
Riso.LO
Preambolo
Più di un terzo delle specie vegetali e animali conosciute è oggi a rischio estinzione. Secondo la IUCN, infatti, (International Union for Conservation of Nature) il 21% dei mammiferi, il 30% degli anfibi, il 12% degli uccelli, il 28% dei rettili, il 37% dei pesci di acqua dolce, il 70% delle piante e il 35% degli invertebrati classificati risultano minacciati (Viè et al. 2019). Per questo motivo i principi e le modalità di conservazione della biodiversità rappresentano tematiche fra le più dibattute negli ultimi decenni, dal livello locale a quello globale.

maturazione riso
La perdita di biodiversità non riguarda soltanto le specie selvatiche, ma anche le specie/varietà/razze di interesse agricolo e alimentare (agrobiodiversità). La FAO (Food and Agriculture Organization of the United Nations) stima che negli ultimi decenni sia stato perso circa il 75% dell’agrobiodiversità globale e che i tre quarti dell’alimentazione mondiale sia prodotto da sole 12 specie vegetali e 5 specie animali (FAO 1999, 2004, 2009; Rischkowsky e Pilling 2007). Tale perdita si ripercuote inevitabilmente sul cibo e, in particolare, sui piatti tipici e tradizionali che identificano specifici territori ai quali conferiscono un valore aggiunto in termini di ricchezza economica e storico culturale. Anche l’Italia, e la Lombardia, il cui comparto agroalimentare rappresenta un settore di grande importanza economica (USDA 2017), sono interessati dal fenomeno della perdita di risorse genetiche di interesse agricolo e alimentare. In particolare, a partire dal secondo dopoguerra con l’avvento degli ibridi e delle varietà commerciali, sono state perse un numero inestimabile di cultivar locali tradizionali (landraces) intese come “popolazioni dinamiche di piante coltivate che hanno origine storica e identità distinta, che non sono state soggette a programmi di miglioramento delle colture, spesso geneticamente diverse, adattate localmente e perlopiù associate a sistemi agricoli tradizionali” (Camacho Vila et al. 2005). Tale perdita rappresenta un grave danno sia in termini biologici e culturali (perdita di agrobiodiversità, tradizioni, piatti tipici ecc.), sia in termini di disponibilità di risorse genetiche per il miglioramento delle colture. Questi aspetti sono senz’altro di grande importanza per una regione come la Lombardia che, nel contesto delle sue produzioni agricole, una buona parte (in termini di produzione e resa economica) è rappresentata dal settore orticolo e cerealicolo.
Per contrastare la perdita di agrobiodiversità negli ultimi decenni sono state avviate svariate azioni, dal livello locale a quello internazionale. L’Italia, con la recente legge 1 dicembre 2015 n. 194 “Disposizioni per la tutela e la valorizzazione della biodiversità di interesse agricolo e alimentare” (legge “Cenni”), ha stabilito i principi per l’istituzione di un sistema nazionale di tutela e di valorizzazione della biodiversità di interesse agricolo e alimentare, finalizzato alla tutela delle risorse genetiche di interesse alimentare ed agrario locali dal rischio di estinzione e di erosione genetica. Tale legge, i cui principi sono in conformità con la “Convenzione sulla Biodiversità” (Rio de Janeiro 1992; legge 14 febbraio 1994 n. 124), il “Trattato internazionale sulle risorse fitogenetiche per l’alimentazione e l’agricoltura” (adottato a Roma nel 2001; legge 6 aprile 2004, n. 101), il “Piano nazionale sulla biodiversità di interesse agricolo” e le “Linee guida nazionali per la conservazione in situ, on farm ed ex situ della biodiversità vegetale, animale e microbica di interesse agrario” (DM 24 luglio 2012 n. 171), istituisce il sistema nazionale di tutela e di valorizzazione della biodiversità di interesse agricolo e alimentare. Tale sistema, oggi in fase di avvio, è costituito da: Anagrafe nazionale della biodiversità di interesse agricolo e alimentare; Rete nazionale della biodiversità di interesse agricolo e alimentare; Portale nazionale della biodiversità di interesse agricolo e alimentare; Comitato permanente per la biodiversità di interesse agricolo e alimentare.
L’uso sostenibile delle risorse genetiche è una questione centrale per il futuro dell’agricoltura agroecologica, che dovrà affrontare in particolare le sfide del cambiamento climatico. Aumentare la biodiversità a tutti i livelli – specie, varietà, ecosistemi – e riportare la biodiversità dalle banche genetiche alle aziende agricole potrebbe dare a queste comunità la possibilità di adattarsi e migliorare la loro resilienza. La conservazione dinamica e l’uso sostenibile dell’agrobiodiversità e delle conoscenze tradizionali associate sono al centro di questo processo di adattamento. Molte iniziative locali nel bacino risicolo italiano hanno già intrapreso diversi passi in questa direzione, valorizzando diversità ecosistemica e promuovendo produzioni/trasformazioni nuove e alternative e nuovi mercati. Queste esperienze sono caratterizzate da una gestione sostenibile delle risorse naturali, da un’agricoltura a basso input, dalla conservazione e dalla sperimentazione di materiale riproduttivo vegetale, dalla condivisione delle conoscenze dei saperi agricoli e dal sistema di distribuzione breve; mescolando territori locali, culture e sistemi alimentari sostenibili. Non possiamo inoltre fare a meno di ritenere la coltivazione biologica un fenomeno in crescente espansione anche in considerazione di una maggiore attenzione da parte del consumatore alla proprietà nutrizionali e agli aspetti di sostenibilità del cibo. In Italia la superficie destinata a coltivazione bio nel 2020 ha raggiunto quasi i 2 milioni di ettari e siamo ormai il terzo Paese dopo Spagna e Francia.
La Lombardia fa registrare oltre 56.667 ettari coltivati a biologico, in aumento del 5,1% in un anno. Tra le principali produzioni biologiche in Lombardia, si legge nel rapporto, ci sono i cereali (25.077 ettari), le colture foraggere (12.623 ettari) e la vite (4.055 ettari), mentre il numero degli operatori sale a 3.238 con un incremento del 3% in un anno (SINAB 2020). A fronte di questi dati va sottolineato che il 63% dei consumi è concentrato nel nord del paese a fronte di un 64% di produzione che viene generato nel Sud. Per quanto riguarda la coltivazione del riso nel 2018 in UE la superficie coltivata a biologico era pari a 27.000 ha di cui 2/3 sono in Italia e in particolare nel 2019 la superficie di riso biologico ammontava a quasi 16,5 mila ettari, con una forte concentrazione degli areali di produzione in Lombardia e Piemonte dove sono localizzate il 90% delle superfici investite a riso biologico. In Lombardia la quasi totalità della superficie a riso è localizzata nelle province di Pavia e Milano, le altre provincie interessate dalla coltura sono Lodi e Mantova. La produzione complessiva è di quasi 615 mila tonnellate e la maggior parte del prodotto è destinato all’industria di trasformazione e ai commercianti. Negli ultimi anni per rendere più sostenibili dal punto di vista economico le produzioni di riso gli stessi produttori agricoli effettuano la vendita al dettaglio, con punti vendita aziendali o attraverso mercati. Fra i fattori incentivanti all’acquisto di “biologico” vi è sicuramente la provenienza poichè più del 50% dei consumatori decide di comprare un prodotto bio se gli ingredienti sono di origine italiana e se la sua provenienza è locale o a km zero. Tale scelta del consumatore è dettata dalla necessità di portare in tavola prodotti di elevata qualità in quanto l’utilizzo di fitofarmaci di sintesi viene limitata contribuendo alla sostenibilità ambientale. Uno dei fattori che limitano l’incremento delle produzioni biologiche è l’insufficiente disponibilitàdi sementi biologiche, un tema sul quale questo progetto vuole portare un elemento di sviluppo, cercando di trovare materiale riproduttivo vegetale adatto alla coltivazione biologica e sistemi ammessi dal Reg CE 2018/848 per l’eradicazione di alcuni patogeni trasmessi per seme.
Fra le principali avversità biotiche che colpiscono il riso, una delle più importanti è sicuramente il complesso di Fusarium fujikoroi (d’ora in poi indicato come Ff), un insieme di specie fungine appartenenti al genere Fusarium, agente causale della malattia nota come bakanae (Li e Suga, 2019). Le piante affette da bakanae possono mostrare sintomi quali decolorazioni fogliari, allungamento anormale del fusto e, nei casi più gravi e precoci, marciume del germinello. Anche quando la pianta sopravvive, il riso colpito da questa malattia non è fertile e produce pochi semi (Sun e Snyder, 1981). Questo quadro sintomatologico rende evidente il pericolo associato a questa malattia che, in base alle condizioni ambientali e alla varietà di riso in esame, può causare perdite
anche fino al 95% (Gupta et al., 2015). Attualmente la pratica più efficace per il controllo dei patogeni associati a questa malattia è la concia dei semi con agrofarmaci di sintesi (Li e Suga, 2019), metodo che non è ammissibile in agricoltura biologica. I metodi di lotta biologica e l’uso di buone pratiche agronomiche hanno un effetto nel confronto della malattia, ma non si può ritenere sufficiente. Per questo motivo, in particolare nel contesto dell’agricoltura biologica, è di fondamentale importanza utilizzare sementi sane, esenti da questi agenti patogeni in quanto i funghi appartenenti al complesso di F. fujikoroi non si trovano solo nel terreno ma, come endofiti, anche nei semi.
Un altro patogeno fungino di grande rilevanza per la coltivazione del riso è Pyricularia oryzae, agente causale della malattia del brusone del riso. Questo patogeno infetta le porzioni aeree della pianta e si può trasmettere rapidamente in campo tramite conidi che si diffondono facilmente in condizioni di alta umidità (Kingsolver et al., 1984). I sintomi di questa malattia si manifestano inizialmente come lesioni di forma ovale e colore bianco o grigio sulle foglie e, con il proseguire dell’infezione, le macchie si espandono fino ad uccidere intere foglie (Ghatak et al., 2013). La fonte di inoculo primaria di questo patogeno si identifica nei residui colturali e nei semi infetti (Guerber e TeBeest, 2009) ma in un campo infetto i conidi sono presenti stabilmente nell’aria per tutta la stagione vegetativa, permettendo infezioni secondarie a ciclo continuo. Nonostante la trasmissione per seme di P. oryzae sia nota, il controllo di questo patogeno è meno rivolto alla sanificazione dei semi, dato che i conidi si possono diffondere a grandi distanze e possono dare origine a fenomeni epidemici con grande facilità (Asibi et al., 2019).
Un parassita che si è stabilito in tempi relativamente recenti nell’areale della pianura padana è Aphelenchoides besseyi (d’ora in poi indicato come Ab) un nematode che può causare danni talmente ingenti da essere classificato fra i dieci nematodi più pericolosi per l’agricoltura mondiale (Jones et al., 2013). Le piante di riso infestate da questo nematode sviluppano la malattia nota come ‘punta bianca’. Il sintomo causato consiste in una diminuzione della dimensione della pianta, con un conseguente calo produttivo sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo (Lin et al., 2005). Questo parassita si sviluppa nelle porzioni aeree della pianta di riso, quali foglie e fiori, ed è quindi in grado di colonizzare direttamente i semi, propagandosi in diversi campi ed areali tramite il trasferimento di materiale infestato. L’utilizzo di sementi esenti da A. besseyi è estremamente importante, essendo questo nematode pericoloso non solo per il riso ma anche per altre colture di dicotiledoni (Hockland, 2004). Dato che il nematode resiste bene all’essicazione ma teme le temperature molto alte, protocolli di sanificazione utilizzando il calore sono stati sviluppati per permettere il risanamento da questo parassita (Tenente et al., 1999; Khanal et al., 2020).
Gli obiettivi che il progetto si prefigge di raggiungere sono compresi nelle azioni mirate descritte nel bando per la biodiversità vegetale e comprendono:
- Ottenere seme di qualità di alcune accessioni di germoplasma di riso e validare protocolli ammessi in agricoltura biologica al fine di eradicare alcuni patogeni/parassiti trasmessi per seme (Fusarium fujikuroi e Aphelenchoides besseyi Christie) e che hanno un grande impatto negativo sulle produzioni agricole. Una volta risanato, il seme verrà conferito alle aziende (5 Risanamento fitosanitario del materiale di moltiplicazione e sua riproduzione) (UNIMI)
- Moltiplicare e mantenere il seme di qualità caratterizzato per aspetti agronomici, genetici e fitosanitari in situ grazie al coinvolgimento di aziende risicole biologiche supportate e seguite da UNIMI e RSR (7 Conservazione in situ delle risorse genetiche a rischio di erosione genetica e di interesse per il territorio lombardo) (UNIMI-RSR E AZIENDE AGRICOLE)
- Conservare a lungo termine i semi di qualità ottenuti dalle diverse accessioni di riso presso la Banca del Germoplasma Vegetale dell’Università di Pavia (9. Conservazione ex situ delle risorse genetiche di interesse per il territorio lombardo in collaborazione con Istituzioni scientifiche di comprovata capacitànel settore) (UNIPV)
- Descrivere morfologicamente le diverse accessioni di riso coltivate nelle differenti aziende e arrivare a genotipizzare quelle più interessanti (5-6) utilizzando marcatori molecolari già in uso presso i laboratori di UNIMI e quindi già validati (10. Caratterizzazione morfologica e genetica delle risorse in collaborazione con Istituzioni scientifiche di comprovata capacitànel settore) (UNIMI)
Bibliografia essenziale
Asibi, A.E.; Chai, Q.; Coulter, J.A. Rice Blast: A Disease with Implications for Global Food Security. Agronomy2019, 9, 451. https://doi.org/10.3390/agronomy9080451
Ghatak, A.; Willocquet, L.; Savary, S.; Kumar, J. Variability in aggressiveness of rice blast (Magnaporthe oryzae) isolates originating from rice leaves and necks. A case of pathogen specialization. PLoS ONE2013, 8, e66180 Guerber, C.; TeBeest, D.O. Infection of rice seed grown in Arkansas by (Pyricularia grisea) and transmission to seedlings in the field. Plant Dis.2006, 90, 170–176
Gupta AK, Solanki IS, Bashyal BM, Singh Y and Srivastava K (2015) Bakanae of rice – an emerging disease in Asia. J. Anim.Plant Sci., 25(6): 1499–1514.
Hockland, S. 2004. Aphelenchoides bessyi. EPPO Bulletin 34:303-308.
Jones, T.J., Haegeman, A., Danchin, E.G.J., Gaur, H.S., Helder, J., Jones, M.G.K., Kikuchi, T., Manzanilla-Lopez, R., Palomares Rius, J.E., Wesemael, W.M.L., Perry, R.N. 2013. Top 10 plant-parasitic nematodes in molecular plant pathology. Molecular Plant Pathology 14, 946-961. doi: 10.1111/mpp.12057
Khanal, C., Gu, M., Peres, N.A., Desaeger, J.A. 2020. Steam-based thermotherapy for managing nematodes in strawberry transplants. Journal of Nematology 52:1-10.AP
Kingsolver, C.H.; Barkside, T.H.; Marchetti, M.A. Rice Blast Epidemiology: Bulletin of the Pennsylvania Agricultural Experiment Station; No.853; Pennsylvania State College, Agricultural Experiment Station: State College, PA, USA, 1984; pp. 29–40. Li, F.J., and Suga, H. Various Methods for Controlling the Bakanae Disease in Rice Reviews in Agricultural Science, 9: 195–205, 2021 https://dx.doi.org/10.7831/ras.9.0_195
Lin, M.S., Ding, X.F., Wang, Z.M., Zhou, F.; Lin, N. 2005. Description of Aphelenchoides besseyi from abnormal rice with ‘small grains and erect panicles’ symptom in China. Rice Science 12:289-294.
Sun SK and Snyder WC (1981) The bakanae disease of rice plant. In: Fusarium Disease, Biology, and Taxonomy (Nelson PE,Toussoun TA and Cook RJ, ed.). pp. 104–113. The Pennsylvania State University Press.
Tenente, R.C.V., Gonzaga, V., Pinheiro, F.P., Tarchetti, P., Rodrigues, V. 1999. Techniques to eradicate plant parasitic nematodes from infested maize, oat and rice seeds. Nematropica 29:17-24