene nell’articolo che “bisogna incoraggiare le persone a essere coinvolti nell’azione di conservazione delle sementi nelle loro comunità, e lavorare per una conservazione a livello locale!”.

Piano nazionale biodiversità agricola

La Conferenza Stato Regioni del 14 febbraio 2008 ha dato parere favorevole alla Proposta di Piano Nazionale sulla biodiversità di interesse agricolo. Ricordiamo che l’Italia avendo dal 1994 ratificato la Convenzione sulla Diversità Biologica (la cosidetta convenzione sulla biodiversità o di Rio) avrebbe dovuto provvedere a dotarsi di un Piano nazionale biodiversità, comprendente sia quella naturale che quella agricola. Purtroppo in questi anni è mancato l’accordo tra i due Ministeri competenti (Agricoltura e Ambiente) e quindi il Piano non è mai stato approvato